La foto del bambino partorito il giorno della Befana su un gommone della rotta atlantica fra l’Africa occidentale e le Canarie ha fatto il giro del mondo. Emilia De Rienzo trova la parole e la delicatezza per non far bruciare quella notizia e per proteggere una parola maltratta come bontà. “La bontà spesso si manifesta così, spontaneamente se solo assecondiamo qualcosa che dentro di noi a volte diventa urgenza. L’urgenza, per esempio, di proteggere in una situazione di estremo pericolo la nascita di un bambino… Il capitano ha trovato i migranti stretti intorno al neonato per proteggerlo e salvarlo. Un gesto collettivo, in un momento drammatico. Questa è bellezza. Questo regala speranza…”

Se io potrò impedire a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano
Se allevierò il dolore di una vita
o guarirò una pena
o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido
non avrò vissuto invano
(Emily Dickinson)
La bontà è una virtù tanto bistrattata quanto dimenticata e archiviata. Sembra quasi che sia una vergogna cercare di “essere buoni”, che sia un’ipocrisia, una sorta di cedimento in onore di quelle virtù che si richiamano alla forza, alla furbizia, alla capacità di prevalere o di prevaricare l’altro.
La bontà, quella vera, è muta, il male è, invece, sempre teatrale, è esibito, ha sempre un suo pubblico, mentre il bene si nasconde dietro le quinte.
La bontà non chiede nulla, non ha bisogno di nulla, semplicemente è. Si manifesta così, spontaneamente se solo assecondiamo qualcosa che dentro di noi a volte diventa urgenza. L’urgenza, per esempio, di proteggere in una situazione di estremo pericolo la nascita di un bambino partorito il giorno della Befana sulla prua di un gommone. Sulla lancia pneumatica stavano viaggiando ammassate decine di persone partite dall’Africa nordoccidentale. È stato il capitano di una motovedetta, a lanciare l’allarme vedendo il gommone alla deriva a 97 miglia nautiche da Arrecife, al largo di Lanzarote, dopo cinque ore di navigazione. Il capitano ha trovato i migranti stretti intorno al neonato per proteggerlo e salvarlo. Un gesto collettivo, in un momento drammatico. Questa è bellezza. Questo regala speranza.
È difficile da raccontare la bontà se non attraverso la concretezza di immagini come quella, raccontata in un piccolo articolo di giornale. È difficile vederla, incontrarla se non abbiamo occhi per intercettarla. Ma esiste e ce la racconta così bene, in Vita e destino, Vasilij Grossman:
“In questi tempi terribili, quando la follia regna nel nome della gloria dei vari stati, delle nazioni, del bene universale, in un’epoca in cui gli uomini non sembrano più uomini, ma sono stroncati come i rami degli alberi, e come pietre che tirano giù le altre pietre riempiono burroni e fosse, in quest’epoca di orrore e d’insensata pazzia la bontà pietosa, sparsa nella vita come una particella di radio, non è svanita”.
Per Saramago la bontà non è “contemplativa” né tanto meno di una bontà “caricatevole”, ma è “attiva”:
“… per quel che mi riguarda, la bontà viene addirittura prima dell’intelligenza, o meglio è la forma più alta dell’intelligenza. E’ una bontà che si manifesta nella pratica quotidiana; che non è animata da nessun pensiero salvifico sull’intera umanità; che si accontenta di far “lavorare” il proprio minuscolo granello di sabbia. Nel tentativo di recuperare una relazione umana che sia effettivamente tale”.
Una bontà, quindi, che si misura nella relazione con gli altri, senza secondi fini, che sa riconoscere la sofferenza dell’altro e soccorrerla. Una bontà libera, non un bene di scambio, gratuita. Una bontà che non si adegua a un codice morale precostituito, che non parte non principi generali e astratti, ma dalla nostra sensibilità, dall’esperienza, che è alla ricerca di ciò che è più importante per sé stessi e per gli altri, che dia senso alla nostra esistenza sottraendola a quel senso di vuoto che si prova nel momento in cui si vive guardando solo a se stessi.
Scrive Laura Boella in Il coraggio dell’Etica:
“C’è quindi un tipo di bontà ‘sbriciolata nella vita’ ‘illogica’ che non fa appello a ideali o valori universali, una ‘bontà senza voce, senza senso’…, ma a volte niente è più persuasivo di una morale in atto, che agisce senza nessun tipo di proclamazione astratta e mostra che la possibilità di assumersi la responsabilità di una altro essere umano, di agire bene o male, è sempre aperta, Per questo motivo questo tipo di bontà continua a parlare a tutte le epoche”.
Niente è più grande e più vero di quegli uomini che si sono stretti intorno a una donna che partoriva per preservare e onorare quella vita anche in una situazione in cui la morte sembra avere la meglio.
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