Fra le arti tessili è forse la più antica e come tutte le arti anche l’uncinetto può aprire prospettive inedite quando si intreccia con la spazio pubblico. Maria Lai più di altre e altri artisti ha mostrato come le opere collettive possono promuovere legami sociali: il laboratorio di uncinetto per la pace e per la Palestina proposto all’interno della Feste delle Liberazioni al rione Esquilino di Roma è stato dedicato a Maria Lai. È nata così una strana danza di condivisione di saperi, nella quale non contava lo scopo ma il processo che ha coinvolto bambine e bambini e adulti, attratti dai fili di cotone colorati, dal desiderio di sperimentare pazienza, rigore, bellezza. E dal bisogno di gridare in modi nuovi contro qualsiasi forma di violenza e dominio

Un nuovo filo scorre lento e profondo all’interno del programma della terza edizione della Festa delle Liberazioni (21/27 aprile) nel rione Esquilino, a Roma, promosso dal Pòleis Polo civico Esquilino nel suggestivo spazio dei Giardini di Piazza Vittorio e presso la scuola di Donato in via Bixio (dove da vent’anni ha preso forma la straordinaria esperienza della scuola aperta partecipata, leggi Il verbo condividere si studia a scuola e nel territorio).
Quest’anno con le amiche e gli amici del Polo abbiamo animato e promosso nuovi temi e laboratori artistici e partecipativi per i cittadini del rione. Mi sono sentita di nuovo a casa in una cornice insolita per una grande città come Roma, ma che tuttavia esiste e resiste agli attacchi della rendita e dei profitti. Restiamo vigili e attente alle dinamiche del pensiero dominate che manipola e spesso usurpa anche le nostre parole più anarchiche e combattive.
Tra le varie iniziative, quest’anno con Maura abbiamo avuto l’idea di inserire nella giornata del 26 aprile, un bel laboratorio di uncinetto per realizzare simboli di pace e colorare la piazza dei suoi colori, insieme ai colori della bandiera della Palestina. Con il desiderio di installare i lavori prodotti all’interno del giardino, su di una panchina, oppure appesi agli alberi.


Come sostiene Maria Lai l’opera d’arte è prodotta in solitudine, eppure la sua creazione ha radici profonde, viene da lontano, emerge da sedimenti di memorie ed esperienze collettive che toccano corde visibili, ma anche invisibili, come in un gioco, come nel rito.
Le artiste e gli artisti hanno sensibilità speciale perché dedicano il loro tempo alla creazione della bellezza, nel tempo e nello spazio. Alcuni lavori si realizzano in solitaria, ma sempre più spesso ci sono artiste performative che aprono alle relazioni con le persone e l’ambiente naturale.
Maria Lai è una di quelle artiste che meglio ha ideato l’opera collettiva promuovendo la partecipazione di una intera collettività. A lei è stato dedicato il laboratorio per la Festa delle Liberazioni. La sua opera “Legarsi alla Montagna” pone soprattutto riflessioni sulla relazione tra arte e spazio pubblico ed è anticipatrice di un tipo di arte che verrà chiamata “estetica relazionale”. L’utilizzo della metafora nell’opera è visivamente potente, il filo o meglio il nastro ricuce rapporti e relazioni sociali fino a legarsi alla montagna.


Non esiste una linea netta di demarcazione, tutto si forma, si trasforma, si crea la materia, tutto esplode nei colori, che richiamano le persone a partecipare in questa strana danza di condivisione dei saperi, dove non conta lo scopo, ma il processo che si instaura con le bambine e i bambini, insieme a mamme e papà, attratti dai fili di lana e cotone e dal materiale e dagli oggetti, come ipotesi di progetti da realizzare.
Se esiste una idea, un pensiero si scopre strada facendo, si concretizza e si genera tramite un linguaggio evocativo che riproduce l’idea stessa che si mostra visibilmente, ma tuttavia ne rimangono implicite alcune parole segrete.


L’azione delle mani è uno strumento di comunicazione potente, agisce sulla memoria collettiva. Promuove visioni, ricordi, memorie arcaiche. Insieme ai colori sono richiami per l’anima. Questa in sintesi la sensazione che ho avuto in quelle ore di sole seduta nei giardini con le altre amiche e persone presenti. Occhi stupiti, occhi attenti, mani pratiche e altre più incerte, ma consapevoli di procedere insieme.
Come sostiene Maria Lai agiamo come delle profetesse, abbiamo imparato a tessere usando linguaggi ancestrali, siamo portatrici di una condizione essenziale per la creatività: rigore e pazienza. Ed è bellezza!
Ogni volta che con le mani immaginiamo, realizziamo, dopo aver progettato, un oggetto, questo poi diventa una piccola o grande opera e se siamo in cerchio forse la comunità saprà donarci quella energia capace di sprigionare bellezza e quindi pace.
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