Non manca certo la creatività tra chi ha aderito ad Atto contrario (qui l’elenco delle iniziative, in costante aggiornamento), per promuovere ovunque iniziative di ogni tipo contro il razzismo dal 15 al 17 marzo. Dario, ad esempio, ci scrive dalla Germania per parlarci di un angolo prezioso di Napoli, di fronte al Vesuvio: un appartamento che invece di finire nelle logiche del mercato immobiliare potrebbe diventare uno spazio comune. “Come trasformare la casa di Bruno in uno spazio comune autogestito, antirazzista, equo e solidale, in un atto di ribellione, insomma?…”: Se avete qualche buona idea e voglia di mettervi in gioco non esitate

di Dario Becci
Mio padre, Bruno, possiede un appartamento a Napoli, che ha suddiviso in due bilocali e un monolocale indipendenti l’uno dall’altro. C’è anche una vasta terrazza e un piccolo cortile per posti auto o da riconvertire a giardino. Il Vesuvio te lo trovi di fronte e ti ricorda, con il suo fascino minaccioso, che dovresti mantenerti a rispettosa distanza.
I miei nonni vi si stabilirono negli anni Cinquanta, se la memoria non m’inganna, quando la natura nei dintorni dominava ancora sull’asfalto e sul cemento. Quella che è la parvenza di un parco oggi era in quegl’anni la selva dei Camaldoli, il polmone di Napoli: un luogo monastico. Lo stesso nome della collina deriva infatti dai benedettini camaldolesi, una volta abitatori dell’eremo, costruito sul rilievo più alto della città.
Oggi mio padre ha settantacinque anni e ha difficoltà a gestire quest’abitazione, dato che non dimora altrove.
https://comune-info.net/2019/02/atto-contrario-2/
Crede che non gli resti altro da fare che venderla, lui ex insegnante di lettere nella scuola secondaria che organizzava negli’anni Ottanta a Torre del Greco (NA) la settimana ecologica con le sue/i suoi alunne/i per trasmettere loro il valore della ribellione: al cemento, alle auto, alla camorra, perfino alle/agli insegnanti stessi, qualora queste/i fossero autoritari(e).
Bruno ha perso probabilmente lo smalto dei tempi della contestazione e pensa che debba cedere alla tentazione neoliberista: vendere e ricavarne quello che può, partire da una richiesta di duecentocinquantamila euro per riceverne forse centomila. Vuole fare in fretta, anche se aspira a vivere almeno fino a centoventi anni in buona salute, a detta sua. Sa perfettamente che in tal modo svenderebbe pure il suo passato, i suoi ricordi di bambino, adolescente, adulto e la fatica dei suoi genitori per trovare un alloggio di questo tipo prima che si mettessero le mani sulla città, citando il film di Francesco Rosi, e che perderebbe un punto d’appoggio, l’unico, per tornare di tanto in tanto a trovare i parenti.
I numerosi lavori di ristrutturazione finora compiuti sarebbero serviti solo per tentare di non svalutare un immobile in un mercato immobiliare secondo la cui logica capitalistisca perversa si deve solo acquistare, in questa fase di recessione (soprattutto intellettuale), in quanto vendere equivale a svalutare, regalare, arrendersi.
Se mio padre avesse l’età mia oggi, quarantaquattro anni, rifarebbe probabilmente ciò che fece allora: cofondare con altri genitori una scuola materna autogestita (allora lo fece sul Vesuvio), conivolgere parenti, amici, conoscenti e volenterosi in un fare dinamico produttivo (la poesia, seguendo l’etimologia della parola) e ribellarsi, con sano moto anarchico, all’autorità di un mercato che tenta d’importi le sue leggi liberticide.
Come trasformare la casa di Bruno in uno spazio comune autogestito, antirazzista, equo e solidale, in un atto di ribellione, insomma?
Sono nato a Napoli e ho vissuto durante i miei primi tredici anni a Torre del Greco (NA), alle falde del Vesuvio, per poi trasferirmi a Cecina (LI) con la famiglia, dove ho risieduto fino al 2000. In quell’anno mi sono trasferito a Mannheim, in Germania, dove attualmente risiedo. Abito in un’ex caserma prima guglielmina, poi nazista e quindi delle truppe statunitensi, situata su un’area riconvertita ad uso civile a partire dal 2007.
Il progetto abitatativo di cui faccio parte (13haFreiheit, tredici ettari di libertà) è autogestito, inserito nel cicuito del Mietshäuser-Syndikat (comunità degli interessi delle persone che vivono in appartamenti in affitto) e si avvicina più a un ecovillaggio che ad un’esperianza di cohousing: gli appartamenti che una sessantina di noi abitano sono di proprietà collettiva e l’asse portante del progetto è l’intera comunità abitativa, con le sue capacità e reti.
Non so se a Napoli esista già qualcosa del genere, ma poco importa: desidero cocrearlo o espanderlo e cerco persone ostinate e contrarie che vogliano condividere tale iniziativa con me.
L’appartamento di mio padre si trova sulla collina dei Camaldoli, a circa trenta minuti a piedi o a dieci minuti con l’autobus (senza contare il tempo d’attesa) dalla fermata della metropolitana Rione alto. Il posto relativamente isolato può giocare a favore o a sfavore a seconda di ciò che intendiamo mettere in piedi. Anche l’essere lontani da un centro è un atto contrario, se si vuole.
Da qui al 17 marzo mi piacerebbe raccogliere le idee di quanti vogliano condividere questo progetto, di chi agisce sul territorio campano – per esempio Alex Zanotelli – o di chi è immerso nella realtà degli ecovillaggi, cohousing e simili (per esempio Francesca Guidotti, associazione Rive). Scrivetemi a info at dariobecci.de o pubblicate nei commenti di questo articolo le vostre impressioni. Creiamo alternative e ribelliamoci!
La tua lettera mi ha aperto il cuore, sono Calabrese e da due anni vivo a Napoli, regalo come formatore uno strumento di coscientizzazione che è il Teatro dell’Oppresso. Da più di 30anni lavoro nel sociale ed ora Insieme ad alcuni amici che anche loro veterani del sociale volevamo creare delle risoluzioni alternative alla sofferenza e all’ingiustizia con idee di convivenza abitativa pensando a luoghi di dialogo e incontro aperti all’umanità senplice della quotidianità. Siamo da sempre legati a persone come Alex Zanotelli gia dalla sua esperienza a Korogocho, come Felice Pignataro e del suo lavoro a Scampia, ecc. Se ti va mi farebbe piacere parlare un pò con te per provare a spiegarti meglio le nostre idee. Grazie per ciò che ho letto e spero a presto
Ciccio Tedesco
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