«È successo qualcosa di nuovo e di importante in questo quartiere. Tante persone, delicatezza e passione per ricordare e per aggredire l’indifferenza». Ha ragione Gianluca Peciola, consigliere provinciale: in un post pubblicato su facebook ha descritto con poche parole il «corteo» notturno al Quadraro di martedì 17 aprile, organizzato da cittadini e alcune organizzazioni del quartiere, a cominciare dall’Officina culturale Via Libera, in ricordo del rastrallemento operato dai nazisti nel 1944. Con quel rastrellamento furono deportate 947 persone nei campi di concentramento della Germania.
Tra gli appuntamenti promossi nella serata di martedì, in questo quartiere popolare di Roma sud: alle 21 «Nido di Vespe» di Simona Orlando, reading teatrale a cura della «Compagnia 17 aprile ’44» all’Officina culturale Via Libera di via dei Furi 27. Un’ora dopo «Frammenti di Resistenza», ancora un reading ma itinerante, a cura di «Vlat» (da Via dei Furi a via dei Corneli) con pezzi di storie, voci, date e nomi. Alle 23 circa, infine, «Odio gli indifferenti», reading civile a cura dei cittadini che frequentano e animano il Grandma Bistrot di via dei Corneli 25, nella parte storica del quartiere.
L’Officina culturale Via Libera e il Grandma bistrot sono due punti di riferimento di una «primavera» sociale e culturale della periferia romana, forse poco nota e non priva di limiti, ma molto profonda.
Officina Culturale Via Libera è infatti uno spazio di promozione sociale e di animazione territoriale, un luogo di incontro per ragazzi (in particolare attraverso il Centro aggregativo per pre-adolescenti) ma anche per adulti, messo su dall’associazione Diversamente. «Via Libera – si legge nel sito – è anche un tempo, diversamente orientato rispetto a quello del lavoro e della mercificazione», cioè un vero laboratorio di altra economia che promuove mercati contadini e biologici, il Gruppo di acquisto solidale Quadraro, iniziative di formazione e informazione sulle pratiche di risparmio energetico, utilizzo di energie rinnovabili, riduzione dei rifiuti, e ancora distribuzione di prodotti di consumo quotidiano del commercio equo, percorsi in bicicletta, laboratori di riuso e riciclo e di autoproduzione.
Grandma bistrot invece è una sala da tè che diventa bar (con accesso a internet wi-fi), in grado di ospitare iniziative musicali (live acustici e dj set). La cucina, spiegano i responsabili del locale nel profilo facebook, unisce gli ingredienti della tradizione romana con i sapori internazionali, «la cura con cui le nonne preparano i loro manicaretti, con l’aggiunta di un tocco creativo e contemporaneo, all’insegna di un melting pot culturale che è l’unica vera fonte ispiratrice». Grandma è anche laboratorio catering con servizio di consegna a domicilio e spazio espositivo per artisti.
Insomma, il seme gettato da chi rese noto il Quadraro durante la Resistenza come il covo dei partigiani e dei sabotatori, nonostante i vent’anni di berlusconismo (compreso quello di centrosinistra), sotto traccia ha attecchito.
Città invisibile è un piccolo collettivo attento ai temi sociali e della decrescita, nato all’interno dell’omonima libreria (info [at] editoriadellapace [dot] org) dell’ex mattatoio di Testaccio.
Io vivo in questo quartiere e mi sento molto attaccata alle sue origini. Un locale che nasce all’interno di questo quartiere, il quadraro appunto, ne assorbe sicuramente il senso politico, umano e non solo….. Chi frequenta questa zona o anche chi si avvicina a questa realtà deve apprezzare soprattutto il vissuto, l’estrazione politica e condividerla…..il Grandma non è solo un bel locale, perchè sarebbe riduttivo, proprio perchè sorge in un quartiere ricco di storia vissuta…..avviciniamoci tutti noi praticamente e non teoricamente a delle realtà che condividiamo nel nostro vissuto, nel nostro modo di vivere la nostra vita……non solo perchè fa moda!
«Avviciniamoci…» è un invito bello il tuo, madfly. Conferma, se non altro, un paio di cose: la prima, che le periferie restano ovunque spazi di disgregazione ma anche palestre preziose di trasformazione sociale; la seconda, abbiamo, come singoli e come gruppi che si ostinano a guardare (e sperimentare) il mondo a «testa in giù», l’esigenza forte di raccontare e approfondire i modi con i quali in tanti e tante proviamo ogni giorno a ricomporre i legami sociali, frantumati da una crisi che non è cominiciata solo un paio di anni fa.
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