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di Paolo Cacciari*
Partecipare, in politica, è un verbo dal significato ambivalente. Può voler dire aprire e rendere permeabili le istanze del potere favorendo chi ne è escluso, oppure coinvolgere le popolazioni in decisioni che le rendono ancora più subordinate. Tutto dipende da come avvengono i processi di partecipazione.
C’è stato un momento in cui sembrava che la cittadinanza attiva potesse fare irruzione nelle segrete stanze del potere e innovare alla radice i metodi di governo. Era l’anno 1992, il luogo Rio de Janeiro, l’occasione la Conferenza su ambiente e sviluppo, il soggetto l’Onu, lo strumento l’Agenda per il XXI secolo. Poi vennero anche la Convenzione internazionale di Aarhus, le Carte di Alborg per il governo delle città e, soprattutto, la stagione dei “bilanci partecipativi” sulla scia dell’esempio di Porto Alegre e di altre città brasiliane. L’idea era impegnare le singole comunità locali in “un processo di consultazione e costruzione del consenso tra le parti sociali, al fine di definire ed attuare un Piano di Azione locale ambientale per la sostenibilità urbana” (Agenda 21, Capitolo 28). Attori istituzionali, economici del mercato, sociali, associazioni rappresentative degli interessi collettivi diffusi avrebbero dovuto sedersi attorno ad un tavolo e concordare al meglio le scelte della pianificazione strategica, le progettazioni delle singole opere di pubblica utilità e le modalità di gestione dei vari servizi pubblici. Cos’è rimasto di cotanti buoni propositi?
Una rassegna di ciò che viene fatto in Italia ci è fornito dai rapporti (siamo giunti al 6°) redatti dal Coordinamento delle Agende 21 locali (quattrocento soci fra Comuni, Province, Regioni, altri Enti territoriali), Le città in trasformazione – Buone pratiche per la sostenibilità e la resilienza. Non c’è molto, ma testimonia comunque il permanere di una domanda di “pianificazione dal basso”.
Gli strumenti principali usati dagli enti locali sono i Piani d’azione per l’energia sostenibile (Paes), i Contratti di fiume, i Piani d’Azione sugli Acquisti Verdi, i Programmi internazionali di educazione ambientale ed altre iniziative spesso cofinanziate dal programma europeo Life.
Tra i progetti più meritevoli ne segnaliamo alcuni. Il Comune di Modena che ha realizzato 12.000 metri quadrati di orti urbani. Il comune di Ferrara ha disegnato una mappa dei percorsi pedonali, Metrominuto, assomigliante a quelle della metropolitana nelle grandi città. L’Associazione Servizi per il Volontariato Modena è capofila del progetto di comunità Portobello (una rete mista di appartenenti al mondo del volontariato, imprese e istituzioni), un emporio “speciale” dove è possibile mettersi a disposizione degli altri “come si può”, chi donando tempo o denaro, chi con una attività di volontariato da svolgere presso le associazioni del territorio.
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