Si è quindi definito il nuovo clima stagionale: caldo estivo almeno fino a metà novembre, cioè oltre due mesi in più rispetto alla “normale” estate. A metà ottobre, secondo un rapporto del gruppo di ricerca World Weather Attribution, la crisi climatica ha reso 20 volte più probabile la siccità, che negli ultimi anni ha colpito l’emisfero nord, in particolare Europa, Stati Uniti e Cina. Nei prossimi anni gli episodi di siccità diventeranno più intensi e frequenti. Negli ultimi sei mesi la siccità che ha colpito la zona paludosa e agricola del sud dell’Iraq, ha costretto 1200 famiglie ad abbandonare le loro case. Intanto, quattro centri urbani su cinque devono affrontare rischi climatici, e la situazione è destinata a peggiorare. Il 46% è colpito dal caldo estremo, il 36% da piogge torrenziali, il 35% dalla siccità e il 33% da alluvioni

Andamenti globali
Nell’estate 2021 gran parte dell’Europa ha registrato un indebolimento del vento, in alcune località circa del 15% rispetto alla media stagionale, con effetti negativi sulla produzione di energia elettrica da impianti eolici. Ad esempio, nel settembre 2021, hanno prodotto solo il 2% dell’energia totale, contro il 18% del 2020. E’ uno dei possibili effetti della crisi climatica, poichè la circolazione del vento dipende dalla differenza di temperature tra le zone polari e quelle tropicali. In effetti l’Artico si sta riscaldando 4 volte più velocemente della media globale.
Ad agosto il Satellite Sentinel 3 dell’ESA, con un radiometro SLSTR, ha rilevato temperature superiori a 45 gradi in Inghilterra, a 50 gradi in Francia e a 60 gradi in Spagna.
A fine settembre l’uragano Fiona ha causato 2 morti in Canada; prima era passato sui Caraibi, con danni a Puerto Rico e nella Repubblica Dominicana.
Il 28 settembre l’uragano Ian a quasi 200 chilometri ora devastava a Cuba la provincia di Pinar del Rio. Lasciati al buio per tre giorni gli 11 milioni di abitanti per i danni al sistema elettrico e due vittime. Poi si dirigeva verso la Florida, negli Stati Uniti, sono state stimate in un primo momento in 72, poi diventate 132, malgrado gli allarmi preventivi.
Si è quindi definito il nuovo clima stagionale: caldo estivo almeno fino a metà novembre, cioè oltre due mesi in più rispetto alla “normale estate”. Questo dato è molto preoccupante, perchè in Europa e in particolare in Italia, sono stati registrati anche uragani e piogge intense.
In America Centrale l’uragano Julia a metà ottobre ha causato 26 morti.
Il 7 ottobre è stato registrato un ulteriore ampliamento dell’area della siccità, da tempo in espansione in molti paesi europei. In particolare, in Italia, il Lago Trasimeno ha fatto registrare 1,3 metri in meno del livello delle acque.
In questi mesi del 2022 i ghiacciai svizzeri hanno perso il 6% del loro volume, mentre quelli austriaci, secondo registrazioni del 7 ottobre, si sciolgono sempre più rapidamente.
In Nigeria, le alluvioni hanno causato, dal mese di luglio, oltre 600 morti e almeno 1,3 milioni di sfollati.
A metà ottobre, secondo un rapporto del gruppo di ricerca World Weather Attribution, la crisi climatica ha reso 20 volte più probabile la siccità, che negli ultimi anni ha colpito l’emisfero nord, in particolare Europa, Stati Uniti e Cina. Nei prossimi anni gli episodi di siccità diventeranno più intense e frequenti. Negli ultimi sei mesi la siccità che ha colpito la zona paludosa e agricola del sud dell’Iraq, ha costretto 1200 famiglie ad abbandonare le loro case.
E’ poco noto che il trasporto aereo è stato esentato dalle imposte dagli Accordi di Parigi del 2015, mentre dal 1944 un accordo internazionale esenta dalle tasse i carburanti usati dagli aerei. Oggi l’ICAO, l’associazione delle società aeree, è chiamata ad azzerare le emissioni di gas serra entro il 2050, ma finora non sono statti fissati vincoli specifici per i circa 200 Stati membri.
Le barriere coralline sono in pericolo. Entro il 2035 il 50% dei coralli si troverà in un ambiente non idoneo, a causa del riscaldamento e della acidificazione delle acque dei mari. Tra le zone più vulnerabili ci sono il Golfo Persico, il Mar Rosso, la penisola messicana della Baja California, l’Africa occidentale, i Caraibi, il Venezuela e la parte nord della Grande Barriera Corallina dell’Australia. La fonte peraltro non parla degli sbiancamenti già in corso da tempo.
Secondo l’indice del WWF, dal 1970 al 2018, il il mondo ha perso il 69% della fauna selvatica, mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci.
Quattro centri urbani su cinque devono affrontare rischi climatici, e la situazione è destinata a peggiorare. Il 46% è colpito dal caldo estremo, il 36% da piogge torrenziali, il 35% dalla siccità e il 33% da alluvioni.
In Amazzonia, dall’1 al 30 settembre 2022, sono stati distrutti 1455 chilometri quadrati di foresta.
Quest’anno la città di Sidney, in Australia, ha registrato un nuovo record di precipitazioni. Dal primo gennaio al 6 ottobre sono caduti 2216 millimetri di pioggia, più dei 2194 dell’intero 1950, finora l’anno più piovoso del paese.
In Italia all’inizio di ottobre una tromba d’aria ha rovesciato un autobus in Sicilia. Una violenta bufera ha poi investito le province di Palermo e Agrigento. Le temperature del mese sono state tra 4 e 6 gradi sopra la media a seconda delle regioni. L’anno 2022 è stato il più caldo dal 1800. I gradi registrati sono stati ancora sopra i 30 alla fine del mese di ottobre e i mari della Sicilia e della Sardegna intorno ai 24-25 gradi.
Dall’inizio dell’anno gli eventi estremi, tra siccità, nubifragi, bombe d’acqua, grandinate, bufere di vento e tornado sono cresciuti del 42% rispetto allo scorso anno. Verso la fine del mese di ottobre è proseguita l’estate anomala, con una temperatura massima di 26 gradi. La città di Roma produce per ogni abitante 558 chili all’anno di rifiuti, rispetto ai 486 chili di Napoli e ai 479 di Milano. Per il consumo di acqua la capitale presenta una forte dispersione nella rete idrica, circa il 45%. Eroga infatti il 54,9% rispetto all’acqua immessa, contro il 58,5 di Napoli e l’82,3% di Milano.
In Europa, alla fine del mese di ottobre, il 27% del territorio è in una situazione di grave siccità. I grandi laghi sono sotto le medie del periodo: ad esempio in Italia i bacini d’Iseo e di Como sono al 5% e all’8,5% di riempimento, mentre il Maggiore è al 18,7% e il Garda sta per raggiungere il minimo storico. La siccità si è estesa a partire dal Portogallo e poi dalla Spagna e dalla Francia (che forse è la più in sofferenza), Germania, Olanda, sud dell’Inghilterra, per poi raggiungere Romania, Ungheria, Bulgaria e Moldavia.

Le logiche economiche dei danni ambientali
In Europa i campioni di frutta contaminati da pesticidi sono aumentati negli ultimi anni. L’indagine realizzata dal Pan, Pesticide Action Network, riguarda 44.237 campioni di frutta coltivata nei paesi europei e ha evidenziato la presenza di 53 composti chimici tra il 2011 e il 2020, ancora considerati “sicuri” dalle autorità, che però da tempo consigliano di sostituirli con altri prodotti non dannosi per esseri umani, animali e in genere ambiente. Su mele, pere, prugne e uva le tracce dei pesticidi sono in vistoso aumento.
I campioni di mele su cui sono stati rinvenuti residui sono addirittura raddoppiati, dal 17% nel 2011 al 34% nel 2020. Non va meglio alle pere contaminate, passate dal 26% al 49%, e nemmeno per le prugne, dal 21% al 26%, mentre l’uva è passata dal 32% al 46%; solo i residui trovati nei lamponi sono rimasti quasi stabili, dal 23% al 25%. Questi andamenti non dipendono dalla mancanza di prodotti alternativi, ma dal fatto che molti governi ancora seguono linee guida per l’impiego in agricoltura scritte dai maggiori gruppi della chimica, Basf, Dupont (che ha cambiato nome in Cortevaj) e Syngenta. La fonte qui utilizzata (L’Extra Terrestre del 6 ottobre 2022) contiene molti altri elementi, come i nomi scientifici dei prodotti ancora in circolazione e sui tentativi in atto per modificare un quadro legislativo così drammatico.
Waste Watcher International, l’Oservatorio della Campagna Spreco Zero, sta sistematicamente raccogliendo dati sullo spreco di cibo, sia nella fase della produzione, dalla raccolta alla trasformazione, dal trasporto alla conservazione, poi c’è lo spreco al momento del consumo nelle nostre case. Quindi nel complesso c’è uno spreco di acqua ed energia a monte e poi lo spreco di alimenti crudi e cotti, freschi e conservati causati dalle abitudini alimentari, dal valore nutrizionale e dai comportamenti familiari verso gli avanzi dei pasti. Per l’Italia, gettiamo individualmente ogni settimana 30,3 grammi di frutta, segue l’insalata con una media di 26,4 grammi e il pane fresco con 22,8 grammi.
Ci superano però gli Stati Uniti, la Germania e il Regno Unito. E ancora, gettiamo ogni settimana 21 grammi di verdure e ben 22,8 grammi di tuberi, aglio e cipolle. Solo per l’Italia, l’osservatorio ha anche calcolato il costo energetico e l’impatto idrico imputabili allo spreco alimentare domestico. Per l’energia, nel 2022 si superano i 15 miliardi di euro in un anno, per l’acqua si arriva ad un valore di 750 miliardi di litri, quasi l’intero fabbisogno idrico dell’Africa.
Una delle più autorevoli riviste di Medicina, The Lancet, nel suo settimo rapporto intitolato “Conto alla rovescia su salute e cambiamento climatico: la salute alla mercè dei combustibili fossili”, afferma che l’esposizione agli eventi estremi (ondate di calore, incendi, inondazioni, qualità dell’aria), ha evidenti impatti sulla salute degli esseri umani, specie se già afflitti da altre malattie. Causa infatti colpi di calore, esiti negativi in gravidanza, peggiora la qualità del sonno e la salute mentale, aumenta le morti per infortunio, limita le possibilità di lavoro. Tutto ciò dipende direttamente dai combustibili fossili, ma inasprisce gli effetti di pandemie, guerre, aumenti del costo della vita e del costo dell’energia. Inoltre anche i sistemi sanitari sono sottoposti a maggiori pressioni e i livelli di assistenza peggiorano gravemente. I numeri sono drammatici: a livello globale le morti dovute all’eccesso di calore sono aumentate del 68% tra il 2017 e il 2021, rispetto al periodo 2000-2004. L’esposizione ai rischi di incendio è aumentata del 61% dei paesi analizzati. Le temperature intollerabili hanno fatto perdere 470 miliardi di ore di lavoro, con conseguenti riduzioni di reddito del 5,6% nei paesi più poveri. Le stagioni di crescita dei prodotti agricoli si sono accorciate di 9,3 giorni per il mais, di 6 giorni per il grano. Le zone che hanno sofferto di siccità estrema nel periodo 2012- 2021 sono aumentate del 29% rispetto al periodo 1951-60.
La crisi dell’acqua in Italia: Il Po
Quest’anno il livello del Po è sceso ai minimi storici e in tutta l’Italia la carenza idrica ha avuto risvolti a tratti drammatici. Il 2022 è stato un anno di fusione dei ghiacciai incredibile. Ad esempio, il ghiacciaio della Vedretta Lunga ha perso 20 metri di spessore e quasi un chilometro di estensione frontale in 17 anni. Ogni metro cubo di ghiacciaio perso si traduce in un ammanco di 1000 litri di acqua. Sovra consumo, scarsa ricarica della falda, processi di salinizzazione, diminuizione della piovosità annuale.
L’estate del 2022 si è registrata la sesta siccità in venti anni e la più acuta. Già oggi l’innevamento, fondamentale per alimentare il bacino del Po, è a meno di un quarto rispetto alla media storica. La riduzione prevista delle precipitazioni è del 6% entro il 2050 e del 17% entro il 2100. Ci sono due tipi di siccità, la prima è quella idrogeologica, legata allo svuotamento degli acquiferi e dei bacini. Le proiezioni dicono che gli acquiferi potrebbero ridursi, nello scenario climatico peggiore, del 16% entro il 2050 e del 42% a fine secolo. La seconda è la siccità agricola, definita anche ecologica, che consiste nella riduzione dei contenuti di acqua nel suolo, disponibile per la evapotraspirazione delle piante. La causa è da ricercare nell’aumento dell’intensità delle piogge, che dilavano il suolo e defluiscono velocemente nei fiumi senza ricaricare la falda; e ancora nel sovrasfruttamento del suolo che diventa incapace di trattenere l’umidità (e l’anidride carbonica), oltre a tutte le forme di cementificazione che colpiscono le campagne.
Per capire bene il meccanismo della siccità agricola basta visitare i territori bagnati dal Po, devastati dall’arsura di una delle estati più calde mai rilevate e vessata dalla assenza di precipitazioni. Solo un dato per cogliere la gravità dei fenomeni: alle 14,30 del 12 luglio, il termometro dell’auto misurava al suolo 43 gradi centigradi e per le stazioni meteo “solo” 39 gradi. Il testo indica poi alcuni comportamenti errati degli agricoltori che spesso quando c’è la disponibilità di acqua, irrigano a qualunque ora e senza badare ai quantitativi.
In realtà è un errore bagnare a pioggia finchè c’è l’acqua. Infatti le piante, quando si irriga, assorbono ogni goccia svuotando il suolo, per poi “sudarla” rapidamente a causa del solleone e delle temperature record, sia per intensità che per giorni di durata. Per trattenere l’umidità nel suolo serve preservarne la salubrità e la fertilità. Oggi l’80% dei suoli ha un tenore di carbonio organico inferiore al 2%, di cui una grossa percentuale ha valori inferiori all’1%: questo indica suoli disfunzionali, proni alla desertificazione, meno capaci di trattenere acqua e nutrienti, dalla minore capacità produttiva. Dunque anche una buona gestione dei suoli, attraverso pratiche di agricoltura rigenerativa o biologica, può garantire la capacità di trattenere e far infiltrare le acque meteoriche.
Il mutare della disponibilità idrica però non significa che non ci sia acqua in Italia. La piovosità media si attesta ancora oggi sui 600 millimetri, superiore a Spagna e Grecia. Quello che manca è una infrastruttura idrica tarata sullo scenario attuale alterato dal cambiamento climatico e un piano consumo intelligente. Senza questo, esponiamo il paese al rischio stress idrico, ovvero allo squilibrio tra disponibilità e prelievo. Molti puntano il dito sull’infrastruttura idropotabile, ovvero la rete idrica che porta le acque dalle falde alle case degli italiani. I dati del disastro sono noti: 600.000 chilometri di rete, di cui un terzo da sostituire in quanto obsoleto: perdite per il 42% del trasportato (acqua che eventualmente rientra nelle falde ma che in ogni caso ha un costo per il trasporto) che richiederebbero, al tasso di riparazione attuale, oltre 250 anni. Secondo Utilitalia, la federazione delle utilities italiane, in Italia si spendono tra i 32 e i 34 euro all’anno per abitante in investimenti per la rete idrica. In Germania questa cifra sale a 80 euro, in Francia a 88, in Danimarca addirittura a 129 euro. Sebbene importante, intervenire sulla struttura potabile significherebbe ridurre il consumo energetico di gestione della rete e un uso più efficiente dell’acqua di falda, ma non impatterebbe sulle acque di superficie. L’altro grande nodo infatti è quello degli invasi e delle strutture di bonifica e irrigazione, che interessano le acque di fiumi e laghi, oltre che la captazione delle piogge. Attualmente si riesce a catturare circa l’11% del totale delle piogge, contro il 14% di 50 anni fa, a causa del detrioramento delle infrastrutture e della riduzione della piovosità. C’è bisogno di una nuova capacità di invasi per catturare anche il 30% delle precipitazioni, soprattutto al Nord, che si trova oggi in una situazione simile a quella del Mezzogiorno di trent’anni fa. Questi invasi servono per preservare il flusso minimo vitale di molti fiumi, per proteggere la biodiversità e contenere il cuneo salino, cioè la penetrazione dell’acqua salata del mare nei delta fluviali. Per questo si è redatto un “Piano Laghetti”, per realizzare piccoli invasi con rocce e terre dei luoghi, allo scopo di mantenere un valore ambientale e aumentare le aree umide, ma con la possibilità di mettere pannelli solari galleggianti per produrre energia rinnovabile. Sarebbero previsti almeno diecimila bacini entro il 2030, ma se ne discute dal 2017 ed è ancora tutto fermo, tra burocrazia e interessi privati.
In questo complesso puzzle idrologico, non va sottovalutata la responsabilità individuale. Ogni italiano consuma 245 litri di acqua al giorno, 100 litri in più rispetto alla media dei cittadini europei. Le cause vanno ricercate in una tariffa troppo bassa, cattive abitudini (docce eterne, rubinetti a fiume, generose irrigazioni di giardini a ogni ora) mancata comuicazione del problema, assenza di un’architettura idonea, per esempio per recuperare le acque piovane per gli scarichi. Tutte queste informazioni sono state prelevate da un articolo fondamentale di venticinque pagine, intitolato “La crisi dell’acqua” contenuto nel National Geographic edizione italiana dell’ottobre 2022. Comprende anche delle splendide foto e soprattutto numerosi suggerimenti di possibili ed essenziali interventi (qui non riportati) e che potrebbero costituire una guida prezioasa per un governo e degli enti locali realmente interessati ad un fattore essenziale della vita quotidiana.
Strumenti
Noam Chomsky e Marv Waterstone, Le conseguenze del capitalismo, ponte alle Grazie, Milano, 2022
Vandana Shiva e Andre Leu, Agroecologia e crisi climatica, Navdanya International, e Terra Nuova Edizioni, Firenze, 2019
Kate Raworth, L’economia della ciambella, Sette mosse per pensare come un ecomista del XXI secolo, Edizioni Ambiente, Milano, 2017
AA. VV. Decrescita, vocabolario per una nuova era, Jaca Book, Milano, 2018
Stefano Liberti, Terra bruciata, come la crisi ambientale sta cambiando l’Italia e la nostra vita, BUR Rizzoli, Milano, 2020
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