Una risposta collettiva promossa dal basso da un gruppo di associazioni di volontariato, un social market che serve circa seicento nuclei familiari attraverso la pratica del recupero e della donazione alimentare: Marina Mastropierro, sociologa e collaboratrice di Comune-info, qui di seguito racconta l’Emporio di Parma ma soprattutto la ricerca (avviata dall’Emporio) sulle nuove povertà, di cui Marina Mastropierro è responsabile insieme a Vincenza Pellegrino.
È in corso una ricerca sociale a Parma per a capire il fenomeno delle «Vecchie e nuove povertà nel comune di Parma». Si tratta di una ricerca commissionata dal Centro Servizi Volontariato di Parma/Forum Solidarietà all’Università con lo scopo di mettere luce su una problematica sempre più estesa ma sempre meno considerata prioritaria nelle agende dei governi locali e centrali. Una ricerca per interrogarsi sull’entità del fenomeno a Parma, sulle sue caratteristiche e peculiarità, problematiche e conflittualità, e infine ci cimentano sulla messa a punto e definizione di nuovi modelli di approccio al fenomeno «povertà».
Il povero non è più il miserabile verso cui esprimere compassione nella distanza, non è più il soggetto da dare in pasto ai servizi sociali senza porre attenzione alla dimensione emotiva e psicologica che caratterizza la sua specificità storica e culturale. Insomma, il povero non è più il soggetto indifeso e vulnerabile che attraversa il nostro immaginario sulla povertà, ma irrompe con tutta la sua forza a turbare il quieto e ben protetto svolgimento delle nostre vite. I docili si trasformano in mostri, in fantasmi che avevamo rimosso ma che rappresentano i dietro le quinte della nostra ricchezza, quello che potremmo da un momento all’altro divenire, ciò che pensavamo il progresso non avrebbe mai potuto produrre. Eppure il lavorìo incessante del capitale restituisce le sue ombre, non più stipate in luoghi precisi del pianeta ma disperse su territori a noi così vicini. Ciò che la sovrapproduzione del capitalismo moderno ha smaltito in aree geografiche distanti dai centri produttivi e nevralgici del capitalismo ritorna a popolare i paesaggi sognanti e smaltati della ricchezza e del benessere diffuso. È così che nuovi poveri si affacciano sui nostri scenari urbani, sempre più complessi e globalizzati, e si mischiano con le vecchie forme di povertà formando un universo composito e liquido che include anche i working poor. Lo stato sociale si è intanto dissolto e i riferimenti culturali e normativi delle politiche sociali, che fungevano da linee guida per gli operatori del settore, si sono ormai polverizzati.
Questo scenario fa dà sfondo alla ricerca, un’indagine di tipo qualitativo che utilizza gli strumenti classici della ricerca sociale come i focus group e le interviste in profondità. Su una popolazione di 60 famiglie, si è deciso di interpellarne una ventina per le interviste in profondità. Le interviste sono precedute da due focus group condotti su un gruppo di dodici-quindici individui. Si è deciso di intervistare i soggetti che frequentano l’Emporio, che effettivamente lo esperiscono, piuttosto che i titolari amministrativi della tessera «market». Si tratta prevalentemente di donne, circa l’80 per cento.
Il luogo in cui si conduce l’indagine è l’Emporio, un’associazione di volontariato nata nel luglio 2010, con lo scopo di fornire un sostegno alimentare alle famiglie e ai soggetti colpiti dalla crisi dei mutui subprime nel 2008. Si tratta prevalentemente di persone che erano già incluse in percorsi di inserimento sociale e lavorativo ma che, con l’esplodere della bolla finanziaria e con la traduzione in scala territoriale e locale della perdita di posti di lavoro, si è trovata improvvisamente senza lavoro, cibo, casa. Ecco che l’evento catastrofico straordinario colpisce tutto e tutti, diluendo la sua eccezionalità nell’identificazione di una vita che cambia il suo ritmo: il rischio non è più un agente esterno, da tenere lontano e controllare attraverso una buona condotta sul lavoro, obbedienza alle regole socialmente condivise e grande senso di sacrificio, ma viene incorporato nella vita quotidianità. Così il rischio assume una connotazione ordinaria che corrode le sicurezze sociali acquisite negli anni e, insieme ad esse, i vincoli di fiducia e solidarietà su cui si è sostenuta la società moderna.
La «società del rischio» ha cominciato a produrre panico e sgomento, paura e insicurezza soprattutto in quelle fasce sociali che si trovavano già sul confine della povertà. Secondo il Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale del 2010 della Commissione di indagine sull’esclusione sociale, a Nord cresce la percentuale di poveri che non riescono a pagare il fitto, ad arrivare a fine mese o a far fronte a spese che prima riuscivano a espletare (abbigliamento, risparmio, viaggio, etc). Un particolare fenomeno che riguarda ancora il Nord è quello delle famiglie che dichiarano di non avere sufficienti soldi per acquistare il cibo, si passa dal 4,4 al 5,3 per cento, sintomo preoccupante dell’irrompere della crisi nei suoi aspetti più rigidi e severi, come l’impatto sul regime alimentare in aree tradizionalmente forti dal punto di vista economico.
Oltre all’analisi sui «nuovi poveri», nell’indagine vengono rappresentanti anche coloro che pur lavorando non riescono ad arrivare a fine mese, i cosiddetti working poor, e i cronici, cioè coloro che fanno riferimento ai servizi sociali già da tempo. Il fenomeno della povertà divenuto questione di ordine pubblico piuttosto che «emergenza sociale» viene lasciato alla disposizione dei singoli, e così fenomeni socialmente prodotti sono smaltiti come rifiuti sociali da buttare dentro una discarica abusiva.
L’Emporio vuole essere una risposta collettiva, organizzata dal basso, da un gruppo di associazioni di volontariato in collaborazione con il Centro di Servizi per il Volontariato in Parma/Forum Solidarietà, al fenomeno della povertà. Le associazioni che da anni si occupano di povertà si sono riunite per dare vita a un coordinamento che ha partorito un’idea divenuta, oggi, progetto operativo. L’Emporio serve circa seicento famiglie disperse sul territorio parmense attraverso la pratica del recupero e della donazione alimentare. Le domande che arrivano sono eccedenti rispetto alle capacità di far fronte al dilagare della «crisi alimentare» ma i volontari dell’Emporio ce la mettono tutta per non perdere la speranza e la voglia di offrire una risposta a questa emergenza sociale.
Sicuramente l’Emporio è un luogo dove le biografie non vengono accantonate, dove i bisogni si fondono coi desideri, dove non c’è tempo da perdere e occorre organizzarsi. Questa ricerca, fortemente voluta dall’Emporio, è un’altra risposta al bisogno sentito dai volontari di attivarsi rispetto a questioni così urgenti, perché forse un altro welfare si sta costituendo nei processi, dal basso, coperto dalle polveri delle bolle speculative.
Per saperne di più: emporioparma.org
Vincenza Pellegrino e Marina Mastropierro, sono sociologhe orientate allo studio dei processi economici e culturali dell’ultimo quarantennio
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