Notizia del 30 dicembre 2020: Trovata morta imprenditrice ‘bio’ Agitu Gudeta (Ansa). Di seguito l’articolo pubblicato nel 2016 su Comune, dedicato al suo straordinario percorso di rifugiata
Bisognerebbe chiedersi sempre perché la gente emigra, dice Agitu. Lei, per esempio, sei anni fa è saltata su una macchina e ha guidato tutta una notte fino a Nairobi, dove ha preso un aereo per Trento. Lavorava con i contadini. Il governo etiope sottrae loro la terra per darla a grandi investitori stranieri che realizzano enormi monocolture. Si chiama Land Grabbing e i protagonisti, in questo caso, sono le solite multinazionali e i fondi d’investimento pubblici o privati. Molti dei compagni di Agitu si sono opposti, li hanno ammazzati. Altri sono scomparsi. Lei si è salvata per miracolo e perché aveva ancora un permesso di soggiorno per studiare all’estero. Era già stata a Trento, dove oggi ha avviato un allevamento biologico che produce 12 tipi di formaggio di capra, uno più squisito dell’altro. Nessuno le ha regalato niente, ma Agitu non si lamenta, non sta male. Appena possibile, tuttavia, vorrebbe tornare tra la sua gente e riprendere i progetti che il regime le ha frantumato la notte in cui ha capito che doveva fuggire, subito. Non c’era più tempo per lei nella democrazia etiope, un affidabile partner nella lotta al terrorismo, che governa grazie al sostegno europeo e degli Usa e che, nei primi giorni di ottobre, ha fatto sparare sulla folla uccidendo 700 persone di etnia Oromo. Pare che non fossero terroristi
di Caterina Amicucci
La foto di Feysa Lilesa, il maratoneta etiope medaglia d’argento alle olimpiadi di Rio, ha fatto il giro del mondo. Con il gesto delle manette, l’atleta voleva portare all’attenzione internazionale la repressione del governo nei confronti del suo popolo, gli Oromo. Solo poche settimane dopo la chiusura dei giochi, il due ottobre scorso nella regione di Oromia i militari hanno sparato sulla folla durante una manifestazione religiosa. Secondo l’OFC, il maggiore partito di rappresentanza di questo popolo, sono morte 700 persone ed altre 900 sono state ferite, soprattutto a causa della calca che si è scatenata dopo l’attacco dell’esercito alla folla.
Già a giugno, altre 400 persone erano state uccise durante una manifestazione. Da circa un anno la regione è scossa da dure proteste contro i piani di sviluppo del governo e l’assenza di libertà e giustizia da parte di quella che ormai è una brutale dittatura. Sono migliaia gli attivisti e gli oppositori politici imprigionati e torturati nelle carceri governative, oppure sequestrati e scomparsi. Nonostante questo, il regime della minoranza tigrina che governa il paese dagli anni ’90, gode del pieno sostegno di Europa e Stati Uniti per i quali l’Etiopia è un partner strategico nella fantomatica lotta al terrorismo. Da parte degli Stati Uniti l’appoggio si concretizza attraverso la cooperazione militare, con lo stesso esercito che reprime brutalmente qualsiasi forma di dissenso e attraverso i fondi dell’aiuto allo sviluppo. L’Etiopia riceve ogni anno circa 3 miliardi di aiuti, nel 2015 l’agenzia di cooperazione allo sviluppo americana USAID ha elargito al paese 435 milioni di dollari.
Il controllo della distribuzione degli aiuti è interamente nelle mani del governo.
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Ma dietro agli aspetti geopolitici si nascondono le vere ragioni dell’appoggio occidentale e non solo al regime, ovvero il suo carattere iperliberista. Negli ultimi quindici anni il paese ha intrapreso una politica di cessione massiva del controllo delle risorse naturali ad investitori stranieri. Sono già diversi milioni gli ettari di terreno venduti o dati in concessione a grandi investitori stranieri per lo sviluppo di progetti agricoli di monocultura intensiva. Si tratta del Land Grabbing, ovvero del fenomeno di accaparramento di terra da parte di multinazionali e fondi di investimento privati e pubblici.
“Sono dovuta scappare dall’Etiopia perchè lavoravo insieme ai contadini e gli allevatori ai quali il governo voleva sottrarre la terra. Il nostro gruppo di lavoro si è opposto, alcuni dei miei compagni sono stati uccisi, altri sono scomparsi. Io mi sono salvata per caso, perchè quando i militari sono arrivati mi trovavo nella capitale ed una persona è riuscita ad avvertirmi. Sono salita in macchina e ho guidato tutta la notte fino a Nairobi. Da lì ho preso un aereo e sono venuta a Trento, dove diversi anni prima avevo studiato”, mi racconta Agitu Ideo in una malga della Valle dei Mocheni.
“Gli investimenti stranieri sulla terra non portano alcun beneficio alle popolazioni locali, quando i contadini non hanno più terra sono costretti ad andare a lavorare per le multinazionali a 85 centesimi al giorno. Chi protesta viene arrestato o ucciso. Le carceri sono piene dei nostri ragazzi, molti sono anche minorenni. E quando provano a rifugiarsi all’estero difficilmente gli viene riconosciuto il diritto d’asilo, perchè questo governo militare è considerato una democrazia anche se non è vero”.
Agitu si è rifugiata in Italia nel 2010, ha potuto viaggiare in aereo perchè il suo permesso di soggiorno per studi era ancora valido evitando di rischiare la vita nel deserto o in un barcone in mezzo al Mediterraneo. In Trentino ha iniziato un progetto di allevamento biologico, “La capra felice” basato sul recupero di razze autoctone e di terreni abbandonati. Oggi produce dodici tipi di formaggi di capra, biologici e buonissimi.
Un esempio di coraggio, impegno e coerenza.
“La riuscita del mio progetto è importante anche per parlare in un altro modo di immigrazione. Dobbiamo chiederci perché la gente emigra. L’Africa dovrebbe essere una potenza, invece è ridotta così a causa di un sistema economico ingiusto basato sul saccheggio delle risorse. Non sto male qui, non mi è stato regalato niente e sono riuscita a costruire la mia situazione economica, però il mio desiderio è tornare tra la mia gente, e continuare i progetti che ho dovuto abbandonare quando sono scappata”, conclude Agitu.
Anche l’Italia è in prima linea nel sostenere il governo etiope al fine di difendere gli interessi nazionali nel paese, non solo nel settore dell’agroindustria ma anche nell’altrettanto remunerativo business dell’idroelettrico. L’impresa Salini-Impregilo da anni è un leader nel settore ed è responsabile della distruzione dei fiumi, delle economie locali e dello spostamento forzato di intere popolazioni.
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Scrive Caterina Amicucci
Ti ho incontrata per caso. Oppure no. Eri seduta vicino a me in un seminario dell’OltreEconomia Festival a Trento. Entrambe invitate a parlare delle rapine occidentali delle risorse naturali in Africa. Avevo lavorato anni per fermare quella maledetta diga sul fiume Omo. Gibe III. Senza mai poter avere contatti diretti con Etiopi. Tutto era controllato, trascritto, schedato. C’era una dittatura negata e sostenuta dall’Europa e dagli Stati Uniti. C’erano le imprese straniere che facevano il bello e il cattivo tempo. Mi era sembrato un miraggio ascoltarti e incontrarti. In Trentino, che cosa assurda. Finalmente qualcuno che conosceva quella storia che sembrava un problema di nessuno. Avevi rischiato la vita per fermare quel saccheggio continuo. Che continua imperterrito. Ero stupita, mi sembrava un regalo incredibile poter condividere anche solo con parole tardive quella lotta che per entrambe, in maniera assolutamente diversa, era durata anni. Avevi perso i tuoi compagni ed eri scappata in Italia. Io non avevo perso nessuno. Ti sono corsa dietro alla fine dell’incontro. Tu andavi di fretta perché era sera e le capre andavano chiuse per la notte. Ti ho chiesto se potevo tornare a trovarti. Mi hai dato il tuo numero e mi hai detto chiamami. Sono venuta qualche settimana dopo, ero impaziente, non potevo aspettare. Ci hai accolto a braccia aperte nella malga dove portavi le capre durante l’estate. Dovevamo fermarci un giorno ma sono diventati quattro. Tra schizzi di latte, taglieri di formaggio buonissimi, risate e gente che arrivava e andava via contenta. Ti ho proposto di registrare un’intervista dove ho immortalato tutto la tua forza, la tua visione che spaziava dall’accaparramento di terra, all’immigrazione, l’integrazione e l’economia alternativa. Sono tornata nel tempo ed ascoltare i tuoi progetti sempre un passo oltre faceva bene all’anima. Eri una visionaria. E questo mondo non risparmia nulla ai visionari.
https://www.youtube.com/watch?v=WdFHvemOE7w&feature=emb_logo
Purtroppo quando vengono sottratte le risorse per vivere, le persone sono costrette ad emigrare in primis, per avere salva la vita è poi per cercare un sostentamento.
Se il loro governo, sostenuto da multinazionali interessate a spogliare quei paesi delle loro risorse, pensasse di più al proprio popolo sarebbe molto meglio.
Siamo in molti a chiederci che fine farà l’attività messa in piedi da Agitu. Non deve finire, sarebbe un gran brutto segnale per l’Italia. Almeno qui il suo lavoro deve continuare, almeno qui da noi. E come per Giulio Regeni dovremmo verificare bene le modalità di questo omicidio, che solleva più di un dubbio
@Silvano
qual’è il legame fra agitu gudeta e giulio regeni? non le capisco.
la cosa che più mi amareggia è che tante storie come questa si vengono a sapere quando c’è di mezzo “il morto”. e la meravigliosa Agitu il suo esempio occupa le prime pagine mediatiche come un flash che il telespettatore dimentica subito. ad una sfilata di moda gli si da un servizio più curato e molto più tempo. Su questo dovremmo riflettere e pretendere cambiamenti radicali nel la scelta del cosa come e quanto dire …
Anch’io mi sono chiesta come finirà’ l’azienda di Agitu, come si può’ cercare di mettere in salvo il frutto di tanto dolore e tanta speranza…
Noi abbiamo libera che gestisce i territori strappati alla mafia… non si potrebbe muovere anche in questo caso una comunità’ di Libera…. che faccia conoscere ilLand Grabung in Africa donando ai rifugiati una esistenza qui ?