Nella città che più di altre sembra utilizzare la lingua della disperazione, nelle settimane scorse sono state promosse due iniziative, grazie all’Associazione Maestri di strada e a molti ragazzi, che offrono modi diversi di guardare le cose. I Pacchi viveri per la mente e i Gazebo “Tenimm’ ‘a capa fresca” (nei quali i giovani cresciuti con i Maestri di Strada insieme agli educatori hanno controllato le temperature di chi entrava a scuola e promosso punti informali di ascolto per i genitori), come spiega Cesare Moreno, sono stati pensati per alimentare la capacità di riconoscersi nell’altro e di agire di conseguenza, ma anche per sentirsi parte di una comunità contribuendo a crearla ogni giorno, un concetto di responsabilità decisamente diverso da quello imposto dai governi
All’indomani dell’ultimo Decreto del Presidente del Consiglio e della recente rivolta a Napoli per l’ordinanza restrittiva del presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, tornano le riflessioni a proposito di comunità e responsabilità da parte di Cesare Moreno, educatore e presidente dell’Associazione Maestri di Strada, intervenuto a Roma all’ottava edizione del Festival dell’Essenziale.
“Per due giornate ci proponiamo un confronto con artisti, politici, intellettuali su cosa, in questa lunga era di passaggio‚ sia essenziale nel nostro viaggio umano”. Il Festival dell’Essenziale alla sua ottava edizione si è presentato così, meritando uno spostamento almeno di pensiero, se non anche fisico per scoprire di cosa si trattava. Il 3 e 4 ottobre scorso alcune persone (fra cui chi scrive questo pezzo), godendo ancora della possibilità di incontrarsi nel pieno rispetto delle normative Covid, hanno partecipato a Roma a un piccolo grande evento che vuole ribaltare la nota frase di Antoine de Saint-Exupéry “l’Essenziale è invisibile agli occhi”. E invece no, l’essenziale è visibile ed è capace di attrarre: a noi il compito di scoprirlo e diffonderlo, educarci a notare la sua incessante manifestazione.
Ha guidato le riflessioni delle due giornate Davide Rondoni, poeta. Nella giornata di domenica un tema e una domanda si sono imposti e speriamo che per molto tempo siano posti al centro di agende politiche e di azioni pratiche, per ora non è così. Il tema è la comunità, la domanda è Corpi intermedi, corpi sfilacciati? Ne hanno parlato Giampaolo Giampaolo Gualaccini (consigliere Non Profit del Cnel), Antonio Romano (presidente Istituto Sacro Cuore di Napoli) e Cesare Moreno (presidente di Maestri di strada Onlus, Napoli).
La parola di Cesare Moreno è quella che ha risuonato forte nella sala della Domus Australia, a via Cernaia a Roma. Luogo di incontro fra pellegrini provenienti dall’Australia soprattutto, stavolta ha ospitato l’esperienza di chi ha scelto di farsi pellegrino nella sua città combattendo la dispersione educativa insieme ad altri generosi educatori e volontari che vanno incontro a ragazzi e ragazze che vivono condizioni di difficoltà e a rischio abbandono scolastico.
«Essere maestri di strada non è stare fisicamente in strada – chiarisce Moreno – ma cercare di rintracciare quei “corpi sfilacciati”, quindi la strada stessa».
Come si fa allora a tenere la vicinanza sociale in una situazione di distanza fisica e assicurare che il corpo della città e della scuola, in particolare, ritrovi coerenza? Prima di tutto «attraverso la solidarietà umana, quella corrente empatica che supera ogni barriera e fa in modo che io mi riconosca nell’altro, citando Aristotele. Lo spirito di solidarietà sociale è riconoscere in sé questa tensione».
Luogo privilegiato della solidarietà è la scuola, capace di affrontare insieme e ridurre al massimo il rischio, chiamando il cittadino alla responsabilità. Lo stesso cittadino che soffre, che si agita, che ha paura da solo. Insieme è un’altra cosa: «Se non c’è comunità, la responsabilità non esiste, non può essere messa in pratica».
E l’esempio è la consegna di «pacchi viveri per la mente» (pacchi personalizzati, con materiale per scrivere e creare, libri, ma anche lettere e doni…), recapitati a duecento ragazzini in difficoltà educativa in aprile. Un altro esempio è la presenza, sui marciapiedi vicino a una scuola, di gazebo che hanno fatto da punto informale di ascolto per i genitori: qui giovani cresciuti con i Maestri di Strada insieme agli educatori hanno controllato le temperature di chi entrava, indirizzato i bambini verso ingressi differenziati, fornito sul campo le regole di igiene e sicurezza da rispettare, soprattutto hanno mitigato tensioni e preoccupazioni. «Tenimm’ ‘a capa fresca» è stato il loro richiamo e la scritta messa sui gazebo: non solo non avere febbre ma condividere idee e progetti per il bene comune. «Questa semplice iniziativa nata da una limitazione ha diminuito lo sfilacciamento del “corpo intermedio”. Perché è dalla fiducia reciproca che viene e si alimenta la comunità».
E poi Moreno ha lasciato la ricetta per le giornate a seguire, quelle che stiamo vivendo e che nelle ultime ore appaiono più difficili da affrontare proprio nella sua città bella e fragile, non unica tuttavia nell’incertezza del presente che la pandemia ha reso più evidente e drammatica. “Quali sono le cose che ci fanno sentire vicini senza toccarci? Le cose belle, come la poesia”.
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