
di Giampiero Monaca, maestro*
Qualche giorno fa, in classe (la 4c della scuola pubblica primaria Rio Crosio di Asti), mentre si parlava di chi si fa forte con i deboli, di tirannia di sopraffazione, uno dei bambini chiede: ma come si fa a combattere un tiranno? Lo si deve picchiare, ammazzare?
Analizziamo la storia e vediamo che tutte le volte che si abbatte un tiranno e si sostituisce il suo regime con uno più gradito, presto o tardi si sviluppa una nuova Tirannide. Magari più sottile e strisciante ma comunque non una condizione di libertà. Eppure se non li abbatti i tiranni, proseguono le loro azioni terribili. Che fare? È la domanda di grandi e piccoli, di tutti coloro che vivono “in basso” ieri come oggi.
Una soluzione forse ci sarebbe, di certo dipende dalla responsabilità e dal coraggio di ciascuno. I tiranni i bulli i mafiosi son forti con i deboli ma hanno paura di chi non ha paura, temono chi non alimenta il loro dominio.
Per non dover arrivare a considerare la violenza una soluzione, bisogna dunque attrezzarsi: occorre avere occhi ben aperti per riconoscerli quando sono ancora dei bulletti; occorre avere voglia di condividere la propria opinione con altri; bisogna avere il coraggio di agire, di ribellarsi facendo; serve anche avere un sacco di ironia e di impertinenza (ma anche – per dirla con James C. Scott, autore di “Il dominio e l’arte della resistenza” – verbali segreti o mascherati di dissenso, come la storia del carnevale dimostra). Insomma, i tiranni se li sbugiardi, li denunci, se viene quanto prima ridimensionato il loro dominio prima o poi si sciolgono come neve al sole.
A conforto di questa teoria, abbiamo visto su youtube l’episodio “o pernacchio” di Eduardo de Filippo ne L’oro di Napoli. Un capolavoro:
Siamo convinti che questo valga per tutti quelli che vivono in alto ma anche gli insegnanti ingiusti e per i bulli di quartiere… Perché se li fermi subito non costruiranno il loro dominio basandosi su sfruttamento, violenza e paura. Proviamoci ovunque, ogni giorno, insieme.
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