I partecipati cortei in settanta città contro l’Alternanza scuola lavoro (Asl) del fine settimana sono importanti perché hanno mostrato un pezzo di società in movimento, ma in primo luogo perché hanno messo al centro la critica all’ideologia del lavoro e all’educazione alla precarietà. L’Asl è solo un modo per far sì che l’azienda entri nella scuola: si preparano i ragazzi a un modo di stare dentro al lavoro che è quello di non alzare gli occhi, non pensare, produrre, essere efficienti a tutti i costi. I ragazzi, invece, dovrebbero uscire dalla scuola con la consapevolezza che non si è schiavi di nessuno e che c’è bisogno di battersi perché nessuno lo diventi – suggerisce Catia Castellani, insegnante d’arte, allieva di Bruno Munari – Che occorre mettersi in gioco, intraprendere strade scomode, non smettere di sognare e lottare. “Perché non pensare a una “controalternanza”? Osare si può…”

di Catia Castellani*
L’alternanza scuola lavoro? Bisogna essere davvero molto ingenui a pensarla come una vera occasione di apprendimento. Non è nata per questo.
Fin dall’inizio è stato il caos e ad oggi le cose non sono cambiate. Non c’è nulla di pedagogicamente rilevante nell’alternanza. L’alternanza è solo un modo per far sì che l’azienda entri nella scuola e la scuola diventi azienda. Flessibilità, velocità, competizione, eccellenze sono i termini che la fanno da padrona, insieme a confusione. Non c’è nulla di significativo nell’alternanza, non si preparano i ragazzi al mondo del lavoro (quale?) ma li si prepara a un modo di stare dentro al lavoro che è quello di non alzare gli occhi, andare avanti a tutti i costi, non pensare, rigare dritto e veloce, produrre, essere efficienti... E così ci inventiamo le cose più disparate, entrano nella scuola fantomatici esperti di società anche private che spesso parlano di “Bisnes!” di fare impresa, Briatori dell’ultima ora.
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I nostri ragazzi e le nostre ragazze devono imparare a fare ciò che sanno fare meglio, a dare parola alle loro passioni, non fare necessariamente qualcosa di utile ma qualcosa che sapranno fare bene e sapranno amare. Devono imparare che la vita e il lavoro non saranno sempre semplici, ma questo non dovrà far perdere loro la buona relazione con gli altri, affermare la propria opinione senza timore, avere coraggio, non diventare “caimani” o piccoli capetti insulsi, ma uomini e donne vere che sappiano operare con umanità. Mettere la poesia e il cuore, dubitare e frugare dentro alle cose, non dare nulla per scontato, lottare per cambiare. Devono imparare che ci sono dei diritti e anche dei doveri, che non si è schiavi di nessuno e battersi perché nessuno lo diventi.
La scuola può dare e fare molto per i ragazzi e le ragazze, può riempire le lezioni di curiosità e voglia di conoscenza, di senso critico. Può costruire insieme agli studenti, ai docenti e alle famiglie un luogo di apprendimento vero, trasversale, aperto davvero al mondo parlando di cittadinanza, di incontri con chi arriva dall’altra parte del mondo, affrontare i temi dell’appartenenza di genere, della violenza oramai sdoganata, della parola e dell’immaginario, della nostra memoria collettiva che non va perduta e anzi ogni giorno riattivata.
I ragazzi devono uscire dalla scuola con un cuore grande, una mente aperta, una grande curiosità di conoscenza e fame di sapere, una buona dose di nomadismo, la capacità di inventarsi ogni giorno, la possibilità di cambiare, di conoscere il mondo, di saper essere e saper fare con onestà, la voglia di mettersi in gioco, di intraprendere strade scomode, di non smettere di sognare. E lottare… Perché non pensare ad una “controalternanza”? Osare si può.
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Alternanza scuola-lavoro
L’alternanza scuola-lavoro, obbligatoria per tutti gli studenti dell’ultimo triennio delle scuole superiori, è stata introdotta della legge 107 del 2015 (“La Buona Scuola”). Prevede che studenti e studentesse (1,5 milioni quelli coinvolti) passino del tempo fuori da scuola (200 ore per i licei, 400 ore per tutti gli altri istituti) da dedicare al lavoro in enti o imprese.
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Salve, scrivo un pensiero fin troppo scontato “ma la scuola avvia una presa di coscienza” rispetto a quanto detto da Catia Castellani? Io non lo noto………….
Buona giornata