Si è formalmente conclusa un’altra stagione tremenda per quel che riguarda i danni all’ambiente e i cambiamenti climatici. Alberto Castagnola riprende la sua abituale ricognizione retrospettiva sulle temperature e le concentrazioni di anidride carbonica record, gli incendi, l’innalzamento dei mari, le alluvioni e tutti gli altri fenomeni estremi che segnalano quella che è ormai, agli occhi di tutti, molto più che una minaccia. Da sottolineare il paragrafo dedicato ai meccanismi economici che generano o rendono più gravi i danni ambientali

- Clima, i dati globali
Alcuni dati, sia pure puntuali e limitati, evidenziano livelli molto elevati delle temperature, ad esempio in India e in Pakistan, dove sono stati toccati i 50 gradi centigradi. Si segnalano anche concentrazioni record di anidride carbonica nell’atmosfera a maggio, che ha ormai raggiunto un livello che supera del 50% quello dell’era preindustriale. E’ il dato più alto da più di quattro milioni di anni e la fonte è molto attendibile, cioè l’agenzia federale statunitense Noaa.
Il 5 giugno è apparsa su “Domani” una serie di grafici e di dati, che confermano questi andamenti in crescita. In primo luogo, una serie di grafici relativi a molti paesi e al periodo 1971-2000 (per l’Italia fino al 2020), tutti in aumento negli ultimi decenni. Inoltre si documenta che gli oceani sono diventati sempre più caldi a partire dal 2000 e la temperatura nel 2021 ha raggiunto il valore più alto fin qui registrato. Per l’ Italia, il calore è aumentato a partire dagli anni ’90, in particolare il Tirreno si è riscaldato a partire dal 2000, con punte più elevate dopo il 2010. Più in generale, si considerano ondate di calore quando per almeno sei giorni si registrano temperature anomale estremamente elevate. Dagli anni ’80, l’aumento è stato notevole e oggi ci sono circa 17 giorni in più con onde di calore rispetto alla media degli ultimi trent’anni. A conferma di queste tendenze, una serie di ondate di caldo in rapida successione ha colpito l’Europa sud occidentale e centrale negli ultimi giorni del giugno 2022.
Temperature elevate persistenti e condizioni di siccità in alcune parti del Mediterraneo hanno portato a condizioni estreme di pericolo di incendi nella regione durante l’estate 2021. In particolare in Turchia e Grecia durante la scorsa estate sono bruciati oltre 50.000 ettari di bosco, la cifra più alta finora registrata. Nei mesi di luglio e agosto nei paesi di tutto il Mediterraneo, Italia compresa, sono bruciati oltre 800mila ettari.
L’altro fenomeno documentato è l’innalzamento del livello dei mari, che la fonte qui utilizzata documenta per Venezia. Nella città il livello del mare è aumentato, dal 1872 al 2019, di 2,53 millimetri all’anno e solo in parte il dato risente dall’abbassamento del suolo. Risulta evidente l’aumento del numero di alte maree di circa 110 centimetri a partire dagli anni ’60, poichè all’inizio del secolo scorso si verificava in media un alta marea all’anno, mentre negli ultimi anni la media si è alzata a 5-6 alte maree ogni anno.
Un altro fenomeno legato alle temperature in rapido aumento riguarda la tundra siberiana, poichè la linea degli alberi sta avanzando verso nord e guadagnando terreno a scapito della tundra, un habitat particolare composto da piante ed animali capaci di sopravvivere in un ambiente freddo e ostile. Infine, la prima decade di giugno di quest’anno ha confermato il precoce inizio di estate in Italia.
L’aria dell’anticiclone nordafricano ha fatto salire le temperature massime sopra i 35°al centro sud, con picchi fino a 40° in Puglia e Sardegna. In particolare, i 40,4° registrati alla stazione meteorologica di Alghero-Fertilia segnano un nuovo record per il mese di giugno in 76 anni di osservazioni.
Il nord del paese, invece è stato raggiunto da correnti atlantiche che hanno causato temporali che hanno provocato gravi danni localizzati a causa di pioggia intensa, grandine e vento. Tra le situazioni più preoccupanti ci sono le condizioni climatiche ad alta quota: la combinazione tra un inverno poverissimo di neve e un maggio tra i più caldi di sempre ha fatto sì che sui ghiacciai l’innevamento sia stato ai minimi storici, con una situazione che sarebbe stata normale per la seconda metà di luglio.
Il primo giugno i rilievi condotti sul ghiacciaio Ciardoney (3000 metri Gran Paradiso), hanno rivelato spessori tra i 25 e i 165 centimetri, mai così poco in trent’anni di misurazioni, mentre il pianoro di fronte al ghiacciaio, dove in questo periodo di norma ci sono ancora due metri di neve, era punteggiato da sassifraghe in fiore. Insomma ci sono tutti i presupposti per una estate molto difficile per tutti i ghiacciai alpini. (L’Essenziale dell’11 giugno 2022) .
Infine, secondo la Noaa, la stagione degli uragani nell’Oceano Atlantico sarà più intensa del solito. Si prevedono tra 14 e 21 tempeste, e di queste fino a sei diventeranno uragani maggiori.
- Eventi climatici più importanti in alcuni paesi.
Cicloni. Almeno tre persone sono morte nel passaggio dell’uragano Agatha su Cuba, e migliaia di case sono rimaste senza elettricità, in precedenza l’uragano, con venti a 165 chilometri all’ora, aveva causato nove vittime e sei dispersi nello stato di Oaxaca, nel sud del Messico.
Alluvioni e frane. Almeno cento persone sono morte nelle frane e nelle alluvioni causate dal passaggio di una tempesta su Recife, nello stato del Pernambuco, nel nord est del Brasile, 14 persone risultano disperse, successivamente il numero delle vittime è salito a 128, mentre a febbraio 233 persone erano morte nelle frane a Petropolis, nello stato di Rio de Janeiro.
Dieci persone sono morte nelle alluvioni che hanno colpito la provincia dell’Hunan, nel centro della Cina. Circa 290mila persone sono state trasferite e più di 2700 abitazioni sono state distrutte o danneggiate. Dall’inizio di maggio almeno 15 persone sono morte in una serie di frane in Guatemala a seguito di piogge torrenziali.
Quasi cento persone sono morte nelle alluvioni e nelle frane causate dalle piogge monsoniche che hanno colpito il nord est dell’India e il Bangladesh. Molti abitanti della zona sono stati uccisi dai fulmini.
Incendi. Un incendio ha distrutto 3500 ettari di vegetazione in Andalusia, nel sud della Spagna. Duemila persone sono state costrette ad abbandonare le loro case. Un incendio ha distrutto trentamila ettari di vegetazione sulla Sierra de la Culebra, una catena montuosa nel nordovest della Spagna.
Infine, una tempesta di sabbia proveniente dalla Mauritania ha raggiunto Dakar, la capitale del Senegal.
- Meccanismi economici all’origine di danni ambientali
Gli sversamenti di petrolio in mare potrebbero essere più frequenti di quanto si è finora pensato. Un gruppo di ricercatori ha analizzato i dati relativi a più di 450mila chiazze di idrocarburi presenti nei mari e negli oceani, basandosi sulle immagini raccolte dai satelliti dell’Esa tra il 2014 e il 2019. Sono state rilevate più chiazze di quanto previsto, dovute in alcuni casi a eventi naturali ma molto più spesso a perdite da piattaforme petrolifere, oleodotti e navi, nel complesso il 94% è legato ad interventi umani. Le chiazze si concentrano entro 160 chilometri dalle coste e lungo le rotte navali. Tutti questi dati evidenziano la gravità dei danni arrecati all’ambiente marino dalle attivvità umane.
Pfas, le plastiche che fanno disastri. Dall’inizio della pandemia, piatti e bicchieri monouso in cellulosa vengono impiegati sempre più frequentemente in sostituzione della plastica. Ma nella maggioranza dei casi questi prodotti vengono realizzati con sostanze chimiche perfluoroalchiliche, note come Pfas e potenzialmente dannose per la salute. Sono migliaia e, pur non essendo presenti in natura, vengono impiegate dagli anni ’40 in poi in numerosi ambiti: dal tessile alla cosmesi fino all’alimentare, in particolare per la impermeabilizzazione dei contenitori di alimenti. Tra i maggiori produttori di polpa di cellulosa ci sono il Vietnam e la Cina, ma l’Ue non ha ancora approvato alcuna normativa in materia.
Nel settembre 2020 l’Efsa, autorità europea per la sicurezza alimentare, ha stabilito una nuova soglia di sicurezza per i principali Pfas che si accumulano nell’organismo, ma è al momento solo una raccomandazione scientifica che non trova corrispondenza in ambito normativo, cioè non non esistono ancora leggi e normative che impongano limiti ben definiti e relativi sistemi di controllo.
I Pfas vengono usati in modo trasversale, li si trova nei prodotti per la pulizia dei tappeti e pavimenti, nei detersivi, nei trattamenti impermeabilizzanti, nei coloranti di pelli e tessuti, all’interno di pesticidi e insetticidi, nei prodotti per la cromatura dei metalli, nelle schiume antincendio, nelle pellicole fotografiche, in alcuni cosmetici, nello shampoo e nei dentifrici. Il testo qui utilizzato (apparso nell’Extra Terreste allegato a il manifesto del 16 giugno 2022), contiene molti altri elementi di analisi per sostenere una azione di difesa contro prodotti così dannosi, pervasivi e diffusi, che ancora non hanno attirato l’attenzione degli organismi pubblici.
La copertina di Internazionale n.1466 (24-30 giugno 2022) ha un titolo inequivocabile e non può non attirare tutti coloro che si preoccupano per l’ambiente. “Per salvare il clima bisogna fermare le aziende del gas e del petrolio, SUBITO”. Il sottotitolo è ancora più impressionante:”Le aziende dei combustibili fossili hanno già approvato enormi progetti per lo sfruttamento di nuovi giacimanti, che porteranno l’aumento delle temperature globali oltre tutti i limiti fissati dagli accordi internazionali”.
Il testo è pieno di dati e informazioni e dovrebbe diventare uno strumento di base per ogni azione volta ad affrontare realmente il futuro del nostro pianeta. Vediamo alcuni dati . Negli ultimi trent’anni la ExxonMobil, la Shell, la Bp e la Chevron hanno guadagnato quasi duemila miliardi di dollari. I piani di espansione a breve termine prevedono il lancio di una serie di progetti che produrranno una quantità di gas serra equivalente a dieci anni di emissioni di anidride carbonica della Cina, la più grande inquinatrice del mondo. Tra questi piani ci sono 195 bombe climatiche, ognuna delle quali comporterebbe l’emissione di almeno un miliardo di tonnellate di anidride carbonica nell’arco della loro vita, per un totale equivalente più o meno a 18 anni delle attuali emissioni globali. Circa il 60% di questi progetti è già attivo. La guerra in Ukraina ha spinto ancora più in alto i prezzi del petrolio e del gas, incentivando ulteriormente le scommesse su nuovi campidi ricerca e infrastrutture che resteranno in funzione per decenni.
I piani di espansione a breve termine di aziende come la ExxonMobil e la Gazprom sono giganteschi. Nei prossimi sette anni lanceranno progetti di espansione per un totale di 192 miliardi di barili di petrolio, pari a dieci anni delle attuali emissioni della Cina. Un terzo dei piani riguarda processi “non convenzionali” e rischiosi, come il fracking (fratturazione idraulica) e l’estrazione in acque profonde, 192 miliardi di barili sono sono divisi in parti più o meno uguali tra liquidi (come il greggio) e gas. Bruciandoli si produrrebbero 73 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. Ma il gas metano è di per sè un potente gas serra, capace di trattenere nell’arco di 20 anni 86 volte più calore dell’anidride carbonica e durante la sua lavorazione si verificano costantemente delle perdite.
Liberare il mondo dai combustibili fossili è ancora più difficile a causa dei ricchi sussidi pubblici di ciascun Stato di appartenenza, che rendono questi carburanti molto più convenienti rispetto al loro costo reale, e se si tiene conto dei danni provocati (l’inquinamento dell’aria uccide sette milioni di persone ogni anno).
L’aiuto finanziario diretto è molto rilevante, ma l’aiuto rappresentato dal fatto di non pagare i danni che provocano è molto più grande. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, se si considerano i danni causati dal cambiamento climatico e dall’inquinamento dell’aria, i sussidi arrivano a toccare i 6000 miliardi di dollari all’anno. E l’attuale crisi energetica ha spinto molti governi ad aumentare i bonus per i consumatori.
Infine, alcuni dati sull’utilizzo di acqua in Italia, dove l’insufficienza degli investimenti pubblici nel settore per ridurre gli sprechi e migliorare la utilizzazione è da troppo tempo un problema irrisolto. Secondo il diritto minimo all’acqua fissato dall’Onu, il consumo diretto dovrebbe essere di 40-50 litri per persona al giorno, mentre in Italia la media nazionale è di oltre 200 litri. Nel nostro paese ne consumiamo tanta e ne disperdiamo troppa.
Nel 2020, secondo i più recenti dati dell’Istituto di Statistica, sono andati persi 41 metri cubi di acqua potabile al giorno per ogni chilometro di rete nei capoluoghi di provincia o città metropolitane, cioè 0,9 miliardi di metri cubi in un anno sui 2,4 miliardi totali. Il 36, 2 per cento dell’acqua per uso civile immessa in rete, in leggero calo rispetto al 37,3% del 2018. Si tratta di un volume cospicuo che riuscirebbe a soddisfare le esigenze idriche di circa dieci milioni di persone. L’uso civile è solo il 18% dei circa 26 miliardi di metri cubidi acqua consumati ogni anno. Il 55% è legato agli usi agricoli, e il 27% a quelli industriali.
Però anche i modelli agroalimentari sono la prima causa di spreco. Un chilo di carne bovina richede fino a 20.000 litri di acqua, un chilo di grano 1000, un chilo di zucchero 1700, un chilo di cioccolato 17.000. Oltre a modificare su larga scala questi modelli di utilizzo, sarebbe poi necessario un intervento di manutenzione su tutti gli acquedotti e la revisione delle reti fognarie.
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