Riecco in campo Mario Draghi. Incaricato mesi fa dalla Commissione Europea di scrivere un rapporto sulla competitività, il “nostro” si è presentato in questi giorni con un documento di oltre quattrocento pagine dalla presidente Ursula von der Leyen per spiegare quale direzione dovrà intraprendere nei prossimi anni l’Unione europea al fine di non perdere il passo della competitività internazionale: armi, armi e ancora armi.
Forse memore delle lezioni di gioventù con il prof Federico Caffè, Mario Draghi fa una virata keynesiana sull’economia europea a un unico scopo: mettere a disposizione il massimo dei fondi pubblici per il settore della difesa e per l’industria della produzione di armi.
“Con il ritorno della guerra nel vicinato dell’Ue, l’emergere di nuovi tipi di minacce ibride e un possibile spostamento dell’attenzione geografica e delle esigenze di difesa degli Stati Uniti, l’Ue dovrà assumersi una crescente responsabilità per la propria difesa e sicurezza”. Questa la premessa del rapporto, dalla quale si evince come la guerra sia considerata come un evento al pari di altri e, come tale, utilizzabile come stimolo per la mitica “crescita” dell’economia.
Ed ecco in sintesi le raccomandazioni di cui far tesoro.
Uno. Aumentare sensibilmente la spesa dei singoli Stati e dell’Unione europea nel settore della difesa e dell’industria degli armamenti; del resto, chiosa re Mario, “l’Ue attualmente spende per le armi non più di un terzo di quanto investono gli Stati Uniti”.
Due. Favorire una centralizzazione a livello europeo dell’industria militare e dei finanziamenti alla stessa e, per far questo, l’Ue dovrebbe chiudere un occhio sulle fusioni fra aziende, invece di mettere dei paletti in nome della concorrenza; del resto, avverte Draghi, “la base industriale della difesa sta affrontando sfide strutturali in termini di capacità, know-how e vantaggio tecnologico, di conseguenza l’Ue non sta tenendo il passo con i suoi concorrenti globali”.
Tre. Aprire le porte dei finanziamenti europei alle industrie delle armi, ovvero modificare lo statuto della Bei (banca europea per gli investimenti) che, allo stato attuale, esclude i progetti militari e di difesa dall’elenco delle attività che possono essere finanziate; del resto, suggerisce l’ineffabile Mario, “la Banca europea degli investimenti, con un totale di bilancio di 544,6 miliardi di euro, è la più grande istituzione finanziaria multilaterale del mondo per asset e il più grande prestatore multilaterale, con prestiti erogati e promessi per 562 miliardi di euro nel 2022 rispetto ai 171 miliardi di dollari della Banca Mondiale”.
Ecco in sintesi il Draghi-pensiero, che ha già fatto luccicare gli occhi ai grandi gruppi del complesso militare-industriale europeo e che troverà sicuramente un ascolto trasversale dentro l’Unione europea.
Povertà, disuguaglianza sociale, crisi ecologica e climatica possono aspettare. “(…) e sempre in fila per tre / marciate tutti con me / e ricordatevi i libri di storia / noi siamo i buoni perciò / abbiamo sempre ragione / e andiamo dritti verso la gloria”[1]
[1] Dalla canzone “In fila per tre” di Edoardo Bennato
Marco Bersani ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura
Franco Casagrande dice
Prendo la palla al balzo, per unire il ragionamento di Marco, con il contenuto di Presa Diretta di ieri. Jacona ha trattato di molta roba, ovvero le conseguenze dell’ adesione alla Nato di Svezia e Finlandia, con conseguenti enormi manovre militari, verso il confine russo. Con il relativo impatto su quelle società ex neutrali, ora con l’elmetto in testa. E non poteva mancare qualche conto della serva, in merito alle spese militari vive, che questo terrificante riarmo comporta. Nel 2023 l’Europa atlantista ha speso circa 550 miliardi di euro. Mentre nell’ anno in corso sarà ancora più alta. Per cui, se il “dragster” e l’amichetta cinica presidenta europea, hanno per adesso parlato di una manovra da 800 miliardi di euro, ovviamente da andare a prelevare nelle tasche delle fasce più deboli della popolazione europea, forse si riesce ad identificare qualche nesso concreto?… Ovviamente si dovrà tenere conto delle barcate di miliardi di armamenti europei da “donare” all’ Ucraina, i quali qualcuno dovrà pur pagarli. Certamente non i destinatari…
ANNA dice
Mentre noi comuni mortali per avere una visita specialistica aspettiamo come minimo 6 mesi. Perché il sig.Draghi e la sig. Von der Leyen no provano a vivere un anno da normali pensionati italiani? Non dico con la minima, ma quasi. Scenderebbero dal loro mondo fasullo ed assaggerebbero la realtà che vive la maggioranza