Costruire comunanze e comunalità non è certo un pranzo di gala. E infatti, al Casale che ospita il Laboratorio sociale autogestito del quartiere romano di Centocelle, abbiamo disposto i tavoli rustici e conviviali della nostra quinta taverna comunale. Dalle lasagne al ragù, vegetariane e vegane alle molte frittate e insalate della diversità e poi, via via così, in crescendo, fino alla crema pasticcera artigiana. S’è mangiato, bevuto e suonato a conclusione di due giornate di incontri del nostro tipo con tanti racconti e molta sana indignazione (qui altre foto). Abbiamo chiesto a Pina del Casale, che è stata anche la prima ideatrice di queste giornate, di raccontarle ai lettori di Comune. Con un collegamento da Parigi s’è cercato di approfondire la portata di un accordo mediatico sul cambiamento del clima che piace tanto agli ambientalisti di governo ma non ferma certo il treno impazzito di un’umanità lanciata ad alta velocità verso il baratro. Con la presentazione di un libro sulle esperienze di riconversione e il racconto delle straordinarie e plurali esperienze di vita negli ecovillaggi, abbiamo provato a indicare uno dei percorsi di ricerca possibili per uscire dalla pista scoscesa dell’autodistruzione. Sì, c’è molto da fare, nel 2016, ma intanto auguri
di Pinilla De Girolamo
Al Casale l’11 e 12 dicembre si sono incontrate conoscenza e convivialità, una dimensione sociale e politica, coronata dal buon cibo preparato dalle amiche e gli amici di Comune, tra volti nuovi e conosciuti, canti, chiacchiere e qualche brindisi alla Madre Terra. Due pomeriggi intensi e una serata alla Taverna Comunale, preziosi, rigeneranti. A molti sono sembrati troppo brevi per l’intensità degli stimoli e la naturale necessità di sedimentarli e condividerne poi spunti e riflessioni. C’è un bisogno diffuso di riflettere insieme, di ampliare lo sguardo, la conoscenza sul presente e gli strumenti di cambiamento. Possiamo connettere esperienze differenti e creare nuovi ponti umani, sociali, politici.
Venerdì pomeriggio ci siamo ritrovati attente/i ascoltatrici, attorno ad un grande cerchio, nell’incontro con l’esperienza degli ecovillaggi. Ci siamo predisposti all’ascolto massaggiando l’uno le spalle dell’altro. Volevamo lasciare le tensioni della giornata e connetterci più profondamente al qui e ora, al presente dell’incontro nel gruppo. Ho partecipato così alla piccola magia di un ascolto, come non ne avevo mai visti nei tipici incontri romani, spesso caratterizzati da incontinenza verbale, frequenti interruzioni, sussurri a commento, chiacchiere di sottofondo e un ascolto raramente attivo.
La voce di Francesca Guidotti, presidente della Rete italiana villaggi ecologici, il suo racconto, un silenzio attento, poche domande. Francesca ci ha ricordato il significato simbolico e concreto del cerchio, emblema tradizionale e sacro di ciò che non ha inizio né fine, uno spazio ideale per incontrare lo sguardo degli altri, percepire l’interdipendenza e l’uguaglianza dei membri del gruppo e il loro comune potere. Il cerchio, nel suo utilizzo, denso di significazione per i partecipanti, può aiutare l’interesse collettivo ad emergere, dare spazio all’ascolto profondo, all’intenzionalità dell’incontro con l’altro, alla consapevolezza della profonda interdipendenza che ci lega come esseri viventi, umani e non. Racconta chi ha scelto di vivere in un ecovillaggio che passare da una società gerarchica e individualista a una società basata sul cerchio è un passo che richiede anni di prove e sperimentazione. Affinchè si eserciti la funzione di uno spazio dedicato alla comunicazione efficace, servono però: molta consapevolezza, una matura capacità di ascolto fuori dalla pratica del “botta e risposta”, uno sforzo di chiarezza del pensiero e una differente intenzionalità nella presa di parola.
La visione del breve documentario sulla Comune di Bagnaia, un racconto della costruzione consapevole di una comunità, è parsa insieme delicata e intensa. Un intreccio di voci e immagini, riflessioni, racconti di una comunità che esiste ormai da più di 30 anni e resiste all’omologazione liberista con passione, costruendo cambiamento e coesione, interrogando il suo presente e quello del mondo. Ecologisti, attivisti, pacifisti, animatori territoriali di diverse generazioni sperimentano ogni giorno la complessità del costruire comunità, aiutandosi. Le immagini mostrano l’utilizzo consapevole di strumenti che facilitano i processi decisionali partecipati, che aiutano a rendere costruttivi i conflitti ed efficace la comunicazione per superare i limiti dell’educazione e della cultura individualista ed egoica di cui siamo tutti profondamente intrisi.
Un Ecovillaggio è un laboratorio umano di ricerca e sperimentazione sociale, ecologica, economica, culturale, fondato sull’idea che un mondo diverso è possibile da subito. Con il termine Ecovillaggio si rappresentano esperienze eterogenee, unite da alcune caratteristiche comuni: la dimensione abitativa comunitaria, il processo decisionale partecipato e la risoluzione costruttiva dei conflitti, l’educazione olistica e l’attenzione al soddisfacimento dei bisogni umani di sviluppo e auto-realizzazione, l’agricoltura biologica e il rafforzamento di una economia locale ecologica, l’utilizzo di principi di permacultura, la costruzione o il recupero con principi ecologici, la riduzione degli sprechi, l’attenzione all’impronta ecologica personale e collettiva, l’utilizzo dei rifiuti come risorsa e di sistemi di energia rinnovabili. Diffuse ormai in tutti i continenti (America del nord centrale e del sud, Asia, Australia e isole del Pacifico, Europa Africa e Medio Oriente), le diverse comunità hanno imparato a connettersi e valorizzare la diversità, incontrandosi in una rete nazionale (Rive) e mondiale (il Gen, Global Ecovillages Network).
È qui che si tessono i fili larghi di un patchwork fatto di comunanza e differenza, di colori e disegno su trama, da cui emergono nuove progettualità e nuove ricerche comuni che arricchiscono la vita anche delle singole comunità. Le comunità ecologiche non rappresentano vie di fuga dalla realtà o dimensioni personali autoreferenziali, ma esperienze significative di costruzione di mondi possibili, esperienze connesse al presente in una dimensione locale e globale. L’organizzazione di volontari in partenza per la Grecia, per prestare prima accoglienza e soccorso ai profughi delle guerre, delle crisi climatiche, della povertà, è solo uno tra gli ultimi progetti internazionali del Gen.
Sabato pomeriggio, in una sala del Casale ancora piena e attenta, abbiamo dialogato con la nostra amica Marica Pierri dell’Associazione A sud, che si trovava a Parigi per seguire da vicino il vertice sull’accordo globale per la lotta al cambiamento climatico. La nostra discussione si è aperta sul vivo dei problemi veri, fuori dalla retorica dei comunicati ufficiali e dai plausi delle grandi imprese mondiali, che da soli basterebbero però a rivelarci le tragiche verità che si nascondono dietro un accordo molto mediatico. Gli impegni specifici dei singoli paesi (Indc) sono vincolanti ma privi di controlli e sanzioni. Sono finalizzati a stabilizzare l’aumento della temperatura al di sotto dei 2°C con un impegno a raggiungere gli 1,5°C” a partire dal 2020. La verifica dell’Accordo è prevista solo nel 2023! Viene da sorridere amaramente, magari ripensando a una vecchia cover del 1970, era intitolata “Nel 2023”, parlava dei millenni del futuro e la cantava una Caterina Caselli poco più che ventenne.
Di quale drammatico futuro stiamo parlando oggi, lo svelano i documenti di 2500 scienziati e degli ambientalisti che testimoniano la gravità e l’ingiustizia della crisi climatica. “Non c’è più tempo“, dirà, chiuso il collegamento con Marica, Alberto Castagnola (che ha curato il dossier sul clima Il bivio di Parigi). I dati esposti spiegano in modo inequivocabile ad un pubblico che non sembra ancora del tutto consapevole cosa sta accadendo al nostro pianeta. Tra le conseguenze più esplicite del cambiamento del clima, per esempio, come ricordano le previsioni dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim), ci sono i 250 milioni di profughi ambientali forzati del 2050. Neanche gli allarmi del Fondo monetario internazionale sul cambiamento climatico come minaccia per la stabilità dei mercati sono riusciti a determinare un vero cambio di rotta. Nessun taglio ai 5.300 miliardi di dollari l’anno di sussidi alle compagnie del carbone e del petrolio, nessun cenno alla necessità di cambiare il modello e convertire il sistema produttivo, nessun richiamo alla responsabilità delle grandi imprese; nessuna richiesta di risarcimento per i danni provocati all’ambiente e alle popolazioni oggi e nell’immediato futuro e infine, men che meno, un sostegno a una transizione economica e ambientale climaticamente sostenibile.
C’è molto da fare. L’incontro con Riccardo, Alberto, Laura, Marica e tutte le altre/i ha svelato a molti di noi aspetti nuovi, richiamandoci alla responsabilità nelle scelte personali e collettive e alla necessità di costruire un’alternativa radicale che includa, in modo finalmente non secondario, la questione climatica. Possiamo e dobbiamo agire contro ogni impatto contaminante, contribuire a costruire e rafforzare le reti di economia alternativa e solidale, sostenere la riconversione del sistema economico e produttivo. Il dopo Cop21 ci invita a cooperare per tessere una rete diffusa, nazionale che connetta le lotte territoriali e mondiali contro la distruzione del pianeta e delle popolazioni più esposte. La battaglia sulla giustizia climatica e la conversione ecologica coincide oggi con ogni battaglia per il reddito, con il diritto alla qualità della vita, alla salute e all’educazione.
Questa nostra seconda serata si è chiusa con la presentazione di un libro appena uscito. Si chiama “La Riconversione: un’utopia concreta. Idee, proposte e prospettive per una conversione ecologica e sociale dell’economia”, è stato curato da Marica Pierri, Silvano Falocco e Laura Greco e contiene una presentazione di Naomi Klein. Raccoglie molti contributi, punti di vista diversi utili alla composizione di “un’antologia di riflessioni teoriche, strumenti concreti ed esperienze in marcia per riconvertire il modello economico rendendolo sostenibile, giusto e redistributivo” come è scritto nella presentazione. Laura Greco ce ne ha parlato citando le molte straordinarie esperienze esistenti, quelle di altra economia e conversione produttiva, le fabbriche recuperate come la Ri-maflow e Officine Oz, le reti contadine e i distretti di economia solidale. Nel libro si parla anche della Proposta di Legge regionale per la Riconversione Ecologica e Sociale, elaborata attraverso un processo di scrittura partecipata da una rete di realtà sociali, sindacali, datoriali e istituzionali nel Lazio.
Quando la discussione ha ceduto il testimone alla necessità di render protagonista l’arte della manutenzione della forchetta, in pochissimi minuti sono comparsi i tavoli e la Taverna Comunale ha dispiegato, come in precedenti occasioni, infinite potenzialità: dalle lasagne al ragù, vegetariane e vegane fino alla crema pasticcera artigianale che decorava il pandoro. Tanta allegria e convivialità non poteva poi non richiamare qualche nota, la degna sigla di chiusura di due gran belle giornate. Non sarà mica un caso che, uscendo, sono stati in molti a domandare: ma per un prossimo incontro del genere al Casale c’è da aspettare molto?
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