Con la grande accelerazione dell’impatto delle attività umane sull’ambiente, a partire dagli anni del Dopoguerra, si è davvero verificata una “frattura antropica” nella storia del nostro pianeta? Stiamo vivendo nell’Anthropocene, un periodo del tutto inedito, che rappresenta una crisi del Sistema Terra da cui non si esce attraverso le scelte che assecondano la logica del capitale ma aprendo una strada nuova, “ecosocialista”? Alberto Castagnola ci invia la prima parte di un’ampia recensione di “Anthropocene, capitalismo fossile e crisi del sistema Terra”, scritto dal direttore della rivista ecosocialista Climate and Capitalism Ian Angus e uscito in Italia per Asterios
Da alcuni mesi, leggo e rileggo un libro particolarmente interessante di Ian Angus (Anthropocene, capitalismo fossile e crisi del sistema Terra, Asterios) che analizza in modo molto approfondito l’idea di una nuova maniera di descrivere le età e i periodi del pianeta. Il concetto di una nuova era geologica succeduta all’Olocene (iniziato tra i 10.000 e i 12.000 anni fa) tende a sottolineare il fatto che si sia verificata una “frattura antropica” nella storia del pianeta.
Questo concetto, introdotto nel 2000 nel dibattito scientifico e ambientalista contemporaneo dal climatologo Paul Crutzen, vuole evidenziare il fatto che l’umanità è ora la principale forza geologica emergente che può pesantemente influire sull’avvenire del sistema Terra.
Sebbene spesso la sua origine venga ricondotta alla prima rivoluzione industriale di fine Settecento, è più appropriato situare questa evoluzione all’incirca tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50 del secolo scorso, poichè dati scientifici recenti mostrano una “Grande Accelerazione” dell’impatto delle attività umane sull’ambiente a partire dal 1950.
Questa ipotesi è stata molto discussa e approfondita e il libro documenta ampiamente questo dibattito. Sono particolarmente attratto da questo approccio, perchè introduce un elemento di radicalità nel pensiero ambientalista e soprattutto può incidere in modo più efficace sulla stanca e poco produttiva dinamica che si è ormai stabilita tra il moltiplicarsi delle denunce dei danni all’ambiente e agli equilibri stessi del Pianeta e la pervicace resistenza degli Stati a intervenire per ridurre drasticamente e in tempi sempre più ridotti sulle fonti fossili delle emissioni di gas serra e su tutti gli altri meccanismi e fenomeni di danno ambientale.
In effetti, i dati che sono stati scambiati in ambito scientifico fino al 2015 per descrivere l’Antropocene sottolineano l’esigenza urgente di un salto di qualità nei poteri pubblici e nei comportamenti delle diverse popolazioni. Ho quindi ritenuto opportuno riportare in un primo articolo tutti questi dati contenuti nel libro, affinchè il lettore abbia subito a disposizione la base conoscitiva globale, rinviando l’analisi del dibattito in corso sulla nuova prospettiva a successivi contributi, sempre diretti a sollecitare la lettura diretta del testo di Angus.
Fino a poco tempo fa, gli esser umani e le loro attività sono state una forza insignificante nella dinamica del pianeta, però (pag. 64-65):
- In poche generazioni l’umanità sta esaurendo le riserve di combustibili fossili che sono state generate nell’arco di diverse centinaia di milioni di anni,
- quasi il 30% della superficie terrestre è stata trasformata dall’attività umana , con conseguenze significative per la biodiversità, il ciclo dei nutrienti, la struttura e la biologia del suolo e del clima;
- più azoto è ora fissato sinteticamente e applicato come fertilizzante in agricoltura di quanto non sia fissato naturalmente in tutti gli ecosistemi terrestri;
- più della metà di tutta l’acqua dolce sccessibile è utilizzata direttamente o indirettamente dall’umanità e le risorse idriche sotterranee si stanno rapidamente esaurendo in molte zone; le concentrazioni di diversi gas serra climaticamente importanti, oltre a Co2 e CH 4, cioè anidride carbonica e metano, sono notevolmente aumentate nell’atmosfera;
- gli habitat costieri e marini sono stati drasticamente alterati; il 50% delle mangrovie è stato rimosso e le zone umide si sonoridotte della metà;
- circa il 22% degli stock ittici è sovrasfruttato o già esaurito e il 44% è al limite della disponibilità;
- i tassi di estizione sono in forte aumento negli ecosistemi marini e terrestri di tutto il mondo; la Terra è ora sul punto di assistere a una prima grande estinzione causata dalle attività di una singola specie biologica (la specie umana);
Sempre Crutzen, in una pubblicazione di poco successiva, elencava i modi in cui la specie umana modificava la situazione (pag. 66)
- una crescita decuplicata della popolazione umana in tre seoli;
- l’allevamento di 1,4 miliardi di bovini produttori di metano;
- lo sfruttamento del 20-50% delle terre emerse;
- la distruzione delle foreste pluviali tropicali;
- la diffusa costruzione di dighe e deviazioni di fiumi;
- lo sfruttamento di oltre la metà di tutta l’acqua dolce accessibile;
- un calo del 25% del pesce nelle regioni oceaniche profonde e del 35% nella piattaforma continentale;
- un aumento di 16 volte maggiore del consumo energetico nel XX°, che ha raddoppiato le emissioni di anidride solforosa rispetto ai livelli naturale;
- un uso più che raddoppiato di fertilizzanti azotati in agricoltura rispetto a quelli usati naturalmente in tutti gli ecosistemi terrestri messi insieme;
- la crescente concentrazione atmosferica di gas serra, ai massimi livelli rispetto agli ultimi quattrocentomila anni.
Successivamente, un progetto scientifico mondiale, il Millennium Ecosystem Assessment, MEA, nella dichiarazione finale pubblicata nel 2005, affermava che “nella storia umana, nessun periodo ha registrato una pertubazione del meccanismo biologico del pianeta su una scala comparabile a quella a cui abbiamo assistito nella seconda metà del XX secolo”, (pag. 70-72) e poi:
Negli ultimi cinquant’anni l’uomo ha modificato gli ecosistemi con una rapidità e una profondità maggiori rispetto a qualunque periodo comparabile della sua precedente storia, in gran parte per soddisfare la domanda in rapidissima crescita di cibo, acqua dolce, legname, fibre e combustibili. Ciò ha comportato una perdita sostanziale e in gran parte irreversibile di biodiversità sulla terra….
- Nei trent’anni che seguono il 1950 è stata convertita ad uso agricolo una superficie di terra maggiore rispetto ai centocinquant’anni compresi tra il 1700 e il 1850. Sistemi Sistemi coltivati (aree in cui almeno il 30% del territorio è rappresentato da terre coltivate, coltivazione itinerante, produzione zootecnica in spazi confinati o acquacoltura d’acqua dolce) coprono ora un quarto dell’intera superficie terrestre.
- Circa il 20% delle barriere coralline nel mondo è andato perduto e un ulteriore 20% ha subito danni negli ultimi decenni del XX secolo, mentre nello stesso periodo circa il 35% delle aree a mangrovie è stato perso ( per i paesi in cui esistono dati sufficienti, che coprono circa la metà delle aree a mangrovie).
- La quantità di acqua trattenuta dalle dighe è quadruplicata dal 1060 e oggi la quantità di acqua contenuta neibacini artificiali è tra tre e sei volte quella contenuta nei fiumi naturali. I prelievi di acqua da fiumi e laghi sono raddoppiati dal 1960; la maggior parte dell’acqua viene utilizzata per l’agricoltura (70% a livello mondiale).
- Dal 1960 i flussi di azoto reattivo (biologicamente disponibile) negli ecosistemi terrestri sono raddoppiati, mentre i flussi di fosforo sono triplicati: Oltre la metà di tutti i fertilizzanti azotati sintetici mai utilizzati sul pianeta, prodotti per la prima volta nel 1913, è stata usata a partire dal 1985.
- A partire dal 1750, la concentrazione atmosferica di anidride carbonica è aumentata di circail 32% (passando da circa 280 parti per milione a 376 ppm nel 2003) principalmente per effetto della combustione di combustibili fossili, e del cambiamento nell’utilizzo del suolo. Circa il 60% di questo incremento, (60 parti per milione) si è realizzato a partire dal 1959.
- Al 1990 risultavano convertiti, principalmente a scopi agricoli, oltre i due terzi delle aree dei due tra i quattordici maggiori biomi terrestri e oltre la metà della superficie di altri quattro.
- Su una gamma di gruppi tassionomici, sia per la dimensione della popolazione, sia per la sua varietà o per entrambe, la maggior parte delle specie sta declinando.
- La distribuzione delle specie sulla Terra sta diventando più omogenea. In altre parole, l’insieme di specie presenti in una data regione delmondo sta diventando più simileall’insieme delle spcie presenti in altrregioni, principalmente per effetto dell’introduzione di specie, sia intenzionale che involontaria, associata all’incremento nei trasporti di persone e di merci.
- Il numero di spcie sul pianeta è in declino. Negli ultimi secoli, l’uomo ha incrementato la velocità di estinzione delle specie di circa mille volte rispetto ai tassi base tipici della storia del pianeta (certezza media). Circa il 10-30% delle specie di mammiferi , uccelli e anfibi è attualmente minacciata di estinzione (certezza media elevata). Gli ecosistemi di acqua dolce tendono a presentare la proporzione più elevata di specie minacciate di estinzione.
- La diversità genetica ha subito un declino a livello mondiale, in particolare tra le specie coltivate.
L’articolo del gennaio 2016 riassume le recenti ricerche che identificano i principali fattori per i quali le condizioni dell’Olocene non esistono più (pag. 87-88) :
- La concentrazione media atmosferica di Co2 ha superato i livelli dell’Olocene almeno dal 1850 e dal 1999 al 2010 è aumentata circa cento volte più velocemente rispetto all’aumento che ha posto fine all’ultima era glaciale. Anche la concentrazione di metano è aumentata sempre più velocemente.
- Per migliaia di anni le temperature medie globali stavano lentamente scendendo, a causa di piccoi cambiamenti ciclici dell’orbita terrestre. Dal 1800, l’aumento dei gas serra ha sopraffatto il ciclo climatico orbitale, causando un riscaldamento anormale e rapido del pianeta;
- Tra il 1906 e il 2005, la temperatura media mondiale è aumentata di 0,9 gradi centigradi e negli ultimi cinquant’anni il tasso di variazione è raddoppiato;
- Tra il 1905 e il 1945 il livello medio dei mari ha cominciato ad aumentare fino a superare quello dell’Olocene. Oggi è al suo massimo da centoquindicimila anni e cresce sempre più velocemente;
- L’attuale tasso di estinzione delle specie è significativamente più elevato del normale. Se viene mantenuta l’attuale tendenza al sovrasfruttamento e alla distruzione degli habitat, il 75% delle specie potrebbe estinguersi nei prossimi secoli. Questo sarebbe il sesto evento di estinzione di massa sul nostro pianeta, equivalente all’estinzione dei dinosauri avvenuta 65 milini di anni fa.
- Un’osservazione è particolarmente spaventosa: Anche se i livelli di emissioni saranno ridotti , nel 2070 la Terra sarà più calda di quanto non lo sia stata negli ultimi centoventicinquemila anni, il che significa che sarà più calda di quanto non lo sia stata per la maggior parte, se non per tutto il tempo in cui la nostra specie apparve duecentomila anni fa
La stessa fonte contiene altri elementi interessanti (pag.88):
- I recenti depositi di natura antropica contengono nuovi tipi di minerali e roccia, che riflettono la rapisa diffusione mondiale di nuovi materiali, tra cui l’alluminio elementare, il cemento e le plastiche, che in rapida evoluzione formano una massa di “tecnocombustibili”
- L’utilizzo di combustibili fossili ha disseminato in tutto il mondo carbonio nero, sfere di cenere inorganica e particelle sferiche di carbonio, con un incrememto mondiale cha ha avuto luogo quasi sincronicamente intorno al 1950.
- I ghiacci e i sedimenti di carattere antropico sono inoltre caratterizzati da concentrazioni uniche di sostanze chimiche com il piombo della benzina, l’azoto, il fosforo contenuto nei fertilizzanti, e l’anidride carbonica derivata dall’utilizzo dei combustibili fossili.
- Ma la ricaduta radioattiva dovuta ai test nucleari è il segno antropico potenzialmente e sincronicamente più diffuso a livello mondiale. I residui dell’esplosione di bombe all’idrogeno iniziate nel 1952 hanno raggiunto l’apice nel 1961-62, lasciando una chiara firma sul pianeta.
Nel 2007 è stato avviato un nuovo progetto di ricerca volto a identificare quali processi sono determinanti per mantenere la stabilità del pianeta come la conosciamo e per stabilire cosa si deve fare per mantenere la Terra in condizioni simili all’Olocene, ora che nell’Antropoce l’uomo è diventato una forza di cambiamento planetaria. Questo progetto ha condotto ad un nuovo concetto, quello di “limiti planetari”, ossia i confini entro i quali gli esseri umani possono agire senza intaccare gli equilibri del pianeta. Per alcuni dei processi nel 2015 sono stati introdotti nuovi nomi e parametri (pag.105-106).
- Cambiamento climatico. La concentrazione di gas serra nell’atmosfera è più alta di quanto lo sia mai stata nelle ultime centinaia di migliaia di anni; nel 2015 la concentrazione media globale ha superato le 400 parti per milione.
- Cambiamenti dell’integrità della biosfera (tasso di perdita di biodiversità). Si è stimato che le specie si stanno estinguendo ad un ritmo circa 1000 volte superiore a quello del periodo preindustriale.
- Flussi biogeochimici (azoto e fosforo).I fertilizzanti contenenRiduzione dello starto di ozono.ti azoto e fosforo, entrambi essenziali per la crescita delle piante, sono ampiamente utilizzati nell’agricoltura moderna. Almeno il 50% dell’azoto finisce nei laghi, fiumi, oceani, dove può causare bruschi cambiamenti dell’ecosistema, come nel caso della famigerata “zona morta” nel Golfo del Messico In futuro questa voce potrebbe includere altri elementi
- Riduzione dello strato di ozono.Negli anni ’70 gli scienziati hanno scoperto che sostanze chimiche di uso comune hanno distrutto l’ozono atmosferico che impedisce alle radiazioni ultraviolette dannose di raggiungere la superfice terrestre.
- Acidificazione oceanica. Una parte delle emissioni di Co2 si dissolve nell’acqua del mare, rendendola molto più acida che in epoca preindustriale. Ciò può inteferire con la crescita e la sopravvivenza dei coralli, di molti crostacei e del plancton, causando il collasso delle reti alimentari essenziali e la drastica riduzione della popolazione di pesci e mammiferi marini
- Uso di acqua dolce.L’ampio utilizzo per usi agricoli e industriali sta esaurendo le principali falde acquifere, mentre lo scioglimento dei ghiacciai sta prosciugando le fonti d’acqua di molti fiumi. L’attuale consumo globale di acqua da parte dell’uomo ammonta a circa duemilaseicento chilometri cubici all’anno; è al di sotto del limite mondiale, ma in molte aree il consumo supera il limite locale.
- Cambiamento del sistema del suolo (cambiamento d’uso del suolo).Circa il 42% di tutti i terreni privi di ghiaccio sono attualemente utilizzati per l’agricoltura; queste terre un tempo ospitavano il 70% delle praterie, il 50% delle savane e il 45% delle foreste decidue temperate. La perdita di questi sistemi riduce la biodiversità, e danneggia il clima ed i sistemi idrici.
- Eccesso di aereosol atmosferico.La maggior parte di quello che viene solitamente chiamato ” inquinamento dell’aria” è costituito da particelle microscopiche e goccioline chiamate aerosol. La loro inalazione causa circa 7,2 milioni di morti all’anno. Inoltre, hanno un effetto diretto sul clima, riducendo in modo significativo l’attività dei monsoni.
- Introduzione di nuove sostanze (inquinamento chimico). In commercio oggi ci sono circa centomila sostanze chimiche di sintesi, nanomateriali e polimeri artificiali.Nella maggior parte dei casi si sa poco degli effetti isolati o combinati sulla salute dell’uomo e dell’ecosistema. Il nome è stato cambiato per consentirel’inclusione di organismi geneticamente modificati e materiali radioattivi.
L’articolo del 2009 assegnò dei valori numerici per sette dei limiti planetari, mostrando che tre di questi (cambiamento climatico, inquinamento da azoto e perdità di biodiversità ) si trovavano nella zone di pericolo, mentre altri tre vi si stavano approssimando. Alla luce delle successive ricerche, nel 2015 fu pubblicato un altro articolo che modificò definizioni e limiti; si concluse che quattro dei nove confini erano già stati superati “Due sono nell’area ad alto rischio (integrità della biosfera e interferenza con i cicli dell’azoto e del fosforo), mentre gli altri due sono nell’area di pericolo (cambiamento climatico e cambiamento d’uso del suolo)”.
In molte altre parti del libro di Angus si discute in maggior dettaglio dei processi climatici che si sono svolti in questa era di recente individuazione e se ne possono trarre indicazioni anche operative di un notevole interesse. I dati inoltre devono essere aggiornati e valutati in relazione ai dati utilizzati dagli scienziati dell’IPCC e da quelli indipendenti. Infine, la proposta di un “antropocene” come categoria di rilievo politico ha ovviamente suscitato critiche e rifiuti che non possono certo essere trascurati.
pasquale ranghelli dice
grazie Alberto !! mi compro subito il libro. SALUTE