Le strumentalizzazioni, l’isteria, le semplificazioni, le rappresentazioni caricaturali del dissenso e il tutt’altro che innocente innesco delle logiche del tifo da stadio hanno intossicato non solo il confronto critico sulla diffusione del virus e le misure più adatte a contenerlo ma anche il semplice, naturale scambio di idee tra persone comuni preoccupate per la propria salute. Gustavo Esteva, amico e profondo conoscitore del pensiero “eretico” di Ivan Illich sulla scienza medica, ha scritto molto sull’argomento e sul transitare nelle pandemie. In questo articolo, aggiunge un elemento, apparentemente secondario, che riguarda il sistema immunitario e la capacità autonoma di resistere al virus. Lui vive nello stato messicano di Oaxaca e racconta di come le comunità locali, a forte maggioranza di popolazione indigena, abbiano “approfittato” della pandemia per impedire l’ingresso di cibo spazzatura e concentrare lo sforzo collettivo sulle capacità autonome di produzione di cibo sano. C’è stato un momento, quello del primo lockdown, in cui anche in Italia tutti compravano lieviti e farine scoprendo quanto fosse facile e bello autoprodursi il pane… Poi la gente è rientrata dai balconi, ha cancellato il piacere di autoprodursi del cibo sano ed è tornata alla spasmodica ricerca della “normalità” che aveva prodotto, tra le altre cose, quel confinamento. Peccato, no?

È diventato quasi impossibile parlare di Covid… o evitare questo argomento nelle conversazioni! Sta diventando sempre più difficile avere discussioni ragionevoli e razionali sull’argomento, perché la maggior parte delle persone difende le proprie opinioni con fervore religioso. Esperienze, fonti di informazione, ideologie e posizioni politiche molto diverse hanno generato atteggiamenti molto diversi che vengono difesi in modo dogmatico. Si riesce appena a discutere, ad esempio, se vaccinarsi o meno. Le convinzioni profonde, a favore o contro, non riescono a essere sottoposte ad analisi razionali e informate.
Si accetta ormai che circola un virus altamente contagioso, che rappresenta un pericolo per la salute di molte persone. Tutto il resto è aperto all’interpretazione. Anche se le prime teorie della cospirazione, quelle che attribuivano tutto a Bill Gates, alla Cina, ai medici tedeschi o a qualsiasi altro attore, sono state dissipate, si continua a cercare a chi dare la colpa per l’intero disastro.
Sembra incredibile che a questo punto non sia possibile caratterizzare con precisione la “malattia” che si suppone causata dal virus e rivelare con chiarezza la natura di questa minaccia globale, anche se i governi di tutto il mondo e gruppi scientifici di ogni scuola e condizione studiano il fenomeno senza sosta da più di un anno e mezzo. I vaccini rimangono un mistero.
Per questo si sta diffondendo e approfondendo la sfiducia verso i governi, tutti i governi, che si era già manifestata molto prima della pandemia. Le decisioni e le politiche vengono continuamente criticate. Nello stesso tempo, tuttavia, si mantiene un’obbedienza quasi cieca a istruzioni senza precedenti che risultano molto discutibili: confinare i sani, non solo chi è contagiato; impedire o ridurre drasticamente le interazioni tra le persone; limitare le attività economiche e sociali per un lungo periodo di tempo… Tutto questo viene apertamente messo in discussione, ovunque… però si ubbidisce.
Ci sono resistenze e ribellioni. Alcune sono ideologiche e insensate, come quelle dei “libertari” e quelle dei sostenitori di Trump negli Stati Uniti. Ma ce ne sono molte altre, soprattutto di fronte ai cambiamenti nelle decisioni dei governi che contraddicono il discorso ufficiale che genera il comportamento della maggioranza. Il ritorno nelle aule in presenza, ad esempio, è oggetto di intense discussioni e resistenze in tutto il mondo. Contraddice ciò che gli stessi governi hanno sostenuto per molti mesi.
In questo panorama di confusioni, contraddizioni e incertezze, alcune cose stanno diventando chiare. Il virus non provoca danni alla stragrande maggioranza delle persone, che infatti generalmente non si accorgono nemmeno di essere state contagiate. Alcuni gruppi possono invece essere particolarmente colpiti: quelli che soffrono di condizioni croniche delicate o di particolari infermità. Nessuno ne è esente… ma alla fine dei conti tutto dipende dal sistema immunitario di ciascuno di noi, dalla sua capacità autonoma di resistere al virus.
Tutto questo era noto quasi da subito. Avrebbe potuto generare politiche pubbliche molto diverse da quelle che sono state adottate. Si sarebbero dovute prendere misure che ogni società dovrebbe adottare, con o senza il virus: rafforzare il sistema immunitario di tutte le persone, con alimenti adeguati e pratiche sane, e prestare particolare attenzione a coloro che si trovano in condizioni di salute delicate. Niente di più e niente di meno.
È qui che le cose si complicano. I governi non possono occuparsi di ciò che è realmente necessario. Nessun governo, ad esempio, osa vietare e combattere effettivamente gli alimenti nocivi, cosa che causa molte più morti di quelle attribuite al virus. Sarebbe sufficiente vietare la produzione e la vendita di questi prodotti per eliminare questa terribile minaccia per la salute. Questo è legalmente possibile, ma i governi hanno maggiori impegni nei confronti delle società private che verso le persone. Ecco perché, tra le altre ragioni, non possono e non vogliono fare ciò che è necessario in questo e in molti altri settori.
Questa è in definitiva la lezione. La palla è nel nostro campo, come sempre. Invece di guardare in alto, aspettando dai governi un rimedio alle nostre difficoltà o l’indicazione di linee di comportamento da osservare, dobbiamo radicarci nella nostra realtà. Si tratta di concordare regole di comportamento, percorsi da seguire, forme di organizzazione, con le persone che ci circondano.
Nel caso degli alimenti spazzatura, possiamo agire in modo personale e collettivo. È vero che rinunciare al loro consumo non è facile quando la dipendenza è stata acquisita. Ma è possibile rafforzare la volontà personale con un’azione comune. Questo è ciò che hanno fatto le comunità di Oaxaca (lo Stato dove Esteva vive, ndt) che hanno approfittato della pandemia per impedire l’ingresso di cibo spazzatura e concentrare lo sforzo collettivo sulle capacità autonome di produzione di cibo sano.
In fin dei conti, si tratta semplicemente di vivere e prendersi cura della vita in comunità, non di proteggere i singoli corpi. Non avremmo mai dovuto abbandonare questo comportamento. È quello adottato da molte comunità, in particolare dalle comunità indigene, che hanno avuto molto successo nella gestione del virus. I loro risultati sono molto migliori di quelli di coloro che si sono limitati a obbedire.
Fonte: “Buscar opciones”, in La Jornada.
Traduzione a cura di Camminardomandando
Buongiorno,
dal punto di vista teorico e filosofico tutto ciò è molto suggestivo ed emozionante. Le chiedo di spingersi oltre e scivolare giulivo insieme a noi tra le corsie del supermercato. Oppure dobbiamo intendere che la sua suggestione si spinga sino ad una chiusura cautelativa anche dei supermercati e/o tassare i consumi ivi fatti in ragione del Km zero?
Si immagini invece insieme a me, mano nella mano, romantici e rilassati in un qualsiasi sabato pomeriggio di rifornimenti per la famiglia. Potremmo non necessariamente abitare in occidente, e quindi lo scenario si complicherebbe un pochino, ma dato che lei parla in una visione senz’altro mondialista, superiamo l’ostacolo immaginario e sentiamoci parte di una qualunque periferia di una qualunque città lontana dai mercatini alternativi, sostenibili e magari zapatisti (facciamo quini Mosca est, Ulan Bator, Colleferro scalo, Milano, Riccione o Bogota).
Bene, quale cibo spazzatura non dovrebbe trovare spazio nei nostri sistemi?
Chi la fa la lista dei buoni e dei cattivi?
Gli Atene Doria li posso comprare? Lo zucchero raffinato? La farina doppio zero? La carne si oppure no? E le fragole a dicembre? Il gelato? Solo quello artigianale?
Il McChicken no, giusto? E se poi ci fregano iniziando a farlo con polli accattivanti? Riporto dal Sito McDonald: “Tutti i nostri panini contengono solo pollo italiano. Fornito da Amadori, e allevato a terra, senza mangimi OGM, in decine di allevamenti in Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Abruzzo e Molise. La maggior parte dei nostri prodotti a base di pollo, tra cui il McChicken, il Chicken Country, le insalate e i Chicken McNuggets, contengono 100% petto di pollo italiano.”
Fico eh? Un cortocircuito niente male.
In Messico mi risulta abbiano vietato la vendita di bibite monnezza per l’obesità dei bambini. Non è poco, ci mancherebbe, ma è un’altra cosa rispetto al rafforzamento delle difese immunitarie.
Io credo che la cultura del mangiar bene (argomento valido soprattutto per noi occidentali ricchi, con pochi pensieri e molte parole, si intende) sia sufficientemente diffusa. Ma non puoi esportare la democrazia con le armi così come non puoi educare all’alimentazione con i divieti.
Vede, a noi non filosofi piace mangiare un po’ bene e un po’ di merda. Dipende dai giorni, dal tempo che abbiamo, dalla pazienza, dal portafogli, dalla fila, dalla pubblicità, dalle confezioni verdi delle cose.
Questo è (anche) il punto.
Allora, bando alle ciance, la fa lei la lista dei buoni e dei cattivi, oppure facciamo noi?
Rifletta bene prima di rispondere, che a passare dalla parte della dittatura alimentare è un attimo.
Tutto ciò che avvalora il profitto ” indiscriminato ” secondo il sistema non è da contestare, praticamente siamo ostaggio di ogni abuso diretto e/o indiretto ed in ogni senso !!
Le rispondo io;
Le sue righe mi sembrano un vano pavoneggiare di parole esteticamente appostate in ordinate file ubbedienti al niente per dare passeggero lustro a pensieri tautologici che implodono su se stessi nel momento esatto in cui vengono pronunciati e cui unica funzione evidentemente è quella di mascherare il vuoto totale, sociale, culturale, economici, politico o filosofico che sia, nel quale sono stati concepiti.
Ci faccia il favore; si scriva da solo la lista degli alimenti che garbano al suo palato cangiante non filosofico, e magari con qualche porzione di Chicken Mc Nugget di pollo felice si ritiri ad Ulan Bator a studiare, questa volta in modo serio, concetti quali alimentazione, democrazia, partecipazione e, perché no, pensiero logico.
Con ciò, se poi le verrà proprio da continuare con le sue incursioni nella scrittura creativa, speriamo, per il bene degli abitanti di Ulan Bator, che siano in pochi a capire l’italiano…
Mi perdoni la franchezza (si fa per modo di dire), ma non sopporto più persone come lei che credono ancora tutto sia solo un gioco, in ultima istanza utile soltanto a mettersi in bella vista, e che non fanno altro che fare perdere ulteriore tempo ed energia all’umanità, o per lo meno a quella parte dell’umanità che ancora cerca di pensare per l’umanità tutta…
Buongiorno e grazie molte della sua risposta.
Vede, io non cerco visibilità (qui poi?). Ognuno che scrive, da Esteva, a lei, a me, affermiamo in qualche modo un principio, ed io quello del dubbio.
Oppure su Comune.info dobbiamo esprimere certezze? Io non ne ho.
Ho la mia idea di cibo spazzatura, mi difendo, ho animato e faccio parte da oramai 20 anni di un GAS (non solo come acquirente), ho gestito in passato una Bottega del Commercio Equo e Solidale, credo nel consumo critico, ho scelto di lasciare la città per vivere ai confini delle montagne, scomodo pur di vivere la mia idea di bellezza, eppure…
Eppure sono un terrestre, occidentale, pieno di compromessi e contraddizioni e non devo spingermi lontano con la suggestione, perché il Supermercato rappresenta l’emblema di tuti i compromessi, come il fumo nero della mia auto a Gasolio o il PC tutto fico dal quale scrivo, ecc…
Ecco, io vorrei (ma capisco si tratti di un altro sogno), che le persone veramente colte, che hanno studiato, che siano essi filosofi, pensatori, intellettuali, artisti, quando parlano lo facciano partendo dai dubbi e non dalle affermazioni di principi che non tengono conto spesso della realtà, che è quella quotidiana di milioni di persone confuse, o semplicemente semplici, tipo io.
Tocca sapere parlare al camionista con il murales di Padre Pio dietro il camion, non a noi stessi qui bravi a scrivere ed a leggere. Mi sembra invece si sia una distanza abissale.
La ritrovo spesso qui su queste pagine, che però seguo sempre con interesse, perché piene di stimoli.
Ma quando oltre agli stimoli si fanno espliciti inviti (come quello di Esteva), ecco, o credo che gli stessi debbano essere maggiormente calati nel mondo reale, leggermente più distanti dal conforto che ci da viceversa il sapere essere letti da chi già la pensa come noi.
Bisogna andarci ogni tanto al McDonald, allo stadio, al Centro Commerciale o in crociera o dal benzinaio. E dato che tutti già lo facciamo, dato che il compromesso ci appartiene, ecco, mi piacerebbe leggere inviti più pacati, ed il loro essere viceversa decisi, fermi, assoluti, non discende (ai miei occhi quantomeno) dal modo in cui si scrive (Esteva è piacevolissimo) ma da cosa si scrive.
Lo vedo sterile, tutto qui, e vagamente ipocrita.
Ed allora ho risposto con fantasia anche io. Lo veda pure come una forma d’arte, me lo consentirà.
Abbracci
In aggiunta, e come ho anche risposto a Rita, questo il passaggio che, a modo mio, volevo dissacrare era:
“sarebbe sufficiente vietare la produzione e la vendita di questi prodotti per eliminare questa terribile minaccia per la salute.”
Tutto il resto di Esteva come non condividerlo?
Così’, per chiarire.
Ah, e la Mongolia è stato sempre il mio viaggio preferito mai fatto. La ringrazio per avermi mandato a quel paese e non magari a Mosca Est.
Sinceramente, mi spiace di aver causato questa reazione così forte.
E converrà, in ultimo, che se non avessi scritto, nessuno avrebbe argomentato oltre, come normalmente qui accade.
Vabbé, la faccio breve.
Ri-abbraccio. Sinceramente.
Mi dispiace leggere commenti distruttivi. In fin dei conti Esteva ha solo detto che dobbiamo mangiare bene, adottare pratiche sane (sport) ed evitare cibo spazzatura per rafforzare il sistema immunitario. Ciò che, con o senza pandemia, ci serve come il pane, anche se spesso trascurato anche dai medici, oltre che da governi un po’ distratti e talvolta eterodiretti. Ha poi collegato questo con l’autoproduzione di una specifica comunità locale come buona pratica. Che c’entrano le liste dei buoni e dei cattivi non capisco. Certo, qualche produttore di chips o merendine o hamburger agli ormoni potrà averne a male ma non si può sempre accontentare tutti…
E’ questo il passaggio che, a modo mio, volevo dissacrare:
“sarebbe sufficiente vietare la produzione e la vendita di questi prodotti per eliminare questa terribile minaccia per la salute.”
Tutto il resto lo condivido.
Giusto per chiarire.
Io invece la ringrazio davvero, dico sul serio, perché il suo intervento, e ancor di più le sue repliche, mi sono servite per far capire a dei giovani che mi stanno a cuore, con un esempio vero, reale, e chiarissimo (perché, accidenti, scrivete tutti benissimo), perché in un Paese pieno di gente buona, generosa, altruista, la sinistra vera (credo di parlare a persone che sanno cosa intendo dire) da tantissimi anni non esercita alcun potere.
La frase che non le piace è l’unica proposta pratica di tutto l’articolo, ben precisa e comprensibile per il camionista con il murales di Padre Pio: “perdincibacco (*), se passa questa, all’Autogrill invece degli Oreo ci trovo i ravanelli, maledetti loro”.
Irrealizzabile nella sua drasticità? Certo.
Dittatura alimentare? Assolutamente sì.
Da calare nella realtà e mediare con tutti gli altri interessi in gioco? La politica è lì per questo.
Ma è un’idea, una ipotesi concreta, una possibile soluzione.
È il coraggio di condensare una serie di principi teorici in una proposta di cui ci si assume la responsabilità, ben sapendo che tante saranno le critiche, alcune delle quali assolutamente fondate.
E personalmente preferisco partire da una proposta concreta, che i discorsi (soprattutto se destinati al camionista di cui sopra) siano fatti partendo da principi e studiando come applicarli nella realtà, piuttosto che dai dubbi, che non mi paiono fondamenta molto solide per costruirci sopra qualcosa di utile.
(*) il camionista coi ravanelli negli occhi non dice perdincibacco, ovviamente (però se gli si ammala qualcuno in casa, magari questa storia del paesino in Messico gli torna in mente …).