La campagna mine ha lanciato una petizione per impedire il supporto finanziario ai produttori di bombe a grappolo #NOMONEY4BOMBS
di Tibisay Ambrosini
La comunità internazionale forte dell’esperienza positiva del percorso realizzato per la messa al bando delle mine ha applicato e replicato il successo, con la messa al bando delle munizioni cluster (bombe contenenti sub munizioni), ordigni indiscriminati che hanno ucciso migliaia di civili. Si ritiene che il numero di “incidenti” dovute a cluster sia all’incirca pari a 55.000. Come per le mine sono ordigni in grado di provocare morte anche dopo la fine del conflitto. Ci sono zone inquinate da cluster in ogni regione del mondo.
La Convenzione sulle Munizioni Cluster (Ccm) fu aperta alla firma il 3 dicembre 2008 ad Oslo, ed è entrata in vigore il 1 agosto del 2010. L’Italia ha firmato in occasione della cerimonia di Oslo e ha ratificato nel settembre del 2011. Ad oggi sono 116 i paesi che hanno firmato e 89 quelli che hanno ratificato. Molti gli sforzi che a livello internazionale proseguono per liberare il mondo da questi ordigni. Malgrado tutto questo, l’uso delle cluster continua in scenari di guerra come la Siria, l’Ucraina e il Sud Sudan.
Questo avviene non solo perché ancora ci sono paesi che non hanno aderito alla Convenzione. C’è un altro terreno, oltre a quello politico-diplomatico, dove vanno contrastate queste armi e il loro proliferare: il settore finanziario. Secondo il report Worldwide Investments in Cluster Munitions: a shared responsibility redatto dall’Associazione Pax , sono 151 gli istituti finanziari nel mondo che hanno investito dal 2011 al 2014 circa 27 miliardi di dollari in compagnie produttrici di munizioni Cluster.
L’Italia nella sua legge di ratifica della Convenzione sulle Munizioni Cluster (95/2011) indica l’assistenza finanziaria a chi produce, commercia, detiene o trasporta cluster come reato penale, ma non ne definisce i confini di applicazione ai diversi strumenti finanziari.
La Campagna Italiana contro le mine (Cicm) e la Rete Italiana per il Disarmo (Rid) hanno sostenuto la promozione di una legge separata, più dettagliata e che meglio specificasse i vari canali attraverso i quali i finanziamenti possono – attraverso banche o istituzioni finanziarie italiane – arrivare ad aziende che continuano a produrre ordigni con effetti indiscriminati banditi dal nostro Paese. Si tratta di un disegno di legge volto a impedire il finanziamento e il sostegno delle imprese produttrici di mine antipersona, munizioni e sub-munizioni cluster, da parte delle banche, delle Sim, delle società di gestione del risparmio, delle Sicav, dei fondi pensione, delle Fondazioni bancarie e, comunque, di tutti gli intermediari finanziari.
Il progetto di legge è stato presentato alla commissione Finanze della Camera e approvato in via definitiva il 18 dicembre 2012 con tutti pareri favorevoli delle Commissioni: Affari Costituzionali, Esteri, Difesa Bilancio, Giustizia ed attività Produttive. Caduto il governo il Ddl ha dovuto ricominciare il suo iter. Ripresentato sia alla Camera che al Senato nel marzo 2013, malgrado avesse già superato definitivamente l’esame della Commissione Finanze nella precedente legislatura (XVI) non è riuscito ad ottenere una calendarizzazione certa, rimanendo relegato all’immobilismo totale in tutti e due i rami del Parlamento.
La Campagna Italiana contro le mine, in occasione del mese di sensibilizzazione sul disarmo che celebra ogni anno dal 1 marzo al 4 aprile (Giornata internazionale UN sul problema delle mine e ordigni inesplosi e sostegno alla Mine Action) ha lanciato una petizione per chiedere al Parlamento di riprendere, nel più breve tempo possibile, l’iter di discussione del DDL per vietare investimenti finanziari su ordigni proibiti da convenzioni internazionali sottoscritte e ratificate dal nostro Paese.
È giusto che i cittadini sappiano che i loro soldi, i loro fondi pensione, i loro risparmi, potrebbero essere impiegati per finanziare, direttamente o indirettamente, armi come mine antipersona e bombe a grappolo che uccidono civili innocenti e che, loro stessi, hanno contribuito a mettere al bando. La petizione mira a raccogliere nel più breve tempo possibile 10.000 adesioni on-line, basta metetre solo nome, cognome, data di nascita ed una mail che saranno inviate al presidente del Senato Pietro Grasso e alla presidente della Camera Laura Boldrini affinché supportino la ripresa dell’iter del Ddl
Aver messo al bando le cluster e non fermare gli investimenti che contribuiscono a produrle significa lasciare un lavoro a metà, e non mantenere fino in fondo l’impegno preso con le popolazioni civili che ne soffrono le conseguenze, di liberare il mondo da questi ordigni indiscriminati.
Per firmare la petizione vedi qui
DA VEDERE
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