A ognuno la sua bandiera da sventolare, custodire, difendere. È solo un pezzo di stoffa ma le viene attribuito spesso un valore simbolico enorme. Tanto che, dall’invenzione degli Stati in poi, negli eserciti si trova nella difesa della bandiera una delle ragioni per dare la vita o prenderla ad altri. Nell’immaginario collettivo, poi, non c’è nulla di più simbolicamente potente di una bandiera che sventola e si presenta come immortale nel tempo. E alla bandiera è legato il concetto di patria, un nome che deriva dal latino pater, anche se poi c’è pure la madre-patria. Per mettere tutti d’accordo, scrive Mauro Armanino. Che poi ricorda La Marseillaise, il più bello tra gli inni nazionali, il canto che chiama alle armi i rivoluzionari francesi – liberté, egalité, fraternité – ma che auspica pure, nel suo ritornello, “che il sangue impuro irrighi i nostri solchi“. Meglio, forse, la lettera ai cappellani militari di Lorenzo Milani: da una parte i diseredati e gli oppressi, dall’altra i privilegiati e gli oppressori

Persino il Vaticano ha la sua. Così pure i Paesi riconosciuti dalle Nazioni Unite e altri il cui statuto non è ancora determinato. Le bandiere costituiscono un simbolo tra i più eloquenti per esprimere e rafforzare l’identità personale e collettiva. Si usano per le manifestazioni sportive, politiche, culturali, religiose e funebri. Ad ognuno la sua bandiera da sventolare, ammirare, custodire e difendere. Eppure, di per sé, non si tratta che di un pezzo di stoffa attaccata ad un’asta che rappresenta, simbolicamente, un gruppo o una comunità. Nazione, territorio, città, organizzazione, compagnia commerciale, gruppo religioso, politico o sportivo. Ad ognuno i suoi colori e l’affiliazione che ne consegue. La distruzione o la cattura della bandiera significa la dissoluzione dell’identità e la sua ‘cattura’ da parte di un’altra entità. Le più antiche e note ‘bandiere’ riconosciute sembrano trovarsi in Cina, duemila anni prima della nostra era. Erano fatte di seta.

Dall’invenzione delle nazioni e degli stati in poi, le bandiere hannno gradualmente assunto connotati molto più precisi e contundenti. Eserciti, battaglioni, reparti, squadriglie e comuni cittadini trovano nella difesa della bandiera una delle ragioni per dare la vita o prenderla ad altri. I politici parlano e la bandiera è sullo sfondo nelle loro mani, a ricordare il popolo che rappresentano e che ha loro delegato il potere di difenderlo. Nelle manifestazioni sportive internazionali c’è l’uso del giro di pista con la bandiera del Paese del vincitore. Nell’immaginario collettivo non c’è nulla di più potente di una bandiera che sventola e si presenta come immortale nel tempo. Le bandiere seguono le mode del momento e lo spirito del tempo. Ad ogni epoca la sua bandiera da esibire al momento opportuno. L’uso di deporre la bandiera sul feretro di un defunto, poi, vuole esprimere il riconoscimento postumo della sua vita al servizio della patria.

Già, la patria. “Allons enfants de la patrie, le jour de gloire est arrivé“, è il ben noto inizio della rivoluzionaria ‘Marsigliese’, l’inno nazionale della Francia dalla bandiera tricolore. Patria è un nome che deriva dal latino pater, padre: terra degli antenati, il Paese di origine e che ci è caro…la comunità alla quale si appartiene. Padre e non madre, o meglio c’è anche la “madre-patria” per mettere tutti d’accordo. Il giorno della gloria è arrivato, recita l’inno in questione, emblematico per la sua storica sincerità. Il primo ritornello termina così: “…Alle armi, cittadini/formate i vostri battaglioni/Marciamo, sì marciamo/ che il sangue impuro irrighi i nostri solchi”. Tutto è detto in questa frase e di questo parlano, senza dirlo o senza avvedersene, gli stendardi che esibiamo con fierezza. Meglio ricordare che, pure le bandiere, sono di sabbia e alla sabbia torneranno. C’è da relativizzarle e imparare piuttosto a tessere, color di sabbia, la bandiera di un’altra patria. C’è chi scrisse, infatti “…reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri…”. (D. Lorenzo Milani, Lettera ai cappellani militari, 11 febbraio 1975).
Niamey, 10 aprile 2022
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