All’austerity europea gli Stati uniti rispondono con la bancarotta delle amministrazioni pubbliche locali. La ricetta in questo caso prevede la sospensione di quel che resta della democrazia formale, la rapida privatizzazione di tutti i settori pubblici, l’autorizzazione e dichiarare il fallimento per privare i lavoratori della loro pensione. E’ accaduto per una delle più grandi città degli Usa, Detroit (700 mila abitanti, oltre 4 milioni nell’area metropolitana): nell’ex capitale automobilistica mondiale il 60 per cento dei bambini vive in povertà (l’80 per cento dei residenti sono neri), un terzo dei terreni è inutilizzato, metà delle luci stradali non funziona e la maggioranza dei parchi pubblici è chiusa.
di Sarah Lazare
La giudice distrettuale della Contea di Ingham Rosemarie Aquilina ha deciso venerdì che la denuncia di fallimento di Detroit è «incostituzionale» e deve essere ritirata. La sentenza è arrivata dopo che gli avvocati che rappresentavano i fondi pensione dell’amministrazione cittadina aveva ottenuto un’udienza d’emergenza per bloccare la denuncia di fallimento.
L’avvocato generale del Michigan, Bill Schuette, ha detto che lo stato ora chiederà un’udienza presso la Corte d’Appello del Michigan.
Antecedenti
La denuncia di fallimento della città presentata giovedì dall’amministratore straordinario di Detroit ha suscitato paure che il comune impoverito sia destinato ad accelerare altre misure di privatizzazione che devasteranno ulteriormente i poveri della città.
Nel più vasto caso di fallimento ex articolo 9 [prevede la cessione di patrimonio a soddisfazione parziale o totale dei creditori, ndt] della storia statunitense, la mossa consentirà alla citta di decimare indennità e pensioni dei lavoratori e dei pensionati dell’amministrazione cittadina – i creditori ‘non garantiti’ della città – sventrando i servizi pubblici e distraendo fondi pubblici per rimborsare le grandi banche detentrici del debito cittadino.
I sindacati denunciano che l’amministratore straordinario Kevyn Orr – con il sostegno del governatore del Michigan Rick Snyder – si è affrettato a dichiarare fallimento per sovvertire il processo democratico ed evitare la prescrizione costituzionale del Michigan che impone alle amministrazioni cittadine di onorare gli impegni riguardanti i contratti previdenziali con i pensionati. Il presidente della Federazione statunitense dei Dipendenti statali, di Contea e Comunali, Lee Saunders, ha detto in una dichiarazione rilasciata immediatamente dopo la decisione: «Il piano del governatore Snyder di sospendere la democrazia, di mandare in bancarotta una delle più grandi città degli Stati uniti e di privare i lavoratori della loro sudata pensione è arrivato vicino a diventare realtà oggi quando, senza un solo negoziato con i sindacati, i lavoratori o i pensionati, Snyder ha autorizzato l’amministratore finanziario di Detroit a presentare richiesta di fallimento».
Prima privatizzare, poi dichiarare il fallimento pubblico
Orr – nominato dal governatore Rick Snyder lo scorso marzo – è già stato vituperato per aver promosso un’appropriazione statale dell’amministrazione cittadina guidata dai Repubblicani e per aver spinto un programma delle imprese di privatizzazione che devasta ulteriormente i poveri di Detroit e emargina la maggioranza degli elettori afroamericani della città.
Il New Yorker riferisce che gli elettori del Michigan hanno segnalato la loro disapprovazione della richiesta di fallimento di Detroit: «Lo scorso novembre gli elettori del Michigan, temendo la possibilità che Snyder costringesse Detroit al fallimento, hanno votato un referendum per revocare la legge che gli ha dato il potere di nominare un amministratore straordinario quale Orr. Snyder ha successivamente utilizzato una sessione in decadenza del parlamento dello stato, controllato dai Repubblicani, per far passare una nuova legge che gli attribuiva poteri analoghi a quelli della legge che gli elettori avevano fatto decadere».
L’amministratore non eletto, che è un ex avvocato dell’industria specializzato in diritto fallimentare, ha esercitato i suoi poteri quasi assoluti «d’emergenza» sin dall’assunzione della carica per promuovere piani per tagliar fuori i quartieri poveri da servizi essenziali e per privatizzare i trasporti, l’illuminazione stradale e persino la raccolta dei rifiuti in tutta la città. Nulla si è salvato dal suo piano di privatizzazione rapida: ha persino preso in considerazione la vendita del rinomato museo d’arte della città.
Quasi il 60 per cento dei bambini di Detroit vive in povertà e il 33 per cento dei terreni è inutilizzato in una città in cui più dell’80 per cento dei residenti è costituito da neri. Metà delle luci stradali non funziona e la maggioranza dei parchi pubblici è chiusa.
Fonte: Common Dreams (traduzione di Giuseppe Volpe per Znet Italia, che ringraziamo)
La notizia dell’incredibile fallimento dell’amministrazione locale di Detroit ha ormai fatto il giro del mondo. I servizi pubblici sono al collasso e migliaia di ex lavoratori sono senza pensione. Negli Stati uniti gli economisti liberisti sostengono che il problema sono i 3,5 miliardi di euro di debito per le pensioni (1.500 euro di media, già decurtate negli ultimi anni). In questo articolo Dean Baker del Center for Economic and Policy Research dimostra come in realtà il confronto tra quelle pensioni e i contributi pubblici indiretti (cioè per le assicurazioni private) destinati ad esempio ai manager di Goldman Sachs (una delle più grandi banche d’affari del mondo) è sconvolgente: in pratica in circa tre ore di «lavoro» un manager guadagna più di quanto un tipico pensionato di Detroit ottiene in un anno. Goldman Sachs, ricorda Baker, è stata salvata nel 2008 con il mantra «troppo grande per fallire» e nel 2010 è stata incriminata per aver truffato i propri clienti, ma questo meglio non spiegarlo ai cittadini di Detroit (l’85 per cento dei quali neri, un caso?). Leggi l’articolo di Baker (in inglese) https://www.commondreams.org/view/2013/07/23-1
RAZZISMO E MULTINAZIONALI
Ecco alcuni miti da sfatare a proposito della bancarotta di Detroit: 1. L’industria dell’automobile è in crisi, dunque, dove esserlo per forza anche la città. 2. I sindacati e diritti del lavoro hanno distrutto l’industria dell’automobile e Detroit. 3. La città ha cominciato il suo declino con la rivolta del 1967 (nel luglio di quell’anno, ci furono cinque giorni di insurrezioni, a seguito dell’irruzione della polizia e la chiusura di un bar; durante quei giorni furono uccisi 43 cittadini e più di mille furono feriti, la rivolta ovviamente era un sintomo, non la causa, di una malattia sociale, ovvero l’invadente razzismo, particolarmente quello della brutale polizia composta da bianchi). Insomma, non sono stati certo i sindacati, le rivolte, o le pensioni che hanno devastato oggi la città, spiega questo breve ma ottimo articolo di Scott Martelle, autore di Detroit: A Biography (l’articolo è stato segnalato in un post da Rebecca Solnit, scrittrice e saggista statunitense, da sempre accanto ai movimenti sociali), ma il razzismo bianco, la guerra dei datori di lavori contro i sindacati e la globalizzazione delle imprese multinazionali. http://www.washingtonpost.com/opinions/five-myths-about-detroit/2013/07/26/132c2932-f478-11e2-9434-60440856fadf_story.html
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*Città invisibile è un piccolo collettivo romano che sbircia tra i temi sociali, della decrescita e del pensiero critico
LE DETROIT D’ITALIA SONO GIA’ 53. ALTRE 374 A RISCHIO BANCAROTTA
«Ci sono spazzini con la fascia tricolore, pecore che brucano nelle aiuole per risparmiare il tagliaerba, eserciti di genitori che imbiancano le aule scolastiche. C’è addirittura il sindaco di un paese dell’hinterland milanese che si dice «costretta a risparmiare sulla mandopera che allestisce le tombe». Anche morire diventa un lusso. Le Detroit d’Italia sono 52, abbastanza equamente distribuite tra Nord e Sud: dopo anni di inutili e fantasiosi tentativi di risalire la china, hanno gettato la spugna, hanno fatto bancarotta. Con i sindaci obbligati a lasciare le finanze in mano a un commissario che taglia senza pietà, dai servizi alla persona alla manutenzione delle strade. Non sono casi isolati. Rischiano di finire dietro la lavagna altri 59 municipi, quelli che hanno già dichiarato lo stato di pre dissesto. Comuni che non ce la fanno, chiedono di poter dilazionare i debiti come tante famiglie in difficoltà.
E ci sono 374 paesi e città incamminati sulla stessa strada, il lungo viale verso il default. Sono i Comuni senza possibilità di manovra finanziaria: hanno già portato al massimo le tasse locali. Sono come le famiglie indebitate che arrivano a stento a fine mese: se il figlio si rompe un dente, rischiano anche loro il default….. CONTINUA QUI http://www.dirittiglobali.it/home/categorie/20-welfare-a-politiche-sociali/47083-i-mali-comuni.html
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Città invisibile è un piccolo collettivo romano che sbircia tra i temi sociali, della decrescita e del pensiero critico.