di Filippo Taglieri
L’amore per la Palestina è come quei colpi di fulmine per cui, alla sua vista, la logica e la stessa analisi politica vengono d’improvviso meno anche se, man mano nel tempo, questi elementi riemergono pian piano dal cassetto delle esperienze. Le emozioni e le sensazioni che si provano aprono un mondo. È il mondo del legame stretto fra terra e territorio, fra territorio e comunità che lo vivono e che lo vanno determinando nella quotidianità delle relazioni. L’impatto con le comunità che lavorano, si adoperano e resistono in ogni territorio dà la forza di ripensare il conflitto, di vivere anche nelle condizioni in cui è costretto quel popolo da anni.
Tanta curiosità e tante emozioni hanno segnato la delegazione di terraTERRA che, tra dicembre 2014 e gennaio 2015, si è tuffata nel contesto agricolo-contadino palestinese nell’affascinante percorso segnato dal progetto Beyond Walls. Giorni segnati da stupore, sconcerto e amore per la libertà. Per il gruppo misto di attivist* del connettivo terraTERRA e dello Sci era la prima esperienza in terra palestinese: questo ha fatto sì che l’impatto fosse assai più forte e quindi ancor più stimolante. Un viaggio in cui abbiamo percorso tante strade tra le limitazioni agli spostamenti imposti dal governo israeliano, e la nostra esperienza che è maturata mano a mano su quelle stesse strade. Gli occhi sono stati colpiti principalmente da tre immagini cucite tra loro e che hanno creato un filo conduttore tra la West Bank e Israele: terra, papaveri e libertà.
Il ruolo ancora centrale della Terra in quelle comunità fa riflettere ed emoziona, specialmente in un pianeta sempre più sfruttato in maniera cieca nell’ottica del profitto e della deturpazione. L’ulivo che in Palestina diventa segno di libertà, di coesione comunitaria e simbolo di resistenza agli abusi israeliani è un’immagine forte, specialmente per noi che veniamo da un paese come l’Italia, in cui sembra che oramai non ci siano più legami tra il prodotto finale e la sua fonte, tra l’olio e l’ulivo.
È una distesa infinita di uliveti la West Bank, ogni uliveto una famiglia, una comunità. L’orgoglio di un popolo che resiste all’imperversare del gigante sionista. Fra le colline, nello scorrere veloce dell’auto con la quale abbiamo attraversato la Linea Verde, si scorgono delle macchie rosse, a volte cento a volte uno: i papaveri interrompono e caratterizzano grandi distese di ulivi agli occhi del viaggiatore. Dopo quest’esperienza, viene naturale associare questa immagine con il carisma di alcune attiviste (soprattutto) ed attivisti, come lo impiegano nel loro percorso di lotta. In particolare, il rosso illuminante dei papaveri porta alla mente quelle donne che partecipano alla resistenza e con il loro contributo sono determinanti nel processo di cambiamento del territorio, delle comunità e della terra stessa.
Un muro fisico ed un muro politico dividono il popolo palestinese dalla libertà, ma avanti ad ogni centimetro di quel muro ci sono migliaia di ulivi pronti a presidiare il territorio, a gridare che nonostante tutto essi appartengono ad una comunità che li ha piantati secoli fa e che tutt’ora li accudisce. Le loro radici sono ben salde e abbracciano la Terra a milioni, da essa si nutrono e danno i frutti per alimentare i Palestinesi, in quegli stessi territori dove il sionismo vuole mettere cemento.
Il percorso nella Palestina che abbiamo conosciuto ci ha mostrato come si vive ogni giorno la resistenza e come le donne, quando ne hanno la possibilità, caratterizzano questa lotta, con la loro enorme determinazione e forza tengono unite le comunità e talvolta rompono gli schemi. Come i papaveri spiccano fra gli uliveti, dunque, le donne emergono nella resistenza con la loro capacità di trarre il buono anche dalle situazioni peggiori, di sedare le tensioni nelle comunità e di elaborare il dolore vissuto, ripartendo da capo senza ignorarlo ma trasformandolo invece nella determinazione di voler rimanere legati alla Terra verso la Libertà.
Articolo pubblicato anche su : sci-italia.it
DA LEGGERE
Loro distruggono? E noi ripiantiamo Patrizia Cecconi
Lascia un commento