«Come consentire al maggior numero di persone, incluse quelle con redditi molto bassi, l’accesso precario al cibo sano?». George Guenther e gli altri promotori del progetto «Dalla fattoria al quartiere» di Saint-Etienne hanno risposto in particolare a quella domanda. In questa città operaia che ha perso quasi il 10 per cento della sua popolazione in vent’anni, i cesti contadini si diffondono dal 2005 come parte dell’economia sociale. Saint-Etienne ha undici Associazioni per il mantenimento dell’agricoltura familiare (Amap), nei quali i cittadini consumatori decidono di acquistare la produzione degli contadini a un prezzo equo e pagando in anticipo. «’Dalla fattoria al quartiere’ è complementare alla Amap – dice George – Il progetto punta a creare posti di lavoro e a raggiungere un pubblico più ampio, comprese le classi popolari».
“La plateforme”, la stanza in cui i dipendenti smistano e preparano la fornitura dei cestini, si trova a Marais, un ex quartiere dell’industria pesante, oggi meglio conosciuto per il suo Tecnopolio o per lo stadio Geoffroy-Guichard. Il desiderio di creare posti di lavoro è una delle differenze con le Amap, che si affidano totalmente alla partecipazione volontaria dei nuclei familiari in relazione diretta con gli agricoltori partner. Per la sua realizzazione, il progetto ha ricevuto il sostegno della Regione Rhône-Alpes, della camera regionale dell’economia sociale Rhone-Alpes con il Fondo sociale europeo, dello Stato e del comune di Saint-Etienne, che affitta una stanza.
Avviare un’attività di creazione di posti di lavoro economicamente redditizia e sostenibile ha ovviamente un costo. Ecco perché i produttori e consumatori partecipano in ugual misura alle spese di funzionamento della struttura. «Contiamo sulla solidarietà tra i cittadini consumatori. L’idea è di partecipare attivamente ai costi di esercizio in base al proprio reddito», dice George. La quantità di ripartizione dei costi varia da 0 a 20 per cento. Sono accettati anche i buoni pasti. «Il nostro obiettivo è offrire a tutti ai quartieri di Saint-Etienne prodotti agricoli locali di qualità a prezzi accessibili». E funziona! Mentre comincia la distribuzione, una giovane attraversa la soglia della stanza, La plateforme. Dice che è venuta col «caravanes»… Vorrebbe impegnarsi per un mese prima di continuare il viaggio. Il progetto coinvolge un pubblico decisamente diverso.
Sono passate da poco le 17, e Sylvain, un’altra giovane dell’équipe, prepara i cesti. Mais, cavoletti di Bruxelles, spinaci, porri, zucche, tutto è locale, stagionale e non-Ogm. Mentre George comincia a guardare nervosamente l’orologio, Nasser arriva col furgone. Direzione il quartiere du Soleil, dall’Associazione delle famiglie protestanti (Afp), i cui volontari aiuteranno nella distribuzione. Tra questi, c’era Aziz. Secondo lui «il progetto funziona nel migliore dei modi, ci sono molti prodotti e più varietà. La gente ha capito che stiamo sostenendo gli agricoltori della zona». Aziz è entusiasta anche per il funzionamento della distribuzione locale. Nasser prosegue la strada verso il centro sociale Arlecchino, dove quella sera è prevista la seconda distribuzione.
Un aspetto specifico del progetto è l’impegno delle associazioni di quartiere, che mettono a disposizione i loro locali, nello svolgere attività di informazione e di partecipazione al consiglio di amministrazione. Oltre all’Associazione Dipartimentale per lo sviluppo dell’occupazione agricola e rurale (Addear), ci sono centri sociali, ma anche il centro Al Qalam-Firdaws di cultura musulmana. «Stiamo lavorando con loro per informarli sull’agricoltura contadina, sulle implicazioni del lavoro remunerativo» – dice George – Un’associazione, ad esempio, prende prodotti per un centro ricreativo, prima i bambini mangiavano senza dare importanza al gusto. Queste associazioni organizzano anche conferenze o dibattiti e vengono a La plateforme per fare corsi di cucina». Michel Avril, il direttore di Afp, spiega: «Ci vuole un’informazione diffusa, in particolare nei college e nelle scuole elementari. Negli spazi pubblici dei quartieri ci affidiamo al passaparola per far circolare le informazioni».
Cambiare l’immagine che si incolla alle Amap e ai cesti dei contadini non è facile. «Nel complesso abbiamo un buon ritorno», commenta Michel Avril. L’istituzione del quoziente familiare allevia le famiglie più modeste. «Si insiste sul fatto che si tratta di un servizio di cui anche le persone socialmente svantaggiate hanno diritto…». La sfida per l’Afp è dare un nuovo significato a queste pratiche in modo che altre persone aderiscano al progetto. «Ciò richiede un’educazione delle stagioni: le persone hanno perso questo parametro, e noi cerchiamo di far recuperare questo ritmo – spiega il direttore dell’associazione – Ma è anche uno sbocco per l’economia locale, dal momento che si dimostra in grado di generare posti di lavoro, opportunità. Sono anche consapevole delle difficoltà incontrate dai contadini, comprese le incertezze per le condizioni atmosferiche». Lassaad è tra i cittadini del quartiere che hanno deciso di aderire. Circondato dai suoi cinque figli, dispone di 45 euro a settimana per il cibo, con i quali paga i cesti proposti alle famiglie. «È più economico, è meglio per i bambini e aiuta gli agricoltori, tutti sono vincitori. Quando non si compra, l’altro non funziona» spiega. (…)
Vivere al ritmo dei contadini non è sempre facile, ma gli atteggiamenti stanno cambiando. «Ora ad esempio la gente viene con le proprie borse della spesa – dice Mickael –, abbiamo affrontato nei primi tempi il problema degli imballaggi». A ogni distribuzione è presente un contadino, e questa sera c’è Mickael Martel che risponde alle domande. Ha partecipato alle riunioni per la creazione del progetto. Per questo produttore di formaggio, non ci sono dubbi, il pubblico interessato non è lo stesso. «Qui incontro una popolazione che solitamente non viene al magazzino di produttori in cui lavoro… Noi crediamo in questo progetto, ed è per questo che siamo qui». ”Dalla fattoria al quartiere” coinvolge 24 contadini, di cui circa la metà hanno la certificazione biologica, gli altri sono in conversione all’agricoltura biologica o all’agricoltura contadina. Con una certa regolarità vengono organizzate visite alle aziende agricole per rafforzare il legame tra tutte le parti del progetto.
«“Dalla fattoria al quartiere” aiuta gli agricoltori ad avere un reddito grazie a prezzi fissati in modo concertato», dice George. Per le pratiche di controllo, l’associazione fa riferimento alla Carta dell’agricoltura contadina. «Discutiamo con i produttori, che sono messi in relazione con altri produttori e consumatori per cambiare le loro pratiche», aggiunge George. Recentemente uno dei produttori ha avuto problemi con le sue galline e ha portato l’associazione da un altro produttore. «Quest’ultimo ha ammesso di aver usato mangini Ogm, ma ha accettato di rinunciare pur di lavorare con noi. Userà integratori alimentari Ogm free per i polli, abbiamo deciso di lavorare con lui e gli abbiamo chiesto di migliorare il suo percorso alimentare». Per Gerard, rifiutarsi di lavorare con questo tipo di produttore vorrebbe dire abbandonarlo…. «Di fronte a un sistema produttivo delocalizzato, vogliamo proporre alternative migliori».
Ideato alla fine del 2009, all’interno del Portale per l’accesso ai diritti sociali, “Dalla fattoria al quartiere” coinvolge per ora 24 agricoltori e 150 famiglie di consumatori, L’obiettivo è raggiungere entro il 2013 le dimensioni di una decina di Amap, circa 600 famiglie per una trentina di contadini. «La sfida è aumentare il numero di soci, se si vuole assumere altre persone – dice George – E per far crescere le entrate degli agricoltori, dobbiamo anche aumentare il numero di siti di distribuzione». Mentre alcuni siti funzionano bene con una quarantina di membri, altri sono in difficoltà. I consumatori, i produttori, gli attivisti stanno lavorando nelle ultime settimane per informare le scuole e le imprese. Il tempo per la distribuzione potrebbe essere esteso anche con consegne a partire dalle 17. “Dalla fattoria al quartiere” potrebbe diventare una cooperativa a metà del 2013 se, come i suoi fondatori sperano, il progetto avrà raggiunto il suo equilibrio economico.
(Questo articolo è stato scritto da Sophie Chapelle e pubblicato su bastamag.net).
Città invisibile è un piccolo collettivo attento ai temi sociali e della decrescita, nato all’interno dell’omonima libreria (info [at] editoriadellapace [dot] org) dell’ex mattatoio di Testaccio.
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