Acquaformosa è un meraviglioso paesino albanese-calabrese, in provincia di Cosenza, dove con un solo sguardo si può abbracciare la pianura di Sibari, il mare Ionio, le montagne della Sila e quelle del Pollino. Qualche anno fa è finito sotto i riflettori dei media per l’alto numero di anziani iscritti nella scuola elementare che rischiava di chiudere: le lezioni di nonni e nipoti restano una storia bellissima. Quel borgo, insieme ad altri paesi limitrofi di origine albanese, ha anche avviato un’importante storia di accoglienza diffusa con uno straordinario festival della migrazioni estivo: famiglie di migranti e minori stranieri non accompagnati hanno rigenerato le comunità locali

Acquaformosa, Firmoza in arbëresh, è un meraviglioso paesino albanese-calabrese, in provincia di Cosenza, di circa mille abitanti a settecento metri di altezza, dove con un solo sguardo si può abbracciare la pianura di Sibari, il mare Ionio, le montagne della Sila e quelle del Pollino. Si narra che il suo nome derivi dall’affermazione della principessa Irene Castriota, figlia dell’eroe albanese Giorgio Castriota Skanderbeg, che, bevendone l’acqua, esclamò: ”Che acqua formosa!”. Formosa, in albanese significa bella (dal latino formosus). In queste zone, intorno al 1.500 arrivarono gli albanesi in fuga dalla ferocia dei turchi.
L’eroe nazionale Giorgio Castriota Skanderbeg li aveva portati in salvo sin lì e da allora la piccola comunità albanese ha conservato e preservato le proprie tradizioni culturali. Oggi solo in Calabria sono trentasei comuni di origine arbëresh, circoscritti in un’area abbastanza vasta ma omogenea. La lingua ha assunto una propria connotazione rispetto a quella d’origine, tanto che si calcola che solo il 45 per cento dei vocaboli della lingua arbëreshë siano di origine albanese, ma gli usi e i costumi sono rimasti fondamentalmente gli stessi: dagli abiti tradizionali, alla cucina, al rito greco-ortodosso della chiesa di San Giovanni Battista di Acquaformosa, interamente restaurata a mosaico nella fine degli anni Ottanta. Un vero capolavoro moderno. Ovviamente la pacifica convivenza ha generato delle mescolanze di abitudini e ritualità che rendono ancora più unica e interessante una visita.

Un paese a rischio
Ma Acquaformosa ha rischiato di morire come purtroppo molte altre realtà italiane dell’entroterra che hanno subito lo svuotamento verso i grandi centri del nord. Nel 2010, durante il periodo dei “grandi tagli”, la ministra della pubblica istruzione Mariastella Gelmini aveva avviato un programma di riduzione e accorpamento dei plessi scolastici laddove non ci fosse un numero sufficiente di alunni. Il sindaco di allora, Giovanni Manoccio, di fronte al rischio di vedere chiudere la scuola elementare del paese, ebbe l’idea di iscrivere alle elementari tutti gli anziani, analfabeti e analfabeti di ritorno. L’idea, bellissima e geniale fu accolta con entusiasmo dalla popolazione che solerte si presentò a scuola per partecipare alle lezioni insieme ai nipotini. La scena memorabile di quel lunedì mattina di inizio anno è impressa nella memoria collettiva: anziani in fila per entrare in classe insieme a bambini e bambine, sorridenti con sottobraccio quaderni e penne. Quest’iniziativa inconsueta e originale provocò un’enorme risonanza e in breve tempo arrivarono ad Acquaformosa, allora ancora sconosciuta ai più, troupe di giornalisti e videoreporter per intervistare gli anziani e il loro sindaco bislacco. Venne addirittura prodotto un docufilm:
Dopo questo episodio, venne disposto il diritto di frequenza della scuola elementare soltanto fino al conseguimento della maggiore età.
La svolta
Dalla scuola all’accoglienza il passo è stato breve. In poco tempo, Acquaformosa diventa il volano da cui partono tanti progetti. Nei borghi e paesi limitrofi di origine albanese, piccoli numeri di famiglie di migranti, minori non accompagnati, donne e bambini occupano pian piano le case, rigenerando intere comunità, riaprendo scuole, botteghe, attività commerciali. Come un tempo, i borghi semi abbandonati si ripopolano di nuovi cittadini.
Oggi l’Associazione Don Vincenzo Matrangolo di Acquaformosa gestisce nove progetti in altrettanti comuni, per un totale di circa duecentocinquanta persone e ha dato lavoro a ben centoquaranta abitanti del territorio, creando un sistema di economia sociale di gestione dell’accoglienza, diventando la più grande impresa sociale della provincia di Cosenza. La metà delle persone impiegate sono donne e la maggior parte sono uscite da scuole e università calabresi. Un dato importante se si inserisce in uno scenario nazionale in cui le giovani generazioni tendono ad emigrare all’estero per garantirsi un futuro dignitoso. Oggi Gianni Manoccio non è più sindaco, ha lasciato il testimone a Gennaro Capparelli che prosegue senza interruzione di continuità la politica di accoglienza diffusa e solidale avviata dalla precedente amministrazione. La comunità attualmente ha a disposizione circa cinquanta posti per famiglie e dodici per minori non accompagnati, non male per un paese di circa mille abitanti.
Il festival delle migrazioni
Da dieci anni, inoltre, viene organizzato un Festival delle Migrazioni che è ormai diventato un’istituzione e per chi vi arriva è un’occasione veramente unica di contatto con questa realtà molto particolare. L’ospitalità è sacra, sembra quasi banale ripeterlo e il sentirsi a casa una semplice, spontanea conseguenza. Per circa una settimana ad agosto, il paese diventa luogo di dibattito, scambio e contaminazione, grazie a incontri a tema su ciò che riguarda il migrare oggi.

Negli anni questo piccolo paese ha alzato lo sguardo, cercato connessioni e costruito ponti. Artisti come Badara Seck sono ospiti abituali e la connotazione internazionale del festival, un obiettivo a breve termine. Quest’anno tra gli ospiti c’erano Pietro Bartolo, Renato Curcio, Maurizio Alfano e Fabio Magnasciutti oltre ovviamente agli amministratori dei progetti di accoglienza che hanno aderito alla rete di Acquaformosa, Don Vincenzo Matrangolo. Ancora una volta dall’entroterra calabro arrivano segnali di umanità e di pacifica convivenza multietnica che bisognerebbe prendere come esempio.
Che esperienza meravigliosa. Vi auguro di continuare ed espandersi, per allargare l’accoglienza e rendere di nuovo vivi i vostri e nostri paesi
Commento di una professoressa di ruolo nella scuola dell’obbligo
italiana : Il diritto di frequentare la scuola dovrebbe essere garantito a tutti senza limiti d’età o di nazionalità. Questo per ottenere frequenze garantite e coinvolgimento di ogni strato sociale.
E’ commovente seguire il faticoso e costante apprendimento degli anziani che, in classe con i giovani, riescono a seguire meglio ogni avvenimento scolastico e di conseguenza, a comprendere meglio ogni avvenimento cittadino.
Una istruzione che recupera i nostri anziani meno fortunati è da incentivare a qualsiasi livello e, favorisce la frequenza e la organizzazione delle classi che vanno in costante decremento .
Ottenendo collaborazione e comprensione attiva tra generazioni di fatto distanti .