La delusione, per il Brasile che sperava di liberarsi dell’incubo Bolsonaro, è forte, soprattutto dopo la settimana pre-voto in cui i sondaggi davano per favorito Lula al primo turno, ma il PT arriva al ballottaggio a fine mese con un vantaggio del 5.23% e alcuni dati significativi. Un’analisi dettagliata del voto
![](https://comune-info.net/wp-content/uploads/2022/10/296035309_188456180267663_343599665572909792_n-edited.jpg)
Il primo turno delle elezioni brasiliane si è chiuso con il 48.43% per Lula, 43.20% per Bolsonaro (dati TSE). Una delusione, per chi sperava e aveva creduto possibile virar no primeiro turno, ribaltare in una notte 4 anni di orrore.
Ma un buon risultato dopo un conteggio dei voti in cui il vantaggio di Lula ha tardato a venire, e non è arrivato del tutto. Se per un paio di ore il timore è stato quello che l’incubo del 2018 si potesse ripetere, il conteggio finale ha registrato un vantaggio del 5,23 dei voti per il PT.
Simbolicamente una grande differenza per chi dovrà sopportare ancora 28 giorni di campagna. Certo rimane lo sgomento di vedere eleggersi i peggiori candidati che la politica brasiliani abbia avuto nella ultima legislatura.
Primi fra tutti Pazuello (PL) ex ministro della salute, responsabile per la terribile gestione della pandemia in Brasile, eletto deputato federale a Rio de Janeiro; Ricardo Salles (PL) ex ministro dell’ambiente responsabile per politiche ambientali che invece che preservare l’ambiente hanno favorito gli interessi dell’agro business e lo smantellamento della FUNAI (ente per la preservazione indigena) eletto deputato nello stato di São Paulo; Damares Alves (PP) ex ministra delle Mulher, Família e Direitos Humanosm, una delle più fiere difensore della sacralità della ‘famiglia tradizionale’ nonché aperta nemica della popolazione LGBTQ, eletta al senato; Marcos Pontes (PL) l’astronauta brasiliano ministro della scienza e tecnologia famoso per le posizioni contrarie a quelle indicate dalla comunità scientifica internazionale nel combattere la pandemia, eletto senatore a São Paulo.
E’ questo il dato più allarmante. Indipendentemente dal risultato del futuro ballottaggio del 30 ottobre, il partito dell’attuale presidente – Partido Liberal (PL) – ha ampliato la presenza del cosiddetto “centrão” al Congresso Nazionale, portando alla Camera 99 deputati eletti. Un record. Al senato invece, dei 27 posti in disputa otto sono stati vinti da candidati affiliati al PL, sommandosi ai senatori eletti nel 2018, raggiungono i 13 rappresentanti. La crescita del gruppo potrebbe significare difficoltà per la governabilità di un eventuale governo di sinistra, mentre rende più facile una possibile continuità del governo.
Dato ancor più grave, il Legislativo è praticamente nelle mani di Bolsonaro. I partiti con la maggiore presenza alla Camera hanno infatti la priorità nell’occupare posizioni rilevanti nel Legislativo, con nomine importanti in comitati permanenti, come ad esempio la CCJ (Commissione Costituzione e Giustizia) che ha un ruolo centrale nell’approvazione delle leggi, funzionando come controllo preventivo della loro costituzionalità.
Al contrario, storico è stato il risultato di Eduardo Suplicy uno dei fondato del Partido dos Trabalhadores (PT), che con oltre 800mila voti, è stato il deputato statale più votato a San Paolo. Si confermano anche candidature storiche come quella di Benedita Silva (PT) e Luiza Erundina (PSOL). Tra le rappresentanti indigene della bancada do cocar – la bancata che ha presentato un numero record di candidati indigeni, 186, un aumento del 40% rispetto alle elezioni del 2018 (133) – Sônia Guajajara (PSOL) e Célia Xakriabá (PSOL) sono state elette, rispettivamente a São Paulo e Minas Gerais, deputate federali segnando un’importante vittoria nell’agenda ambientale e di protezione delle terre e della cultura indigene nel paese. Numerosissime sono anche le candidate nere, giovani, trans e collettive che si sono elette nel paese intero. Tra queste Erika Hilton, la prima donna trans eletta deputata federale insieme a Duda Salabert e Dani Balbi; tra le Afro discendenti Leci Brandão, Olivia Santana, Ediane Maria, dell’MST e molte altre.
E’chiara la divisione del paese: mentre Lula vince in tutto il Nordest con l’aspettato schiacciante vantaggio del PT nella Bahia (70-25%), Maranhão (68-26%), Pernambuco (65/29%) e il sorprendente 66/25% del Ceará; Bolsonaro domina il Sud e Centro-Ovest ma con differenze meno marcanti São Paulo (47/40%) Rio de Janeiro (51/40%), fatta esclusione per Santa Catarina (62/29%), Roraima (69/23%), Rondonia (64/28%).
La delusione è forte soprattutto dopo la settimana pre-voto in cui i sondaggi davano per favorito Lula al primo turno, ma il PT arriva al ballottaggio a fine mese con un vantaggio del 5.23% e alcuni dati significativi. Tra questi i risultati del Ceará, lo stato di Ciro Gomes che sorprendentemente elegge un governatore del PT. Gomes raccoglie comunque il 3% anche se superato da Simone Tebet al 4%. I voti all’estero ( 59 paesi ) favoriscono Lula. In Portogallo, roccaforte di Bolsonaro dal 2018, la svolta portoghese sorprende e rappresenta la perdita del più grande collegio elettorale al di fuori del paese. Lula non solo ha ottenuto 10.873 voti a Lisbona, quasi il doppio di Bolsonaro, ma anche con un ampio margine a Porto e Faro.
Lascia un commento