A Borgo Egnatia e a Lucerna, nel G7 e nella conferenza di “pace” voluta da Biden e Zelensky, emerge prima di tutto una sanguinosa geopolitica mondiale. Intanto, Netanhyahu continua il massacro disdicendo perfino la proposta delle Forze di difesa israeliane di una pausa umanitaria per permettere la distribuzione degli aiuti. “Il film dell’orrore continua – scrive Paolo Vernaglione Berardi – Non è realtà virtuale, non è Intelligenza Artificiale è il mondo reale raccontato da un’informazione globale solidale con l’intento omicida degli stati-nazione…”
Da Borgo Egnatia a Lucerna, dal G7 alla conferenza di pace (sic!) voluta da Biden e Zelensky, l’infinito film horror della guerra, il definitivo tramonto dell’Unione Europea e il genocidio a Gaza, risaltano da protagonisti delle sequenze più sanguinose della geopolitica mondiale. L’ultradestra è vittoriosa in Europa, la guerra mondiale è in corso da anni, la folle corsa agli armamenti per portata e rischio nucleare ha ben poco a che vedere con la guerra fredda, il roll back e la deterrenza, ma molto con la fine del comando euroatlantico del mondo, la distruzione della terra. Si può chiamarlo catastrofismo, oppure iperrealismo, ma non si può negare la verità del copione che leader delegittimati da tempo, istituzioni che hanno provveduto ad auto-destituirsi negli ultimi dieci anni e l’architettura finanziaria neoliberale in base alla quale si decide il governo del mondo, abbiano prodotto la crisi epocale di cui la guerra è l’effetto finale.
La guerra è dietro e davanti alle photo-opportunities del summit e della conferenza. Entrambi gli eventi hanno confermato l’aumento permanente delle spese militari, il riarmo, milioni di dollari e missili all’Ucraina, in attesa dell’ordine di bombardare in territorio russo e la continuazione del massacro della popolazione palestinese.
A cosa serve una conferenza di pace?
Vale la pena ricordare cosa è una conferenza di pace. Una conferenza di pace è un incontro diplomatico in cui rappresentanti di stati, eserciti o altre parti in guerra convergono per porre fine alle ostilità negoziando, firmando e ratificando un trattato di pace. Niente di tutto ciò si è visto e, al contrario, l’ineffabile Von der Lyen, pronta a sottoscrivere il concetto che le elezioni non hanno prodotto il collasso completo dell’Unione Europea e che la Commissione avrà comunque una governance non egemonizzata dalla destra, ha allegramente detto che «alla fine toccherà all’Ucraina decidere i termini di una pace giusta», che è esattamente la ragione per cui Putin rifiuta la versione euro-atlantica di un possibile negoziato.
La dichiarazione finale della messa in scena sul lago di Lucerna, assenti Russia e Cina, è stata firmata da 82 dei 150 paesi invitati. Non è stata invece sottoscritta da India, Sudafrica, Arabia Saudita, Thailandia, Indonesia, Messico, Emirati Arabi Uniti e Brasile, non più disposti a farsi prendere in giro dalle ipocrite promesse di negoziato e dal sostegno incondizionato del massacro della popolazione palestinese compiuto dal governo di Israele. Del resto il mondo multipolare che è inaccettabile per l’occidente è sempre più l’attore protagonista che rovina le vecchie arroganti battute di governi nazionalisti e razzisti e sta scrivendo un inedito copione post-coloniale, alternativo al governo secolare della vita, esercitato da carnefici che ogni giorno lo convertono in potere di morte.
Il Pentagono ha bloccato ogni negoziato vero
Il New York Times qualche giorno fa ha pubblicato i documenti delle sessioni di colloqui russo-ucraini che si sono svolti da febbraio ad aprile 2022. La proposta russa prevedeva il congelamento della situazione sul campo con i territori occupati da Mosca, la sicurezza dell’Ucraina con la promessa che non entri nella NATO, l’abrogazione delle leggi limitative della lingua e cultura russe. La questione della Crimea era stata stralciata in vista di successivi colloqui. La guerra si poteva concludere con una soluzione pacifica hanno riferito membri del gruppo negoziale ucraino, ma il Pentagono ha ordinato di bloccare ogni negoziato facendo rilevare che l’articolo 5 della proposta, in caso di ulteriore attacco a Kiev, non avrebbe lasciato mano libera all’intervento militare dell’alleanza di paesi che si sarebbero costituiti a difesa dell’Ucraina. Con il fallimento della controffensiva ucraina della scorsa primavera la situazione è precipitata. L’Unione Europea ha continuato a prendere ordini da Washington, la Germania si è riarmata, le spese militari, già triplicate dal 2014 a oggi, sono aumentate in maniera esponenziale, Macron ha iniziato a delirare dicendo di esser pronto a mandare truppe, mentre il segretario generale della NATO Stoltenberg, che ad ottobre lascerà l’incarico, spinge per i bombardamenti missilistici in territorio russo.
Ma sugli aiuti a Kiev gli accordi svizzeri non ci sono. I 40 miliardi tedeschi per la Germania in recessione e con i neonazisti dell’AFD secondo partito non sono una priorità. Scholtz si è accorto che la scriteriata rottura con Mosca e la chiusura dell’import energetico con la Russia per approvvigionare l’Europa con petrolio statunitense a un prezzo esorbitante non è stata la più lucida delle decisioni.
In più, la decisione di impiegare i fondi degli assett finanziari degli oligarchi russi per continuare a dare armi all’Ucraina contravviene ai principi del libero scambio. Al G7 tutti gli attori si sono entusiasmati all’annuncio di nuove misure protezionistiche contro la Cina, accusata di essere alleata della Russia.
Se l’economia di guerra stravolge perfino i dogmi liberisti
In realtà la guerra economica e commerciale con la Cina, data ormai da circa dieci anni, e il protezionismo sono stati una delle premesse della guerra, non la conseguenza. Tra l’altro le barriere commerciali e finanziarie innalzate dagli Stati Uniti e dall’Unione Europea impediscono a molti paesi di acquistare beni e servizi servendosi dell’enorme massa di dollari posseduta in seguito alle esportazioni, soprattutto i paesi arabi esportatori di petrolio. La conseguenza è che i proprietari orientali si trovano ora con montagne di dollari che non possono utilizzare come vorrebbero. Naturale, quindi, che perdano interesse verso la valuta statunitense che si deprezza. Come qualche giorno fa ha fatto rilevare l’economista Emiliano Brancaccio sul “manifesto”, al vertice pugliese i leader del G7 sono arrivati a sfregiare persino il massimo comandamento del capitale: il diritto di proprietà privata. I sette grandi hanno stabilito che il nuovo stanziamento di 50 miliardi per l’Ucraina sarà coperto da prestiti garantiti dall’esproprio di profitti russi. Si tratta di proventi sui 300 miliardi depositati in occidente da società russe e congelati dopo l’inizio della guerra. Da Wall Street a Francoforte, i brokers occidentali avvisano che la violazione delle proprietà russe ha attivato un campanello d’allarme tra i capitalisti di mezzo mondo che temendo ritorsioni anche nei loro confronti potrebbero abbandonare ogni prospettiva d’investimento in occidente. Il rischio è concreto, eppure alla fine si è deciso comunque di varcare la soglia proibita.
L’economia di guerra stravolge i dogmi liberisti su cui si è costituita l’Unione Europea, ma a differenza del passato decennio l’alternativa non è un’economia degli shock, piuttosto quella che, da papa Francesco alle ONG e associazioni in tutto il mondo, propongono: l’estinzione del debito e la tassazione dei super-ricchi.
31,7 miliardi sarebbero necessari secondo Oxfam per contribuire a eliminare la fame, a fronte di 1.200 miliardi stanziati complessivamente dai paesi del G7 ogni anno in spese militari. Come testimoniato dal prezioso ebook di “Sbilanciamoci”, L’economia a mano armata (download), dal 2019 le spese militari in Europa sono cresciute del 25-30% e liberali e socialisti sono i più solleciti al sostegno bellico. Nel 2022 la spesa mondiale è cresciuta del 3,7% rispetto al 2021 arrivando a 2.240 miliardi dollari. Nel 2014 i paesi europei spendevano 230 miliardi di dollari per la difesa e oggi ne spendono 380. Negli ultimi dieci anni i paesi NATO dell’U.E. hanno aumentato del 50% le spese militari, da 145 a 215 miliardi; un importo superiore al PIL del Portogallo. L’importazione di armi è triplicata, per metà dagli Stati Uniti. Il Fondo Europeo di Difesa è dotato di 7,9 miliardi di dollari per ricerca e produzione di nuove armi tra il 2021 e il 2027. La spesa pubblica dei paesi dell’Unione Europea è aumentata del 20% a fronte dell’aumento delle spese militari del 46%, mentre l’istruzione del 12%, la protezione dell’ambiente del 10%, la sanità del 34%.
Dal 2019 la ricerca e la produzione di armi sono finanziate anche dal bilancio dell’Unione Europea. I 2/3 del budget del Fondo per la Difesa vanno a quattro paesi che sono i maggiori esportatori di armi: Francia, Germania, Spagna e Italia. Nel 2022 le prime tre aziende militari europee erano BAE, Leonardo-Finmeccanica, Airbus.
Gaza
Intanto a Gaza da maggio non stanno più entrando camion di aiuti, la popolazione sta morendo di fame. A Gaza nord, a Gaza City la carestia c’è, i bambini muoiono, ci sono meno di 250 calorie al giorno pro capite. E Netanhyahu continua il massacro disdicendo la proposta dell’IDF (le forze di difesa israeliane) di una pausa umanitaria per permettere la distribuzione degli aiuti. Il film dell’orrore continua. Non è realtà virtuale, non è Intelligenza Artificiale è il mondo reale raccontato da un’informazione globale solidale con l’intento omicida degli stati-nazione.
“Le soulevement de la terre” ha proposto una convenzione antifascista che lavori prima e dopo le elezioni in Francia; potrebbe essere l’inizio di qualcosa che contamini l’Europa, al di fuori delle fatiscenti istituzioni europee, delle cautele e dell’ignavia liberaldemocratica in cui qualsiasi avvenire è destinato a dissolversi.
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