Eccolo il carnevale, il momento nel quale, in tutto il mondo, un’infinità di feste richiamano in mezzo alla strada centinaia di persone. Danzano, giocano, ridono per ricordare con dissolutezza e gioia il BigBang che in tutti i miti d’origine trasformarono il caos iniziale nella terra che conosciamo. Il carnevale è una delle feste più popolari che, spiega Mircea Eliade in Il Mito dell’Eterno Ritorno, dimostra quanto l’uomo tutt’oggi, ha il «bisogno profondo di rigenerarsi abolendo il tempo trascorso e riattualizzando la cosmogonia originale».
Ma cosa vuole dire oggi «carnevale»? Preparare le maschere a scuola per i bambini scegliendo ogni anno un animale diverso come impone uno stanco programma scolastico? A Roma, tranne qualche processione religiosa per i quartieri o il capodanno cinese, ci sono pochissime feste che invadono le strade. Questo non vuole dire che non esistono bellissime feste popolari, ad esempio, in tutte le comunità straniere, ma certo prevale il sentimento della «paura di prendersi la strada», di condividere i momenti di gioia con il resto dei cittadini. Del resto, il clima politico e mediatico, a cominciare dalla notizie che riguardano i rom, sono un invito a ghettizzare e a tener il più lontano possibile ciò che si pensa sia «altro da noi».
Per rompere questo circolo vizioso che moltiplica ghetti, violenze, discriminazioni, a Tor Sapienza, periferia sud-est della Capitale, un gruppo di associazioni che da qualche tempo lavorano per costruire un convivenza diversa attraverso l’arte e la cultura, si sono chiesti perché non inserire nel cuore della festa più importante del quartiere questa sfida: trovare modi di convivenza che vanno bene per tutti, anche per i rom. In genere siamo assediati da luoghi comuni che risuonano nella stampa e per strada, come ad esempio «i rom non vogliono vivere in case», «non vogliono lavorare…». Forse qualcuno dirà anche che ai rom non gli piace partecipare alle feste dei quartieri dove abitano. Proviamo a immaginare altre domande: gli piacerà il carnevale? Piacerà ai bambini rom truccarsi? Gli piacerà imparare qualche acrobazia o fare giocoleria? Prepararsi i vestiti insieme alle mamme? E fare la sfilate al centro del quartiere?
Sembrerebbe proprio di si, visto che da due mesi i bambini rom della Banda SàrSan al Centro culturale Michele Testa di Tor Sapienza, stanno apprendendo la giocoleria con il Circo Teatro nella Globalità dei Linguaggi, e hanno fatto delle prove con la Murga Los Adoquines di Spartaco, che li accompagnerà nella sfilata. Sono anche andati a scegliersi stoffe colorate e luccicanti al mercato di piazza Vittorio, per farsi i costumi insieme alle donne della cooperativa Zajedno. Le loro mamme cucineranno insieme alle donne peruviane e marocchine quel giorno per offrire il pranzo a tutti. Questi bambini provengono da tutto il mondo, ma principalmente dai campi di Salviati e Salone, e hanno scelto il nome per la loro banda; SàrSan che in lingua romani vuole dire «come stai?», un invito a tutti i bimbi «incontriamoci, possiamo stare bene insieme».
Sembrerebbe un sogno che a Roma i rom possano essere al centro della vita urbana, ma il carnevale è proprio questo, è un periodo di festa dove è possibile rovesciare la realtà, l’ordine quotidiano dove ognuno ha un posto stabilito. Questo momento magico, questo rituale di rinnovamento simbolico, dice Michail Bachtin, è sempre stato il momento nel quale si rappresentava l’inizio dell’universo, e si vedevano le forze del male lottare contro quelle del bene in un immenso caos, dove tutto era concesso. Alla fine, tutto riemergeva nuovo o rinnovato e garantito per un ciclo valido fino all’inizio del carnevale seguente.
Questo rituale, dove le norme venivano sospese, come dice James Frazer in Il ramo d’oro, era tanto necessario, quanto pericoloso. Se per un giorno il re, doveva essere schiavo, e lasciarsi umiliare, è vero che subito dopo era previsto che l’ordine tornasse al suo posto, ma il vedere l’impossibile avverarsi e materializzarsi in una forma cosi semplice, poteva fare pensare a qualcuno che non era cosi lontana la possibilità di spezzare le catene delle ingiustizie
Da diverso tempo, molti cittadini, associazioni, collettivi, a Roma come in altri territori, si stanno riprendendo la città e i suoi beni, siano questi parchi (con, tra gli altri, il movimento degli orti urbani), ma anche teatri, cinema, e spazi abbandonati chiusi all’uso pubblico. E’ importante chiedersi con chi vogliamo condividere e costruire questi spazi urbani recuperati. Bisognerà aspettare la politica per andare a cercare i vari gruppi che la miopia razzista espelle dalla vita quotidiana? Alcune realtà del ex-quartiere operaio di Tor Sapienza dicono di no! Non possiamo aspettare, dicono, dobbiamo ripartire da noi stessi, oggi, e per dimostrarlo danzeranno, suoneranno, giocheranno, per le strade della periferia, insieme alla Murga Los Adoquines di Spartaco, l’orchestra di percussioni brasiliane Kirimba, e i bambini delle scuole del quartiere che si stanno preparando per far diventare il tutto un grande caos liberatorio dello stare bene insieme.
Il Carnevale 2013 di Tor Sapienza si terrà domenica 10 febbraio dalle ore 14,30 alle ore 18 da via di Tor Sapienza a viale Filippo de Pisis. Per avere informazione sull’evento: www.facebook.com/sarsanroma o http://alleporte.blogspot.it/
Per contattare il Centro Culturale Michele Testa: centroculturalemicheletesta.blogspot.com
Adriana Goni Mazzitelli è antropologa sociale e ricercatrice presso l’Università degli Studi Roma Tre.
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