Uno dei territori europei nel quale è più evidente l’agonia dello sviluppo (agricoltura chimica, turismo di massa, petrolio a basso costo…) è l’Andalusia. Il pensiero unico si è tradotto in sfruttamento monotono della terra e del lavoro delle persone. Tuttavia tra le crepe di questo gigante dai piedi di argilla, germogliano speranze e cambiamenti: gruppi di consumo autogestiti, progetti di agroecología, orti urbani, collettivi di finanza etica, scambio di beni e servizi… Non per caso la metà dei progetti spagnoli di questo tipo sono in Andalusia. Si tratta di iniziative comunitarie che nascono dal basso, in modo cooperativo e allegro, a cominciare dalla Rete della decrescita. Il loro “fare” non è un’alternativa per il futuro, no, sono qualcosa che si costruisce qui e ora
di Florent Marcellesi*
Viaggiare in Andalusia, oltre che divertente, è molto utile. Permette di capire perfettamente ciò che è una società industriale e una delle sue caratteristiche principali: la monocoltura. Questa funzione sviluppista, più della sua definizione tradizionale di “unica o dominante cultura di una specie vegetali in una data regione”, può essere applicata più in generale alla produzione predominante di qualsiasi bene o servizio realizzato in grandi quantità per il consumo di massa e modella il paesaggio produttivo di un territorio.
Vista in questo modo, quanto produttivista può arrivare a essere gran parte dell’Andalusia, con ampie aree dedicate al crescente sfruttamento monotono e brutale della natura e del lavoro! Senza dubbio, il “mare di plastica” di Almería non lascia nessuno indifferente con le sue serre che vestono di bianco le falde delle montagne che finiscono in mare, mentre l’oceano di ulivi tra Cordoba e Granada suggerisce una terra erosa così stanca di uniformità e di prodotti chimici. Da parte sua, la costa di Malaga, con le sue infinite ondate di alberghi e seconde case, è un monumento alla monocoltura del mattone come alla sete di promotori e politici avidi di sviluppo e turisti che hanno bisogno di occhiali da sole a basso costo. Mentre il porto di Algeciras, vero contenitore di monocoltura, si pone come il punto nevralgico dell’era globalizzata ma agonizzante del petrolio a basso costo, con terre abbondante e di buona qualità. In ultimo, ma non meno importante, queste monocolture nascondono non poche miserie lavorative, lavori indecenti, sfruttamento di migranti, disuguaglianza di genere e una ripartizione profondamente disuguale della terra.
La speranza sfida la conformità
Fortunatamente l’Andalusia è anche una terra di alternative, dove la speranza sfida la conformità. Là dove muove i suoi passi, un passante minimamente sveglio e curioso troverà un altro panorama: un ecosistema dove predomina la biodiversità di persone e collettivi verso altri mondi possibili. Non esiste né una città, né un paese che io abbia attraversato dove non si affaccino alla finestra del cambiamento “iniziative di transizione”, collettivi di finanze etiche, gruppi di consumo autogestiti, progetti di agroecología, orti urbani oppure monete locali, la metà dei progetti di questo tipo della Spagna hanno sede in Andalusia. La monocoltura imposta si screpola e nelle crepe germoglia il bel e potente sapore delle iniziative comunitarie che, dal basso e in modo cooperativo e allegro, si piantano di fronte al colosso con i piedi di argilla.
La Rete della decrescita di Siviglia è uno di quei semi del cambiamento che si ha la fortuna di incontrare nel proprio cammino. Animati da un dono istintivo dell’accoglienza e da un energia impressionante – vitalità che porta quelli della Rete a organizzare nell’arco di pochi mesi due iniziative nazionali, una sulle monete locali in maggio e una sulla decrescita in novembre -, sono un buon riflesso del motto el camino se hace andando (“la strada si fa camminando”). La Rete mostra come la vita politica, sociale, culturale ed economica alternativa non è una promessa per il passato o per le generazioni future. No: si costruisce qui e ora, davanti le nostre case e tutti sono invitati a partecipare e attuare la propria grande capacità di “poter-fare”.
Scambiare beni e servizi
Grazie a questa filosofia, alla Rete della decrescita di Siviglia si deve il “Puma” (nota per il viaggiatore curioso: il nome non viene dal felino, è solo il centro di quartiere “la Pumarejo” (foto) in cui nasce il progetto), uno dei più vivaci progetti di moneta locale di Stato in cui quasi seicento persone, tra cui molti bambini (questo dettaglio ha toccato senza dubbio la mia sensibilità di padre…) possono scambiare beni e servizi, secondo l’occasione di essere produttore o consumatore. A loro dobbiamo la nascita di una rete di produttori e consumatori biologici e locali, la promozione di una cooperativa, un programma radiofonico e numerose iniziative pubbliche per ripensare collettivamente le fondamenta della nostra società.
Nel quadro di queste iniziative, sono stato invitato in febbraio a condividere e discutere di “decrescita e il lavoro”, e ho avuto l’opportunità di testare tanto la capacità di partecipazione che l’ebollizione regnanti nel microcosmo sivigliano della “comunità in transizione”. Produzione e riproduzione della vita, emancipazione, educazione, meticciati e alleanze in rete, luogo di incontro e ponte verso il futuro, valore della della comunità e soggetto autonomo, ci sono tutti gli ingredienti per vivere bene e felici entro i limiti ecologici del pianeta.
Sì, un viaggio in Andalusia è molto utile per verificare che non solo è auspicabile, ma anche possibile una transizione ecologica da monocultura industriale alla decrescita della biodiversità.
*Florent Marcellesi, coordinatore di Ecopolítica e redattore della Rivista Ecología Politica, è un ricercatore ed ecologista francese residente in Spagna, autore di numerose pubblicazioni (l’ultimo libro è Adiós al crecimiento. Vivir bien en un mundo solidario y sostenible – El Viejo Topo). Comune-info è il sito italiano al quale invia periodicamente i suoi articoli Altri interventi di Marcellesi sono QUI.
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