Vent’anni fa si contava la presenza di un bambino con autismo ogni 2.000 nati, oggi ogni 90. “Un dato impressionante”, commenta Ivano Spano, docente di Sociologia della salute. Sulle cause dell’autismo resta una grande confusione e, quindi, anche sulla sua definizione. Esistono due linee principali di pensiero: per la prima l’autismo ha come origine una causa di tipo psicologico (dunque una dinamica relazionale che è sempre di natura sociale), per la seconda invece una base neurologica. Naturalmente il ruolo delle medicalizzazione, nell’uno o nell’altro caso, è molto differente

di Ivano Spano*
Il “problema” autismo è venuto in superficie prevalentemente in relazione alla problematica dei vaccini. Prima se ne parlava poco ed era quasi sconosciuto.
Un dato per evidenziare questa valutazione: venti anni fa si contava la presenza di un bambino con autismo ogni 2.000 nati (il sottoscritto ritiene anche ogni 5/6mila nati), oggi contiamo un bambino autistico ogni 90 nati. Un dato impressionante, equivalente a circa 5.000 casi all’anno (negli Usa il dato attuale sembra essere un bambino autistico ogni cinquanta nati).
Sulle cause dell’autismo vi è una grande confusione e, quindi, anche sulla sua definizione.
Potremmo dire che esistono due linee principali di pensiero al riguardo: quella che attribuisce all’autismo una genesi (causa) psicologica (anni Ottanta del secolo scorso) e quella più recente che ritiene l’autismo causato da disturbi neurologici.
Per me l’autismo, “quello vero”, è il frutto di una causa psicologica che il grande psichiatra Sergio Piro ha descritto magistralmente nel suo libro Le tecniche della liberazione. Una dialettica del disagio unano edito da Feltrinelli. Il sintomo principale dell’autismo è l’“evitamento delle relazioni”. Il bambino vive in maniera contraddittoria particolarmente la relazione materna e, quindi, la evita chiudendosi in sé.
Un esempio di relazione contraddittoria è il seguente: la mamma sente piangere il bambino, guarda l’orologio e capisce che è ora di allattarlo. Lo allatta e dopo venti minuti, così come consigliato dal pediatra (categoria di medici che a mio avviso capiscono poco di bambini), smette di allattarlo. Come si manifesta allora in comportamento contraddittorio della madre capace di essere colto dal bambino? Primo: e se il pianto del bambino (pianto di cui si sa ancora molto poco) fosse la conseguenza di un mal di pancia? Ma chi se ha mal di pancia si mette a magiare? Ecco, allora, che il bambino vive negativamente questa relazione e sviluppa una percezione negativa della relazione con la madre (la madre cattiva). Secondo: ammesso che il bambino piangesse perché veramente affamato chi può essere così sicuro che dopo venti minuti fosse veramente sazio? La madre, pur buona, togliendo il seno precocemente appare inevitabilmente “cattiva” al bambino che, di fatto, aveva ancora fame. La conclusione è che se nella dinamica relazionale (che è di natura sociale) tra madre e figlio finiscono per prevalere le relazioni vissute negativamente dal bambino, il bambino attua un meccanismo di difesa sottraendosi/evitando le relazioni stesse.
Per sottolineare la differenza con quello che viene chiamato, a mio avviso impropriamente, autismo ma con base neurologica consideriamo il problema, ad esempio, del mutismo. Nell’autismo (con base psicologica) il mutismo è elettivo ossia è il bambino che decide di non parlare più; nell’altro caso (base neurologica) il bambino perde il funzionamento dell’apparato fonetico.
Particolare rilevanza è lo studio sull’autismo (base psicologica) dei coniugi Tinbergen (Niko ed Elisabetta). Per i Tinbergen il danno emozionale che il bambino autistico ha subito nei primi mesi di vita può essere superato soltanto con interventi terapeuti multipli, spesso fondati sull’espressione non verbale, che mirano a restaurare attraverso una vera e propria simulazione non priva di momenti altamente drammatici, il rapporto affettivo che in condizioni normali si instaura tra madre e figlio. Solo dopo che sarà ristabilito questo equilibrio emotivo fondamentale potrà iniziare l’apprendimento delle abilità e delle prestazioni di tipo ludico, linguistico e sociale su cui si incentrano anche le terapie correnti dell’autismo presunto, ma su basi neurologiche, con risultati assai sconsolanti (l’approccio dei Tinbergen per questo è considerato un approccio autorevolissimo nel campo della etologia, dello studio comparativo dei caratteri e dei costumi individuali umani).
https://comune-info.net/2019/01/scienza-o-ricerca-scientifica/
A riprova del fatto che spesso si dà il nome di autismo a sindromi che hanno un’altra natura è utile citare il caso della sindrome di Rett. È una sindrome su base neurologica che interessa il sistema nervoso centrale caratterizzata da un grave deficit cognitivo. Normalmente si manifesta nei primi mesi di vita (sei/diciotto) con la perdita della motricità, delle capacità manuali e dell’interesse all’interazione sociale. L’incidenza di questa sindrome e stimata di un bambino ogni 9.000 nati. Spesso è confusa con la sindrome di autismo o generico ritardo dello sviluppo. Questo significa su base neurologica non dovrebbero essere considerate come autismo. Di fatto, dal 2.000 a oggi, l’equivoco si è stabilizzato come norma. Questo a causa del D.S.M. “Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali” editato dalla Società degli psichiatri americani (guarda caso!). Il D.S.M è di fatto utilizzato su larga scala, anche in Italia.
Nel D.S.M-4 (quarta edizione all’inizio di questo secolo) l’autismo non viene considerato più come deficit psicologico e viene considerato nella categoria dei “Disturbi Pervasivi dello Sviluppo”. Con il D.S.M-5 (Maggio 2013) si parla solo di “Disturbi dello Spettro Autistico” inseriti nella categoria “Disturbi del Neurosviluppo” e vengono eliminate tutte le sindromi precedentemente ricondotte alla sindrome autistica.
Per definire la diagnosi di “Disturbo dello Spettro Autistico” i criteri sono due: Criterio A “Deficit socio comunicativi” che comprende tre criteri che devono essere tutti presenti, Criterio B “Interessi ristretti e Comportamenti ripetitivi” che comprende quattro criteri ma presenti almeno due. Questa semplificazione viene spacciata per snellezza del processo diagnostico al fine di poter mettere in trattamento i bambini nel tempo più breve possibile. Tradotto in pratica questo vuol dire la messa in atto di un processo di medicalizzazione precoce di durata inesauribile visto che il deficit è di natura neurologica!
https://comune-info.net/2015/02/i-rischi-medicalizzazione-scuola/
Abbiamo detto che, oggi, si conta, con questi nuovi criteri, un bambino autistico ogni novanta nati. Difficile, ovvero impossibile, credere che i nostri figli nascano già predisposti a questa sindrome. In alternativa, però, tutti (95 per cento) devono obbligatoriamente vaccinarsi. Sappiamo che il contenuto dei vaccini tendenzialmente supera la barriera emato-encefalica interessando il cervello e, quindi, evidenziando quei deficit che sono distintivi di quelli che oggi sono considerati “Disturbi dello Spettro Autistico”. Altrimenti come si spiegherebbe questa “epidemia” di autismo infantile? A mio avviso è difficile non dedurre il fatto che sia, invece, questa “epidemia” di vaccinazioni a determinare quello che impropriamente andiamo a definire “Disturbo dello Spettro Autistico”. Morale: con questa operazione abbiamo assolto definitivamente i vaccini dal dubbio che, poi, non facciano “tanto” bene. Conseguente a queste mie considerazioni la conclusione è che siano i vaccini a produrre questa “nuova” sindrome che propongo di chiamare non “autismo” ma, propriamente “Sindrome da vaccini”. Con questo si intende parlare di come oggi sono composti gli attuali vaccini e del come sono somministrati.
Vorrei concludere riportando una seria valutazione Allen Frances, professor di Psichiatria e presidente del Dipartimento di Psichiatria e Scienze del Comportamento della Duke University (Usa) che, per altro, ha presieduto alla redazione del D.S.M.-4 (1.994) e che sta denunciando la divulgazione incontrollata di false epidemie del disturbo mentale.
“Questa medicalizzazione all’ingrosso di problemi mentali potrebbe portare all’erroneo etichettamento di disturbo mentale per decine di milioni di passanti innocenti. È una questione sociale che trascende la medicina”.
Allen Frances, per sua stessa ammissione, sostiene di non voler vedere ripetersi gli stessi errori provocati dal D.S.M.-4 in relazione, ad esempio, al disturbo da Deficit di Attenzione (ADHD), all’autismo e al Disturbo bipolare nell’infanzia che hanno costretto un numero impressionante di bambini, anche di pochi anni, a essere bombardati con antipsicotici e antidepressivi (Ritalin, Adderal, Prozac…). A tutti voi una seria valutazione in merito! Ah, dimenticavo, gli Usa anno abolito l’obbligo vaccinale.
*Docente di Sociologia della salute presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Padova, autore di numerosi libri tra cui La Malattia dell’Occidente. Marketing of life (Guerini e Associati) e Per l’auto governo della società civile (Edizioni Nexus). Con Paolo Maddalena è tra i promotori dell’Associazione Attuare la Costituzione. L’articolo di questa pagina è stato originariamente pubblicato sul sito dell’associazione SiAmo, di cui Spano è presidente.
Ivano Spano divide arbitrariamente in autismo vero e non vero quei disturbi dello sviluppo che, prima considerati separatamente come fa lui, pian piano si sono dimostrati connessi tra loro, e vanno sotto il nome di disturbi dello spettro autistico, e sostiene che l’autismo “vero” abbia basi esclusivamente psicologiche – riprendendo una vecchia teoria di Bettelheim molto in auge alla fine del Novecento, che dopo aver devastato per anni molte famiglie autistiche, senza aver apportato il minimo beneficio per evitare l’autismo delle generazioni successive – è stata completamente screditata e abbandonata, mentre sono in continua crescita le indicazioni raccolte sperimentalmente a conferma di una base genetica multifattoriale che sostiene – in modo complesso – i vari disturbi dello spettro autistico. Trascurando completamente tutto ciò, Spano ritiene che gli altri svariati disturbi dello spettro autistico abbiano invece base neurologica e sostiene che siano senz’altro i vaccini a produrre queste sindromi!
Ora, Spano può arrivare a queste conclusioni solo perché ignora totalmente il gran numero di studi che si sono accumulati sul presunto rapporto tra vaccini e autismo, intendendo per autismo tutto lo spettro completo di autismo, quindi anche le sindromi che Spano considera neurologiche – e che si sono conclusi senza riscontrare nessun rapporto tra questi e le vaccinazioni. Ricordo in particolare un’ indagine molto ampia, che ha preso in considerazione un grandissimo numero di casi e di studi precedenti:
“Vaccines are not associated with autism: an evidence-based meta-analysis of case control and cohort studies”, di Taylor, Schwerdfeger ed Eslick
su PubMed https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24814559
( per scaricarlo da Sci-hub.io -> http://sci-hub.io/10.1016/j.vaccine.2014.04.085)
le cui conclusioni sono le seguenti:
“Questa meta-analisi di 5 cohort studies [un cohort study segue nel tempo un gran numero di persone che condividono determinate caratteristiche, ad esempio generazionali, e vengono sottoposte a un medesimo rischio, in questo caso la vaccinazione] non ha trovato prove di un nesso tra vaccinazione e rischio di sviluppare autismo o disturbi dello spettro autistico. Analisi di sottogruppi concernenti in modo specifico le vaccinazioni Morbillo-parotite-rosolia, dosaggio cumulativo di mercurio, ed esposizione individuale al thimerosal [additivi di alcuni vaccini] sono risultate parimenti negative, come pure le analisi di sottogruppi che indagavano specificatamente lo sviluppo dell’autismo rispetto ad altri disturbi dello spettro autistico”.
Ripeto, non si può far passare per informata e autorevole un’opinione che tralascia i fatti più importanti appurati in materia.
Tutt’altra cosa è il problema della medicalizzazione ingiustificata; qui viene fatto a bella posta tutto un fascio tra autismo – arbitrariamente diviso in “autismo vero” e altri disturbi dello spettro autistico – e disturbi diversissimi e di ben altro genere come disturbo bipolare dell’infanzia o da deficit di attenzione, e il rischio – che certo esiste e va combattuto – di medicalizzazione ingiustificata o di creazione ingiustificata di nuove sindromi per comportamenti indesiderati nei bambini. In questo modo non si aiuta una giusta causa di difesa dalla ipermedicalizzazione, ma si aumenta la confusione e la disinformazione dilaganti.
Anche le tue considerazioni sono parziali. Molti altri studi su Pub mer hanno confermato la relazione tra vaccini e autismo (il problema sono gli adiuvanti) per il tramite intestinale. Guardali, sono altrettanto credibili. Lo spettro psicopatologico per l’autismo è una categoria arbitraria fatta su base statistica e non concettuale. Gli psicologi hanno abdicato alle loro competenze di fronte alla lobby psichiatrica Americana, che da anni stabilisce norme diagnostiche discutibili e semplificanti. Il cuore del discorso è épigenetico non genetico.