Sgomberi ed espulsioni lanciano segnali all’elettorato, ma con quei blitz si riproduce soltanto clandestinità: il caso Campobello di Mazara. La parola alle associazioni.

Non si deve attendere neppure la prima applicazione delle norme repressive contenute nella legge 50/2023, con particolare riguardo allo sbarramento del sistema di accoglienza SAI per i richiedenti asilo, ed alle espulsioni verso paesi terzi ritenuti sicuri, per avere ulteriori conferme degli effetti delle politiche di riproduzione della clandestinità adottate dal governo Meloni.
A Campobello di Mazara viene sgomberato un insediamento informale di lavoratori agricoli, da anni sballottati da un territorio ad un altro ed in misura crescente costretti ad una condizione di irregolarità per la mancanza di possibilità effettive di conseguire un permesso di soggiorno. Nei loro confronti, di certo, non scatterà nessuna delle norme che la Legge n.50 prevede sulla carta in favore dei braccianti agricoli, per contrastare caporalato e sfruttamento. E intanto in tutta la Sicilia si moltiplicano le procedure di espulsione con accompagnamento forzato nei paesi di origine, ritenuti “sicuri”, nei confronti di lavoratori stranieri da anni nel nostro territorio, e già in possesso di un permesso di soggiorno, ormai scaduto, che non riescono a rinnovare o a convertire. E nessuno risolverà il destino delle donne che pure erano presenti all’interno degli insediamenti informali come l’ex cementificio di Campobello di Mazara. Troppo difficile ormai accedere alle procedure di protezione, previste dalle legge in loro favore, che vengono aperte solo in caso di denuncia, anche se dovrebbero scattare già a fronte di una prima verifica dell’esposizione della donna o dei minori a situazioni di grave sfruttamento.
All’alba del 24 maggio scorso la polizia in assetto antisommossa ha sgomberato l’ex cementificio “Calcestruzzi Selinunte”, tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, dove da anni esiste un insediamenrto informale nel quale trovano alloggio occasionale i braccianti agricoli impegnati nelle campagne circostanti per il raccolto delle olive. Come ha affermato il ministro dell’interno Piantedosi, “Azioni incisive, che proseguono su tutto il territorio nazionale, per contrastare efficacemente illegalità e degrado. Un segno tangibile dell’impegno delle Istituzioni per garantire maggiori condizioni di sicurezza alle comunità locali, intervenendo con determinazione sui principali fattori che alimentano i fenomeni criminali”. Ma la realtà dell’ex Cementificio, nel corso degli anni, è stata ben diversa da quella rappresentata dal Viminale e dai suoi organi periferici e quindi riprodotta dai media locali.
Un luogo segnato tragicamente dalla morte di un bracciante, un luogo abbandonato dalle amministrazioni dello Stato ad una condizione di totale degrado al quale adesso si pone termine con un “blitz di polizia” che riafferma si “la presenza dello Stato”, ma non dà alcuna soluzione alla condizione di emarginazione delle persone migranti che si trovavano al suo interno, e che oggi vengono disperse in una condizione di maggiore precarietà. Precarietà che rischia di estendersi nei territori circostanti se non alla vicina area di accoglienza all’interno dell’ex oleificio “Fontane d’Oro”. Dove a scadenze ricorrenti, soprattutto nei mesi di maggiore aflusso di stagionali, le forze di polizia prima tollerano le occupazioni e poi a periodi alterni consentono l’ingresso solo agli immigrati in possesso di un permesso di soggiorno. Ma oggi in quello spazio, a sua volta sgomberato nel 2021, nel quale si erano avviati progetti anche con la collaborazione dell’UNHCR, che aveva donato decine di moduli abitativi, e che poi è stato chiuso, senza una gestione pubblica, potrebbe crescere ancora una volta la presenza di lavoratori braccianti, senza fissa dimora e senza permesso di soggiorno. Ad oggi circa 40 braccianti sgomberati dall’ex Cementificio hanno trovato un alloggio di fortuna all’interno dell’ex oleificio “Fontane d’Oro”, dove è attivato un presidio diurno della Croce Rossa e sembra che la Prefettura stia garantendo un servizio pasti. Ma di notte non è prevista alcuna presenza, salvo le attività di controllo della Polizia. Gli sviluppi di questa situazione sono imprevedibili, e quel degrado, che si è cercato di camcellare nell’ex Cementificio, potrebbe presto riprodursi all’interno dell’ex oleificio di Fontane d’Oro.
Il 21 febbraio scorso il sindaco di Castelvetrano aveva adottato l’ordinanza di sgombero, dell’area dell’ex Cementificio, denunciando casi di spaccio e prostituzione. Situazioni di sfruttamento e casi di devianza che la condizione di irregolarità non può che facilitare. Nel tempo trascorso fino allo sgombero, con il cd. decreto Cutro, poi stravolto in peggio dalla Legge di conversione n.50/2023, anche per i braccianti stranieri si è reso ancora più difficile il conseguimeno di un permesso di soggiorno. Anche per effetto di un Decreto interministeriale, pubblicato a marzo, con una lista di paesi terzi sicuri ampliata a Nigeria, Gambia e Costa d’Avorio, e con la restrizione dei casi di protezione speciale e di conversione dei permessi di soggiorno. Di fatto la negazione di qualsiasi prospettiva di soggiorno regolare per quanti provenivano da questi paesi, anche se in precedenza avevano goduto di un permesso di soggiorno per protezione umanitaria o speciale.
Secondo i sindacati confederali di Trapani, e sulla stessa linea si ritrova la sezione locale del PD, “la legalità è finalmente entrata nell’ex cementificio “Calcestruzzi Selinunte” ponendo fine a tutte quelle situazioni di degrado, insicurezza e illegalità generalizzata. Adesso, è indispensabile compiere un ulteriore passo in avanti per evitare che altri campi abusivi prendano il posto di quello appena sgomberato”. Per i sindacati ” Il metodo del confronto e della concertazione si è rivelato vincente e ha dato un importante segnale di affermazione della legalità ai lavoratori, che vivevano in condizioni disumane e che subivano l’illegalità, e alle comunità campobellese e castelvetranese”. Ma questo confronto non è arrivato ad attivare le risorse pubbliche messe a disposizione per l’accoglienza dei braccianti agricoli presenti in quelle zone, ed a individuare oggi una possibilità concreta di alloggio e di regolarizzazione per i lavoratori stranieri espulsi dall’insediamento informale che pochi giorni fa veniva sgomberato. Come se le attività illecite poste in essere da alcuni dei suoi occupanti potessero ricadere, quasi una nuova forma di “colpa collettiva”, sull’intero gruppo di persone che vi erano accolte. La mancanza di un valido permesso di soggiorno non corrisponde necessariamente ad atività criminali, come si vorrebbe fare credere, non deriva da una scelta delle persone migranti, ma è frutto della mancanza di canali legali di ingresso e regolarizzazione dei lavoratori stranieri. Persone comunque presenti sul nostro territorio perchè molto “convenienti” per le famiglie e le imprese che se ne avvalgono. Almeno fino a quando non rivendicano i propri diritti, a partire dal diritto a documenti regolari ed a condizioni di vita e lavoro dignitose.
Oggi per i braccianti agricoli allontanati dall’ex Cementificio, e ancora privi di un permesso di soggiorno, non vi sono alternative alla clandestinità. La realtà dell’ex Cementificio non era solo illegalità e spaccio, perchè all’interno di quella struttura centinaia di persone tentavano di sopravvivere, seppre in condizioni di degrado, prestando il loro lavoro in campagna, esposti ad ogni sorta di abusi e di sfruttamento lavorativo sistematico, come era stato verificato da chi svolgeva comunque opera di volontariato e di mediazione socio-legale pure al suo interno. Adesso tutto quell’impegno di associazioni indipendenti e di cittadini solidali rischia di venire disperso ancora una volta. E le richieste fatte dalle Associazioni presenti da tempo all’interno dell’ex cementificio rimangono ancora senza risposta.
Come scrivevano lo scorso anno le associazioni impegnate all’interno dell’ex Cenentificio, “Considerando la complessità del contesto di Campobello, ci sembra chiaro che non ci sia una sola ‘soluzione’, quanto più tante misure stratificate da mettere in campo. L’esistenza del ghetto all’ex-Calcestruzzi è inaccettabile in quanto diretta conseguenza di violenze sistematiche e politiche istituzionali. Rispettiamo tuttavia anche le molteplicità di idee e desideri, percorsi di vita, metodi di guadagno e sopravvivenza, sfide burocratiche e legali di chi ci vive. Dunque, ovviamente, ripudiamo anche certe retoriche istituzionali che mirano punitivamente ad uno sgombero poliziesco, che finirebbe solo per ricreare un altro ghetto. Considerando ciò, chiediamo che nel prossimo futuro i fondi destinati alla lotta al caporalato e allo sfruttamento lavorativo, esistenti e sempre in aumento, abbraccino davvero la complessità che qui si è cercato di rendere, che le politiche sociali si sentano responsabili dell’istituzione di soluzioni abitative per gli stagionali e della presa in carico dei senza fissa dimora e che si concentrino sull’ascolto dei bisogni individualizzata. Non è chiedere la luna con ingenuità, è la base.
Occorre affrontare il problema dell’alloggio dei lavoratori stranieri impiegati in agicoltura, spesso privi di un permesso di soggiorno senza loro colpa, perchè ancora le prefetture non hanno neppure chiusa l’ultima regolarizzazione lanciata dalla ministro Bellanova nel 2020. Tre anni di vite sospese. E non solo per la mancanza di un permesso di soggiorno che, malgrado apparenti aperture, la nuova legge 50/2023 rende ancora più difficile conseguire o semplicemente conservare.
Nel caso dei lavoratori stranieri stagionali i centri di acoglienza devono organizzarsi su scala regionale, con una mobilità interprovinciale, in modo da corrispondere alle diverse fasi dei raccolti stagionali, ma al contenpo consentendo il passaggio verso soluzioni residenziali stabili.
Come le associazioni chiedono da anni per il comprensorio agricolo di Campobello di Mazara occorre “istituire dormitori, cohousing e in generale delle soluzioni abitative alternative al livello comunale e provinciale. Finora, le istituzioni comunali hanno puntato soprattutto su ‘soluzioni’ di emergenza, spesso tardive e temporanee – per citarne una i moduli abitativi dell’UNHCR arrivati a metà stagione e smontati appena la stagione era finita. Mentre nulla è in progetto per la raccolta del 2022, sembra che ci sia in progetto per il 2023 la costruzione di non specificate casette di fronte all’ex-oleificio di Fontane d’Oro, per qualche centinaia di lavoratori durante la stagione. Potrebbe anche andare bene per alcuni, soprattutto se si pensa di togliere come requisito di accesso il possesso del permesso di soggiorno e del contratto di lavoro in corso di validità e se verrà rilasciata una dichiarazione di ospitalità per permettere il rinnovo dei documenti. In ogni caso, non basterà come ‘soluzione’ perché tante persone rimarranno fuori per un motivo o un altro.
Soltanto una regolarizzazione permanente, dopo la chiusura immediata della regolarizzazione Bellanova, che va definita nel tempo più breve possibile, sulla base del lavoro effettivamente prestato in Italia, ma anche di nuove disponibilità di lavoro in agricoltura, potrebbe consentire una soluzione a problemi che la condizione di diffusa irregolarità, in aumento dopo i più recenti provvedimenti governativi, non può che aggravare. Non si intravede dunque alcun miglioramento in vista per la situazione dell’ordine pubblico che si voleva garantire con lo sgombero. Il gravissimo degrado che si è tentato di risolvere con l’intervento della polizia che ha sgomberato l’ex Cementificio rischia di riprodursi in altre parti del territorio di Campobello di Mazara. Soltanto il riconoscimento di uno status di soggiorno legale ai lavoratori stranieri impegnati nel settore agricolo, ed un piano di accoglienza regionale, e quindi su base provinciale, potranno restituire a questi ultimi “sicurezza”, e condizioni di vita e di lavoro dignitose, come ai cittadini italiani.
COMUNICATO STAMPA
Sgombero della Ex-Calcestruzzi di Castelvetrano-Campobello – 26/05/2023
Abbiamo appreso dalla stampa e dalle persone che abitano presso l’ex-cementificio situato tra Castelvetrano e Campobello di Mazara che un’azione di polizia ha portato allo sgombero. Siamo estremamente preoccupati per le conseguenze di questa decisione e ci chiediamo i motivi per i quali né le persone ivi residenti (in alcuni casi da anni), né le organizzazioni del terzo settore che da molto tempo operano in questo territorio, siano state consultate, avvisate, allertate né preventivamente, né contestualmente.
Le persone che abitano l’insediamento informale sono estremamente fragili dopo anni di vita in un ghetto che non ha luce, acqua, servizi igienici né niente di quel che viene considerato il minimo per una vita dignitosa. Da anni tentiamo di portare all’attenzione pubblica la grave situazione di dipendenza di molte delle persone dell’insediamento, al fine di attivare politiche adeguate e per la quale non è stata fatta alcuna azione da parte delle istituzioni di reale presa in carico di persone con dipendenze gravi. Abbiamo più volte evidenziato l’insalubrità del luogo, che dovrebbe essere oggetto di bonifica a causa dell’ingente presenza di amianto sgretolato estremamente nocivo sia per le persone che vivono all’ex cementificio che per la popolazione tutta dei due Comuni. Vogliamo ribadire quanto detto da anni e sottolineare come qualsiasi sgombero costituisca una grave violazione dei diritti umani, e come questo in particolare sia stato fatto in evidente violazione degli obblighi internazionali e senza rispettare alcuna delle garanzie procedurali in materia di sgomberi individuate dal Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite, in parte fatte proprie dal Decreto Minniti (legge 48/2017). L’operazione non è stata infatti preceduta da alcuna notifica scritta alle persone e – soprattutto – non è stata fornita alcuna reale soluzione abitativa alternativa.
L’unica alternativa proposta esclusivamente a coloro che sono in possesso di regolare
permesso di soggiorno non è da considerarsi una soluzione abitativa, trattandosi dei moduli abitativi dell’ex oleificio di Fontane d’oro, presso l’insediamento “formale” gestito dalla Croce Rossa. Tali moduli abitativi – donati dall’UNHCR e che non dovevano neanche essere destinati ad usi abitativi – vengono montati e smontati dalla Croce Rossa durante la raccolta delle olive per “accogliere” i braccianti stagionali e non è una soluzione adeguata per persone che invece risiedono stabilmente nel territorio compreso tra i Comuni di Campobello e Castelvetrano.
Da anni,le associazioni che operano all’interno dell’ex cementificio, prestando supporto di
vario tipo,tra cui quello sociale e legale,cercando un dialogo con le istituzioni al fine di
chiedere soluzioni differenziate per i lavoratori stagionali e per coloro che risiedono
abitualmente nel nostro territorio.Le soluzioni richieste dovevano rispondere alle differenti
situazioni,volontà e condizioni di salute degli abitanti e delle abitanti dell’insediamento, e in qualità di operatrici sociali,avvocati,mediatori,e volontari è stato fatto di tutto- tra cui
accompagnamenti fuori regione in coordinamento con il SERT di Castelvetrano per
permettere ad una giovane di entrare in una comunità di recupero- per trovare soluzioni
abitative possibili che in molti casi sono state trovate, e per permettere alle persone con
status giuridici incerti di regolarizzare ove possibile la loro condizione. Ci si è, di fatto,
sostituiti ad un settore pubblico assente o affaticato.Gli sgomberi fanno aggravare le situazioni di vulnerabilità delle persone coinvolte. In passato ne abbiamo visti diversi in questa zona e non hanno portato a nessuna soluzione, tant’è che ci troviamo qui nuovamente dopo più di 10 anni, a parlare lo stesso linguaggio di allora. Servono politiche sociali, abitative e del lavoro che in maniera integrata rispondano alle esigenze delle persone e del territorio. Servono Istituzioni che, in collaborazione con le organizzazioni del terzo settore, si attivino in questo senso, così come si stava tentando di fare nel percorso di collaborazione avviato con l’Ufficio Speciale Immigrazione, oggi soppresso in quanto tale struttura non esiste più, e le competenze sono transitate nel Servizio 3 del dipartimento famiglia della Regione Sicilia (assessorato famiglia e politiche sociali).
Il diritto all’abitare è sancito nella Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo dell’ONU (art. 25) inclusa nel più ampio diritto ad uno standard di vita adeguato: “ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, alle cure mediche e si ai servizi sociali necessari (..)”. Anche la Carta Sociale Europea (trattato del Consiglio di Europa del 1961, ratificato in Italia nel 1999) disciplina il diritto all’abitare definendo gli obblighi che gli Stati assumono in tal senso:
– favorire l’accesso ad una abitazione di livello sufficiente
– prevenire e ridurre lo stato di senzatetto in vista di eliminarlo gradualmente
– a rendere il costo dell’abitazione accessibile alle persone che dispongono di risorse sufficienti.
Nonostante tali impegni,gli organismi dello Stato ancora non riconoscono l’obbligo ad
assicurare standard di vita dignitosi a chiunque sia presente nel territorio italiano,e così
agendo si perde congiuntamente l’occasione per un miglioramento della qualità della vita di ogni persona abitante nel nostro territorio.
Questo comunicato vuole presentare una lettura della situazione che non accetta le logiche
della sicurezza e del decoro di facciata che portano, in realtà, a maggiore instabilità nel
breve periodo e a un nulla di fatto sul lungo termine.Vogliamo soluzioni articolate, integrate e che tengano conto della complessità in gioco.
Appelliamo alle autorità locali affinché si impegnino a trovare soluzioni sostenibili che
rispettino i diritti umani di coloro che vivono nell’insediamento informale.
Chiediamo un dialogo aperto e costruttivo tra le parti coinvolte, con la partecipazione delle persone interessate e delle organizzazioni della società civile, al fine di identificare alternative rispettose.
Associazioni firmatarie:
● Arci Porco Rosso
● Contadinazioni
● Coordit Onlus – Coordinamento Italiano per il diritto delle persone straniere a vivere
in famiglia (Re-Agire)
● Le consigliere d’opposizione di Campobello di Mazara
Liliana Catanzaro
Carla Prinzivalli
● ADIF – Associazione Diritti e Frontiere
● Arci Sicilia
● APS Ballaró Buskers
● Borderline-europe
● Earth Government Italia
● Forum Antirazzista Palermo
● Gambian Association IN Palermo
● Handala
● Mare Memoria Viva
● Maldusa Ass.ne Culturale
● Mediterranea Saving Humans
● Moltivolti
● Officina del Popolo
Le persone firmatarie:
● Busnelli sr Franca
● De Vivo sr Mariarosaria
● Goffo sr Giacinta
● Martini sr Anna
● Gaia Quirini
● Giovanni Abbagnato
● Bartolomeo Antonio Rizzo
● Fausta Ferruzza
● Pasqua de Candia
● Giuseppe Mazzola
● Maria Rosa Ragonese
● Anna Zinnanti
● Gaia Pepati
● Alessia Maso
fonte: Adif
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