
di Lanfranco Caminiti*
Il corteo è piccolo, sarà un centinaio di persone. È venuto fuori dalla baraccopoli. Dall’inferno. E loro sembrano diavoli. Cappellucci di lana, pantaloni di tuta, magliette di calcio, alcuni in canotta e scalzi. Diavoli rimpannucciati dalla Caritas. Poi, ne arrivano altri, a piedi o in bici. Che qui, per le bici, sembra di stare in pianura padana. Il cielo si è fatto improvvisamente velato, una cammarìa di scirocco dopo giorni di sole pieno. Si sarà stufato anche il cielo, qui, di sovrintendere le cose del mondo. Libertà libertà, gridano gli africani. E poi: tocca uno, toccano tutti. E ancora: Soumaila, uno di noi. Ecco, se volete capire cosa sia il capitalismo 4.0 e le magnifiche sorti e progressive dell’automazione venite qui, a San Ferdinando, a Rosarno, dove regna la schiavitù. Dove regna l’apartheid. Venite qui, e forse riusciremo insieme a capire cosa significhi «non abbiamo da perdere che le nostre catene». Un bracciante nero sventola una foto di Soumaila. Io non ho paura, urla verso le auto – ferme ora che loro si sono sdraiati per terra a un incrocio. Io non ho paura. Qui è un programma minimo di riforme.
Tutti a sbracciarsi, che no, la xenofobia non c’entra. I carabinieri, il procuratore, il sindaco, il farmacista del paese. Che devono essere altri i motivi per cui un uomo imbraccia un fucile, si apposta da una posizione di vantaggio, e spara quattro colpi contro tre uomini. Che, solo per un caso del destino, sono neri. Macché xenofobia, deve esserci un altro motivo. Chesso, la vendetta, per dire. Perché a Macerata capita che uno fuori-di-testa spari ai neri per razzismo, e si bardi del tricolore, ma a Rosarno no. A Rosarno ci sparano per vendetta.
Costa dieci euro una scatola di cinque cartucce a pallettoni Federal F130 Buck Cal.12/70, perciò fate un po’ voi il conto di quanto vale la vita di un lavoratore africano qui.
https://comune-info.net/2018/06/soumaila-aveva-ventinove-anni/
Il sindaco non si capacita del perché tirino sempre per la giacchetta Rosarno, «città accogliente. Sin dai primi anni novanta è stata tra le prime comunità d’Italia ad accogliere e aiutare, con profondo sentimento umanitario, migliaia di extracomunitari in fuga dai paesi d’origine a causa di miseria, malattie, guerre», dice. Come se la rivolta del 2010 fosse scoppiata a Trezzo sull’Adda, che so, o a Cividale del Friuli. Vuole incontrare il nuovo ministro dell’Interno il signor sindaco – perché si adoperi a combattere l’illegalità, e i veri e propri ghetti che si sono formati. Ma quelli a cui hanno sparato erano regolari, sindaco, con tutte le carte in regola, sindaco. E i ghetti che crescono a dismisura – tutta la tendopoli di San Ferdinando è un ghetto che nessuno può dire quanti ci stanno là – non sono una cosa per caso, ma “tollerata”. E funzionale. Perché se tu non li vuoi i venti euro a giornata che ti do, per raccogliere le arance e i mandarini che la mattina all’alba ti bruciano le mani per il freddo, ne ho altri cinquecento che sono pronti a prendersi di meno. A Soumaila è capitato più di una volta di accettare di meno, perché aveva una figlia di cinque anni, e una moglie, lì in Mali. Una volta lo chiamavamo “esercito industriale di riserva”, era il modo per indicare la sottoccupazione e la disoccupazione. Ma le parole cambiano. Sono le cose che rimangono sempre le stesse.
Salvini adora Rosarno. Ha preso un sacco di voti qui, alle ultime elezioni. Sarà stato per la proposta di flat-tax, magari. No? E poi è tornato, per ringraziare. E c’era un sacco di gente a ascoltarlo e applaudirlo e farsi i selfie, nell’aula magna del liceo Piria, con i drappi di Salvini premier, appesi dappertutto – ma le scuole possono fare ste cose? Ah sì, è un presidio di legalità, quel liceo. Sono domande da dottor Sottile, queste; qui si va all’ingrosso. E le cose sono bianche o nere.
E la differenza è questa di qua: che nel 2010 un gruppetto di giovanotti di Rosarno decide di farsi un giretto in automobile e di spararci col fucile a aria compressa al primo nero che incontravano – così, per festeggiare il nuovo anno, come tirare a un segnale stradale, che qui sono pieni di buchi, che ci sparano per provare le armi. E oggi, 2018, un signore si apposta e ci tira col fucile da caccia. È un bel salto, no? Nel mezzo è capitato che una piccola banda di deficienti armati di catene e mazze salivano su una Punto e menavano al volo i neri che beccavano di ritorno dai campi in bici. Fratture, costole rotte, traumi cranici. Quante cose sono cambiate nella città dell’accoglienza umanitaria.
https://comune-info.net/2018/06/le-bastonate-annunciate/
Ci vuole niente perché un incendio divampi in una distesa di ripari di fortuna quando metti su un telo di plastica con due assi di legno e poi dei cartoni tutto intorno a ripararti dal freddo, succede in tutti gli slums del mondo, a Dacca a Niamey a Manila. A San Ferdinando, Italia. Successe così a gennaio, quando tra le fiamme morì Becky Moses che al campo era arrivata pochi giorni prima da Riace, perché le avevano negato il visto di asilo politico. È per quello che ti industri che magari se ci metti due lamiere quella baracca non prende fuoco e tu finisci arrostito dentro. Era il lavoretto extra di Soumaila Sacko, cioè quando non lo chiamavano a rompersi il culo in campagna per quattro soldi. Ognuno fa gli extra che può nella baraccopoli di San Ferdinando – c’è chi vende qualche bibita, c’è chi prepara panini o uno stufato. Tutta una economia, è la legge del mercato, no? Così, s’era partito a piedi, Soumaila con due suoi amici, Drame Madiheri e Madoufoune Fofana, a cercare lamiere. Nello scattio del caldo – le quattro del pomeriggio. Loro intanto si portavano avanti, a vedere, scegliere, accantonare, e poi magari passava il furgone di un amico e caricavano. È una fabbrica abbandonata, l’ex Fornace. E pure sequestrata, perché ci avevano stoccato rifiuti che venivano dalla Centrale di Brindisi o da chissadove. In attesa di bonifica. Ai proprietari non interessa neppure più. Che la smontassero tutta, pure i muri, per quel che gli importa.
Alle cinque e mezza, sei del pomeriggio si sente il primo colpo di fucile, Soumaila e Drame sono sul tetto e Madoufoune sta di sotto, hanno già messo da parte tre lamiere, un buon lavoro. Non fanno in tempo a capire – che i colpi sono arrivati alle gambe e ai piedi – e a scendere di corsa che arriva il secondo sparo. Soumaila è colpito alla testa. Poi arriva il terzo sparo, e a Madoufoune va bene che una lamiera lo ripara e ferma la corsa dei pallettoni. È un buon bottino di caccia per averci speso dieci euro.
https://comune-info.net/2018/03/caro-italiano-votato-salvini/
Vogliamo giustizia, grida Abou nel megafono, nella piazzetta di San Ferdinando, intanto che si aspetta che una delegazione incontri il sindaco e il vicequestore. La Ue ha mandato un mucchio di soldi nel comparto agricolo per sistemare condizioni abitative dignitose per i migranti, dove sono? Non vogliamo ancora tendopoli. Ci sono le telecamere – arrivano sempre i giornalisti, in Calabria, quando succede un fattaccio. Abou è un sindacalista di base, e qui lo rispettano tutti. Parla di lavoro e dignità, di italiani e migranti, di chi aizza la guerra tra poveri, di fratellanza. Intorno, ci sono i giovani delle associazioni che da anni si battono per condizioni migliori. Soumaila è stato assassinato, dice Abou, e vogliamo giustizia. Non era un ladro, era in prima fila nelle lotte – al corteo del primo maggio è venuto a sfilare. È stato assassinato in un contesto politico, grida Abou.
Vogliamo giustizia, grido anch’io. Contro questo cielo di scirocco.
Nicotera, 4 giugno 2018.
Bellissimo articolo. Scoperto grazie a Baobab di Roma. Vi seguirò.
Mi dispiace molto dovrebbe scrivere l articolo chi ci vive a Rosarno e non chi giudica dall’ apparenza a Rosarno c è tanta gente bella onesta che lavora e se gli immigrati sono proprio a Rosarno è perché sono accolti il problema del lavoro c è sempre stato al Sud pure i rosanero stessi sono sempre stati sempre sfruttati e sotto pagati da qui una politica sbagliata avrei piacere se lo pubblicate per smentire il fango che buttare sulla mia terra
Mi dispiace molto dovrebbe scrivere l articolo chi ci vive a Rosarno e non chi giudica dall’ apparenza a Rosarno c è tanta gente bella onesta che lavora e se gli immigrati sono proprio a Rosarno è perché sono accolti il problema del lavoro c è sempre stato al Sud pure i rosanero stessi sono sempre stati sempre sfruttati e sotto pagati da qui una politica sbagliata avrei piacere se lo pubblicate per smentire il fango che buttare sulla mia terra