di Laura Fano
Sono felice. Finalmente il femminismo è arrivato anche nella mia seconda patria. Di questa piccola isola chiamata Irlanda, che si trova ai margini occidentali dell’Europa, raramente si parla in Italia. Molti pensano addirittura che faccia ancora parte del Regno Unito. Invece, negli ultimi mesi una notizia giunta da lì è apparsa su importanti giornali e riviste italiane. Riguardava una campagna per legalizzare l’aborto in cui le donne inviavano tweet al primo ministro informandolo delle proprie mestruazioni, affermando che se proprio voleva avere il controllo del loro corpo, allora doveva sapere tutto di esso.
L’aborto in Irlanda è ancora illegale. L’unico caso in cui è ammesso è quando la donna è in pericolo di morte. Tuttavia, ci sono stati casi nosi di errori medici o in cui il rischio non era così facile da valutare, in cui l’aborto è stato negato e la donna è morta. Pochi sanno inoltre che se una donna si procura un aborto illegalmente rischia quattordici anni di prigione. Helen Graham, che ha raccontato la sua storia personale sul Guardian, a ragione definisce l’Irlanda “Un luogo pericoloso per essere incinta”. Anche nel caso in cui si sa con certezza che il bambino soffre di condizioni gravi e non potrà sopravvivere alla nascita, la donna è costretta a portare avanti la gravidanza. Lo stesso vale per donne incinte a rischio di suicidio, dove l’aborto è negato e si aspetta fino al momento in cui sarà possibile aprire l’utero e far nascere il bambino.
In tutti questi casi la madre non ha nessuna voce in capitolo. È la stessa Costituzione ad affermare che il feto e la madre hanno esattamente lo stesso diritto alla vita. La campagna ora in atto nel paese vuole proprio l’eliminazione di questo triste ottavo emendamento, che equipara un feto – anche di pochi giorni – ad una donna. L’aborto non è permesso neanche in caso di stupro o incesto. Famoso e agghiacciante il caso di una giovane richiedente asilo a cui non solo non è stato permesso di abortire, ma che è stata costretta a rimanere sul suolo irlandese e a partorire un bambino frutto di violenza. Chi è più fortunato e ha libertà di movimento, può procurarsi un aborto in un altro paese. Circa dodici donne al giorno infatti si recano in Inghilterra o in un altro paese per poter terminare la loro gravidanza.
Questo orrore, che tutti conoscono, ma che la società fa finta di ignorare, ha portato le donne a reagire. Donne note come la scrittrice Róisín Ingle e l’attrice e scrittrice Tara Flynn hanno raccontato le loro esperienze personali di aborto sulle colonne dell’Irish Times, il principale giornale irlandese. Anche questo fa parte dell’orrore, il dover raccontare un’esperienza così intima e dolorosa pubblicamente per poter risvegliare le coscienze. Necessario in the island of saints and sadists, come l’ha descritta lo scrittore William Wall.
Dal racconto di queste esperienze è partita la campagna per l’eliminazione dell’ottavo emendamento dalla costituzione e per la legalizzazione dell’aborto. Ero lì quando queste donne si chiedevano come fare a risvegliare questa coscienza nazionale addormentata e affermavano la necessità di trovare un linguaggio nuovo per farlo. Sicuramente i dettagli delle proprie mestruazioni raccontati al primo ministro lo sono! Non è un caso che siano attrici e scrittrici ad aver dato inizio a questo processo. In un paese famoso per la sua musica, il suo teatro, i suoi scrittori; un paese che sa valorizzare l’arte e la cultura, credo siano proprio questi aspetti che potranno incidere sulla realtà con creatività e irriverenza.
Questo piccolo paese, rimasto molto indietro per molti aspetti, è però capace di percorrere distanze enormi in poco tempo. Se si pensa che, appena venti anni fa, l’omosessualità era ancora illegale, che le unioni civili sono una realtà già da cinque anni, e che un referendum popolare ha recentemente approvato i matrimoni gay, ci sono buoni motivi per sperare che anche questo orrore dell’aborto negato e clandestino sia presto un ricordo del passato, e che soprattutto sia finalmente data alle donne la possibilità di decidere del proprio corpo e della propria vita.
(76 comments) / Il vero passo avnati sarebbe la vendita di notebook e pc desktop senza sistema operativo o con Linux. Scenderebbe il prezzo notevolmente. Il problema e8 che l’utente medio non sa installarsi un sistema operativo e giustamente lo mettono dentro gie0 loro. Ma ci dovrebbe essere una doppia scelta, con o senza os.