La loro capacità di promuovere viaggi solidali autogestiti per portare soccorso ai migranti della rotta balcanica e di costruire relazioni che restituiscono dignità, e l’ostinazione con cui raccontano la politica di morte dell’Ue, hanno reso Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi un riferimento per molte persone e pezzi di società. “Sappiamo che gli appelli non servono – scrivono -, ma dopo 18 viaggi in Bosnia abbiamo voglia di gridare…”. Questo l’appello agli operatori volontari migranti che Comune fa proprio, rilancia e chiede di far girare il più possibile. “Sta a noi, che abbiamo scelto di non chiuderci nel nostro sempre più relativo benessere, di intervenire con i nostri corpi dove con la massima evidenza si manifesta la violenza della cosiddetta civiltà europea, dove i confini sono una macchina di violenza e morte, di agire politicamente dentro questa tragedia, facendoci insieme portatori di concrete scelte di trasformazione sociale…”

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APPELLO AGLI OPERATORI VOLONTARI CON I MIGRANTI
Crediamo che tutti noi operatori volontari nella tragedia delle nuove migrazioni, in Bosnia, nei Balcani, in Grecia, ma anche nel Mediterraneo e all’interno dei nostri paesi, abbiamo una grande responsabilità.
Innanzitutto, nei confronti di noi stessi.
Abbiamo la responsabilità di costituirci in una rete sufficientemente unitaria, con tempi opportuni ma non biblici, per contestare e rifiutare in ogni modo la politica criminale dell’Europa nei confronti dei migranti. Nello stesso tempo, dobbiamo costruire e collegare fra loro situazioni concrete di solidarietà attiva.
Queste situazioni devono configurarsi come i semi di un diverso essere sociale, di un modo pienamente solidale di stare insieme, sia nei luoghi, di confine o altro, dove si affollano i migranti come la Bosnia o la Grecia, sia nelle città e nei luoghi dove arrivano o sono deportati, in Italia e altrove. È questo il compito che la situazione in cui operiamo ci affida con ogni evidenza, è un compito politico fondamentale del nostro tempo.
Se non ci riusciremo, restando vittime di prassi inadeguate e spesso incapaci di effettiva collaborazione, limitandoci a scaricare la coscienza con opere pie, saremo soltanto collaboratori, complici di una politica europea e occidentale, che è una politica di morte, perché non faremo altro che attenuare momentaneamente le drammatiche condizioni di vita dei migranti, e rendere quindi lievemente meno insopportabile una condizione che si vuol rendere strutturale: quella di esseri umani non degni di vivere.
È evidente che la politica europea e occidentale – visibile anche nei fallimenti degli pseudo tentativi di affrontare la questione ambientale, che meglio sarebbe chiamare ecocidio – prosegue inesorabile in termini di sfruttamento umano e ambientale, indifferente alle condizioni di base di ogni vita.
Sta a noi, che abbiamo scelto di non chiuderci nel nostro sempre più relativo benessere, di intervenire con i nostri corpi dove con la massima evidenza si manifesta la violenza della cosiddetta civiltà europea, dove i confini sono una macchina di violenza e morte, di agire politicamente dentro questa tragedia, facendoci insieme portatori di concrete scelte di trasformazione sociale.
Non si può dire che i tempi siano maturi per scelte di questo tipo – è sempre già tardi nei confronti della sofferenza accumulata.
Lorena Fornasir, Gian Andrea Franchi

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