Nessuno crede più che si possa fermare il delirio suicida della classe politico-militare che in Russia, così come negli Stati Uniti e in Europa, è in preda a furiosa demenza senile. Eppure ogni giorno che passa il rischio che quel delirio porti a compimento la grande terminazione di cui da tempo si intravvedono le linee diventa più grande. Franco “Bifo” Berardi spiega che è questa la ragione per cui dopo l’invasione dell’Ucraina in Europa, a vent’anni dalla prima manifestazione planetaria contro la guerra – quella che espresse il grido di oltre cento milioni di persone contro l’invasione angloamericana dell’Iraq e che indusse il New York Times a parlare di emersione di “una seconda potenza mondiale” – non si è manifestato un movimento di massa. Gli europei hanno altro a cui pensare. Avevamo chiesto a “Bifo” di interloquire con la discussione sull’attualità del nesso tra guerra e rivoluzione avviata su Comune tra Raúl Zibechi e Maurizio Lazzarato (la trovate a fondo pagina), un nesso mostrato come indissolubile da gran parte della nostra storia del Novecento. Franco lo ha fatto a modo suo. Anche perché quella è una discussione che vive e deve vivere ogni giorno su queste pagine e forse è giusto che non sia recintata in un “dibattito”, una delle forme stantìe in cui oggi farebbe troppa fatica a farsi luce un dialogo che non può che essere polifonico e che travalica in modo naturale ogni confine tematico. Lo impone, tra le altre cose, come segnala lucidamente Franco, quel riarmo generalizzato che corre “naturalmente” verso la catastrofe finale, perché i soldi per le armi saranno sottratti a esausti e dilaniati corpi sociali, e perché, in nome delle patrie, le preoccupazioni per la qualità dell’aria e delle acque ci verranno mostrate come “un dettaglio per signorine schizzinose”

Venti anni fa, il 15 febbraio del 2003, nelle città di tutto il mondo, da Sydney a Londra a Buenos Aires sfilarono cento milioni di persone (chi ha mai potuto contarle?) per fermare la guerra anglo-americana contro l’Iraq.
A Roma si vide la più grande manifestazione da sempre. Il giorno dopo Tony Blair fece lo spiritoso.”Mi chiedono di ascoltare quello che dice il popolo, scherzò quel lugubre aguzzino, ma il popolo dice tante cose diverse”.
La maggioranza della popolazione europea era contraria all’aggressione americana contro il regime di Saddam Hussein, ma anche quella volta i paesi europei si attennero agli ordini della Casa Bianca. L’orrore della guerra imperversò per anni, fin quando dall’orrore emerse lo stato islamico.
La guerra irachena gettò l’intera regione in una condizione di caos interminabile. Cinquecentomila bambini iracheni morirono per effetto delle sanzioni e dei bombardamenti. L’orrore dilagò.
Noi che ce ne stiamo asserragliati nella cittadella bianca l’orrore non dovremmo vederlo, cartelloni pubblicitari di ogni dimensione nascondono lo sfondo, ma ormai non funziona più. I cartelloni pubblicitari cascano a pezzi e cominciamo a vedere l’orizzonte in fiamme.
Ci sarà acqua nella prossima estate nella cittadella circondata, oppure comincerà a scarseggiare anche per noi?
Venti anni dopo nessun movimento per la pace si è manifestato. Gli europei (tranne alcuni manipoli di esaltati per lo più democratici) non sono affatto contenti della guerra, ma sono depressi, hanno altro cui pensare.
Perché non c’è stato nessun movimento di massa contro la guerra ucraina?
La ragione è lapalissiana. Il 15 febbraio 2003 fu una lezione finale, da quel momento sappiamo cos’è la democrazia liberale: un inganno insultante.
Per questo la maggioranza degli europei assiste con paura o con indifferenza allo spettacolo di un comico trasformato in cinico che trascina il suo popolo verso il tragico per compiacere i protettori americani.
Nessuno fiata, tranne il vecchio Berlusconi che può dire e fare qualsiasi cosa tanto tutti credono che sia rimbambito, mentre persegue il più cinico (ma anche il più realistico) dei disegni.

Perché dunque non c’è nessun movimento per la pace?
Perché nessuno crede più che si possa fermare il delirio suicida della classe politico-militare bianca (Russi, Americani, Europei) in preda a furiosa demenza senile. In effetti il delirio suicida non si può fermare, ma c’è il rischio che nel suo suicidio la razza bianca senile porti a compimento la grande terminazione di cui si intravvedono le linee.
Nel 1965 Lin Biao, capo dell’Armata di liberazione popolare cinese, delfino di Mao affetto (pare) da disturbi schizofrenici, scrisse un articolo intitolato Long Life the victory of the oppressed people, e morì qualche anno più tardi in un incidente aereo misterioso mentre fuggiva verso l’Unione Sovietica. Ma questo non è affar nostro. Fatto sta che quell’articolo è interessante: secondo Lin Biao l’abbattimento dell’imperialismo occidentale sarebbe stato opera delle periferie, delle campagne, dei popoli oppressi. Forse ricordate che i comunisti cinesi cambiarono lo slogan fondativo della seconda internazionale.
Non più: “Proletari di tutti i paesi unitevi.”
Ma: “Proletari e popoli oppressi di tutto il mondo unitevi”.
Questa era la versione maoista dell’internazionalismo.
Poi la storia procedette in direzione diversa dalle attese del movimento comunista. I proletari industriali furono sconfitti dal liberismo anglo-americano che distrusse la civiltà sociale in tutti gli angoli del mondo, e preparò l’ecatombe ambientale nella quale siamo immersi fino al collo senza speranza realistica di venirne fuori.
I popoli oppressi, i colonizzati di ieri, rimasti privi della direzione comunista operaia e della prospettiva internazionalista, continuarono la loro ascesa economica e militare, ma il nazionalismo divenne la loro unica bandiera.
E le bandiere nazionaliste sono tante, l’una in guerra con tutte le altre.
La sola speranza di evitare la guerra finale si poteva sintetizzare in due parole: internazionalismo operaio. Ora facciamo esperienza del mondo che viene dopo la scomparsa di quelle due parole.
L’invasione russa del febbraio 2022 trasforma una guerra a bassa intensità simile alle guerre della Yugoslavia ’90 in un conflitto mondiale del quale al momento non si intravvede soluzione.
Il crimine gigantesco cui da un anno siamo costretti ad assistere nell’impotenza più completa è opera di diversi attori, e va compreso su diverse scale spazio-temporali.
Dal punto di vista globale questa è una guerra americana contro il continente euro-russo. Una guerra per la sottomissione della Germania, e per la distruzione definitiva della Russia: la prima cosa si è compiuta, la seconda forse si compirà o forse non si compirà. Questa guerra comunque è il compimento di trent’anni di ininterrotta aggressione (economica, geopolitica infine militare) degli Stati Uniti contro la Russia.
Da molto tempo le autorità nordamericane avevano avvertito la Germania che l’entrata in funzione del North Stream 2 non era tollerabile.

“O vi decidete a interrompere quel contratto oppure abbiamo gli strumenti per farvelo fallire.” Avevano dichiarato fonti vicine all’amministrazione. E nel gennaio del 2022 Hillary Clinton aveva detto in una trasmissione televisiva che presto Putin avrebbe fatto i conti con un nuovo Afghanistan.
Dal punto di vista ucraino è una guerra nazionale di difesa dell’indipendenza contro l’aggressione putiniana, una resistenza di popolo contro la belva bionda del Cremlino.
Tutti in questa guerra si giocano l’osso del collo, e questo è ciò che fa più paura.
Comunque, quale che ne sia l’esito, che Putin rotoli nell’inferno che merita, o che gli Stati Uniti ci facciano l’ennesima figura da peracottari, due cose sono certe: la prima è che l’Unione europea esce impoverita e si avvia verso una lacerazione insanabile tra eroismo anglo-polacco e cinismo italo-ungherese.
La seconda è un riarmo generalizzato che diventa dogma incontestabile per i governi di tutta la terra, in attesa della resa dei conti con la Cina.
Questo riarmo è la catastrofe finale, naturalmente, perché i soldi per le armi saranno sottratti all’esaustissimo corpo sociale, e perché in nome della patria (delle patrie per essere preciso) le preoccupazioni per la qualità dell’aria e delle acque appariranno come un dettaglio per signorine schizzinose.
L’articolo di Raúl Zibechi che prende spunto dall’ultimo libro di Maurizio Lazzarato, “Guerra o rivoluzione. Perché la pace non è un’alternativa” per esprimere una critica a una lettura, a suo avviso, novecentesca ed eurocentrica delle guerre del nostro tempo e, sotto, la risposta di Maurizio Lazzarato:
Bene! No, anzi male! L’inizio, come è evidente, rivela la mia incertezza. No, certo no, verso gli argomenti di Bifo. Sono tutti condivisibili. Io sposto il faro su “ quel che ci dicono”. Corbellerie e poi…si divertono ad istruirci sulle fake news. Da questo lato potremmo procedere ad infinitum, perché sappiamo che siamo immersi fino al collo nella “ società dei massmedia”.
Sulla guerra e sul disegno yankee si potrebbe fare lo schema genealogico, a partire dal 1989, da quell’evento che doveva liberare ed invece ci ha imprigionato nella “lunga bugia” e nella “finta democrazia”. Da allora è un crescendo di armamenti e di applicazione alla “guerra a pezzetti“, da allora è un crescendo delle sacche di povertà. Anche tutto il resto : tipo cronicizzazione della sciagura climatica. Ma io – e concludo – mi soffermo sul colossale inganno perpetratoci quando nell’” inverno della pandemia” ci avevano illusi con la promessa del profondo cambiamento. La guerra in Ucraina è stata la reale risposta.
20 anni fa quando i social non dominavano ancora questo esausto pianeta ci si poteva riunire e andare in una piazza reale, ora… unica possibilità sono i cosidetti social controllati da pochi oligarchi che gestiscono le vite di miliardi di esseri indifesi.
INTANTO MOBILITARSI RIVOLTARSI RIBELLARSI….è “giusto”…
Guerra O Pace?
Condanniamo l’aggressione armata della Russia nei territori dell’Ucraina, pur consapevoli dei molteplici interessi economici e politici che precedono e motivano il conflitto.
La nostra priorità è far cessare la guerra, salvare vite umane e frenare il disastro economico, che pagheranno come al solito i popoli e le persone più povere e fragili.
Vogliamo la pace. E la pace si raggiunge con il dialogo e il negoziato, non sostenendo il conflitto con l’invio di armi e soldati. La vita umana è il valore più alto e nessuna ragione geopolitica, nessuna ragione economica, nessuna pretesa guerra per la liberazione sono al di sopra dell’essere umano.
Salvare veramente il popolo ucraino dal disastro vuol dire far tacere tutte le armi. Per questo denunciamo l’irresponsabilità di tutte le istituzioni che fomentano la guerra con l’invio di armi all’Ucraina: Governi europei, Regno unito, Governo statunitense, NATO, Unione Europea…
Chiediamo all’Organizzazione delle Nazioni Unite di esercitare con decisione il proprio ruolo per il mantenimento della pace e della sicurezza mondiale.
Chiediamo a tutti i governi che non sostengano questa guerra nemmeno con un euro, un soldato o un fucile, perché questa scelta serve solo a renderla più cruenta, più lunga, con più morti e più sofferenza. Chiediamo che non si adottino sanzioni destinate a peggiorare la vita delle popolazioni in qualunque latitudine del pianeta.
Chiediamo che l’Unione Europea contribuisca alla pace, come dichiarato nel suo trattato istitutivo, e si ponga come interlocutore indipendente in questo conflitto. Che operi attraverso la mediazione diplomatica e il dialogo, prendendo in considerazione le richieste e le inquietudini di entrambe le parti, per arrivare ad un accordo che porti al cessare delle ostilità.
Incombe su tutti noi la minaccia di una guerra nucleare, che può scoppiare anche per un incidente. Per questo chiediamo a tutti i governi di aderire immediatamente al trattato per la proibizione delle armi nucleari, entrato in vigore il 22 gennaio 2021.
Le armi nucleari vanno smantellate ora, dopo sarebbe troppo tardi.
Siamo indignati con tutti quei leader che, nonostante le notevoli risorse economiche e tecnologiche di cui dispongono, sono incapaci di creare una società giusta e veramente umana.
Non vogliamo essere complici di tanta irresponsabilità.
Assumiamoci la responsabilità del nostro futuro, facciamo appello alle nostre aspirazioni più profonde, che ci legano al cuore di ogni essere umano, per cambiare il segno distruttivo degli eventi.
Protesteremo in tutte le forme nonviolente per raggiungere questo obbiettivo: la guerra è un disastro, costruiamo la pace.
EUROPE FOR PEACE- EUROPA PER LA PACE –
-A un anno esatto dall’invasione russa dell’UCRAINA nelle piazze d’ITALIA d’EUROPA e DEL MONDO Per LA PACE E CONTRO TUTTE LE GUERRE… Per FARE PACE TRA GLI “UMANI” e con LA NATURA L’AMBIENTE IL CLIMA E TUTTI I VIVENTI. G.s.
Gaetano Stella- Lago di Chiusi- 20-02-23
-passaparola! blog.gaetanostella.it