I fenomeni climatici più gravi stanno accelerando il loro corso, nuovi eventi estremi colpiscono ovunque, fuori dell’Europa ci sono già Paesi che subiscono gli effetti dell’innalzamento dei livelli del mare e delle aree di siccità sempre più estese. Il tempo per intervenire in modo radicale è sempre meno. Alberto Castagnola, alla luce di una vita intera trascorsa a organizzare con modestia e senza gerarchie lotte di base e reti territoriali, prova a dare qualche suggerimento utile sui passi necessari per stimolare modalità di impegno e di azione all’altezza della complessità di una situazione colma di difficoltà e ostacoli

Vorrei che le prossime pagine fossero fortemente intrise di angoscia per l’immediato futuro e di una spinta ad azioni subito efficaci. Non basta infatti essere coscienti del fatto che stiamo sicuramente attraversando un periodo molto difficile, in cui le tensioni a livello economico e sociale continuano a moltiplicarsi, le azioni di governi e partiti sono confuse e sempre in ritardo rispetto ai fenomeni che colpiscono le popolazioni, le iniziative di base e di movimento, abbastanza numerose, sembrano poco efficaci e piuttosto disordinate.
Inoltre una collocazione e una strategia individuale o di gruppo appare sempre più complessa e viene comunque vissuta come poco soddisfacente. In realtà i fenomeni climatici più gravi stanno accelerando, e sempre nuovi eventi estremi colpiscono in pratica tutti i paesi e fuori dell’Europa ci sono già dei paesi che subiscono gli effetti dell’innalzamento dei livelli del mare e delle aree di siccità sempre più estese.
Si trascura invece il fattore tempo, e si procede come se non ci fossero scadenze e limiti temporali sempre più vicini, tutti inferiori al decennio in corso. Inoltre si dedica pochissima attenzione a fenomeni come lo scioglimento delle masse di ghiaccio che coprono l’Antartide o lo spostamento della capitale della Tailandia poiché quella attuale è diventata inabitabile.
In una prospettiva temporale così ravvicinata è molto difficile fare affidamento su governi e organizzazioni internazionali ( il crescente fenomeno delle astensioni elettorali in Italia è il segnale più significativo) mentre è ancora possibile e urgente far emergere una reazione dal basso, capace però di autorganizzarsi e di diventare efficace in tempi molto ristretti.
Quanto segue non vuole quindi essere una analisi critica e distaccata, alternativa e risolutiva, ma solo un tentativo di far emergere con maggior chiarezza le cause profonde delle difficoltà che gli attivisti incontrano e di suggerire modalià di azione più efficaci e incisive, oltre che valide in un periodo più breve.
In ogni caso vuole essere un’utile stimolazione di modalità di impegno e di azione che siano all’altezza della complessità della fase che stiamo attraversando, colma di difficoltà e di ostacoli.

Vediamo in primo luogo come si presentano le forme embrionali di presa di coscienza delle esigenze che scaturiscono dalla nostra realtà, e come si decidono di tradurre in pratica idee e obiettivi. In altre parole, come nascono ai loro albori le attuali forme associative più diffuse. Due o tre amici, parlando tra loro, giungono alla conclusioe che occorre fare qualcosa, si autocostituiscono in gruppo e decidono insieme che una certa attività è urgente e fondamentale per modificare la realtà sociale e politica circostante.
Si scrive faticosamente un testo, una analisi o un manifesto, si cerca di farlo apparire su radio o giornali locali, si attendono reazioni e adesioni. Subito una prima osservazione. Sono molto rari i casi in cui il gruppo iniziale verifica se esistono altre iniziative simili oppure esperienze analoghe con le quali interloquire.
In sostanza il gruppo iniziale è praticamente convinto di essere il solo ad aver concepito tali idee e pensa di potersi dotare dei mezzi e degli strumenti necessari per garantire gli ulteriori sviluppi. Invece questo atteggiamento si traduce in lavori molto faticosi, in tempi lunghi per realizzare le tappe successive e soprattutto in una specie di isolamento in un contesto generale attuale percorso continuamente da rapidi e continui mutamenti (ad esempio a causa di un clima in continuo peggioramento o di una economia percorsa senza sosta da eventi drammatici).
Ne consegue anche che persone molto valide si perdano durante il processo, mentre poco viene fatto per allargare la consistenza del gruppo iniziale. Rari sono i gruppi di maggiori dimensioni che riescono ad operare per periodi più lunghi, e non sempre gli obiettivi perseguiti e le modalità adottate sono utili per incidere sulla attuale preoccupante fase.
Un secondo livello di analisi riguarda le associazioni di maggiori dimensioni, spesso scaturite da strutture storiche da tempo attive, e impegnate in ambiti sociali ben definiti. In molti casi, gli obiettivi vengono perseguiti per molti anni e non sempre vengono aggiornati o mutati per tener conto delle variazioni avvenute nel contesto generale (nelle forze politiche, nel clima, nei vincoli e nei condizionamenti esterni).
Le osservazioni su questa fascia di attività riguardano solo alcuni aspetti, ad esempio in genere queste organizzazioni operano in modo completamente autonomo ed eventuali collaborazioni con associazioni analoghe sono abbastanza formali e non prevedono cooperazioni sul campo o di lunga durata.
Una terza forma di collaborazione è costituita dalle reti, spesso in forma di campagne o mobilitazioni contingenti; a seconda degli obiettivi o delle competenze, ad esse aderiscono le associazioni che intendono partecipare alle attività previste o al conseguimento degli obiettivi prefissati. Quindi si tratta di formazioni di scopo, che perseguono finalità ben determinate oppure che intendono contestare decisioni politiche ritenute inaccettabili. In genere le reti si dissolvono dopo aver constatato la inutilità della contestazione degli enti politici, solo in casi abbastanza rari riescono a modificare le decisioni governative o politiche prese di mira. Per esprimersi e per diffondere le loro posizioni costituiscono in genere dei gruppi di lavoro, formati da esperti o da persono rappresentative.
Se queste quattro forme di associazionismo possono essere ritenute significative, vediamo se è possibile individuare delle caratteristiche delle rispettive attività che ne determinano l’efficacia e la capacità di incidere sulla realtà.
Il primo aspetto da verificare è la effettiva capacità di avviare azioni concrete nella rispettiva area sociale ed economica, cioè di uscire dalle dichiarazioni di principio (sebbene valide e utili) ed entrare in una fase di realizzazioni concrete.
Ad esempio, coinvolgere le popolazioni locali in tutti i luoghi dove si è presenti, lanciare progetti di immediata utilità sociale o ambientale, moltiplicare i luoghi dove si è materialmente presente, svolgere periodicamente incontri partecipati di valutazione delle attività svolte e di quelle in programma, e così via. Inoltre sarebbe opportuno svolgere incontri interni alla associazione o alla rete a porte chiuse, per essere liberi di esprimere critiche e adottare mutazioni in corso d’opera (almeno cinque incontri ogni anno).
Sarebbe inoltre opportuno che vi fosse un riferimento interno al quale persone appartenenti al territorio potessero fornire informazioni, critiche o suggerimenti attinenti agli interventi in atto.
Un secondo aspetto importante riguarda le collaborazioni con altre associazioni che operano negli stessi territori. Potrebbero essere costituiti da incontri periodici per il solo scambio di informazioni sulle rispettive attività, oppure da offerte di aiuto o sostegno, possibilmente recicpoci anche se in campi diversi.
Oppure potrebbero essere degli incontri esplicitamente diretti a stabilire forme di collaborazione operativa, anche se magari all’inizio limitata solo a particolari attività ben definite. Ad esempio si potrebbero immaginare incontri comuni con popolazioni diverse (più o meno coinvolte negli interventi di ogni associazione o rete), per individuare fabbisogni o esigenze di varia natura, oppure diretti ad estendere le capacità di intervento. Si potrebbero perfino immaginare viaggi di studio in altre regioni o paesi.
All’interno di ogni gruppo o rete di associazioni si potrebbero approfondire le possibilità di azioni in comune in nuove aree di competenza, per la realizzazione ogni organismo potrebbe mettere a disposizione (in parte o completamente) il proprio patrimonio di esperienze.
Una volta definito un intervento si dovranno precisare il ruolo svolto da ogni partecipante, definire gli apporti in materiali e persone, definendo nelle situazioni più complesse, dei gruppi di esperti di diversa provenienza ma che intendono operare in modo autonomo (ovviamente tenendo periodicamente informata l’organizzazione di provenienza)
Un terzo tipo di collaborazione è di natura più politica, tutte le associazioni o reti presenti su un dato territorio dovrebbero esprimere un deciso sostegno alle altre entità presenti, sia in modo un po’ formale, sia con modalità più sostanziali, anche se non si hanno progetti o programmi in comune.
Spesso singole associazioni si trovano in situazioni difficili nei rapporti con enti locali o organismi govenativi: non dovrebbe mai mancare un supporto esplicito da parte delle altre associazioni (anche in assenza di collaborazioni in corso) poiché alcuni principi ed obiettivi generali sono sicuramente un patrimonio comune da difendere o da sostenere nei momenti più critici.

Vi è poi un quarto campo di azione comune, di grande importanza ma poco esplorato: le attività di formazione a qualunque livello. Finora le (poche) associazioni che svolgono attività formative le hanno viste di fatto come uno strumento per preservare e diffondere il proprio patrimonio politico ed ideologico, quindi la trasformazione qui proposta non è facile.
Se però si è convinti che aumentare progressivamente la presenza in un settore o in un territorio di persone qualificate e informate sia un obiettivo di interesse comune, le singole entità che hanno già compreso il valore intrinseco della formazione, dovrebbero concepire ogni loro iniziativa in materia come un intervento di interesse comune e condiviso.
Le possibilità sono molte, quindi facciamo solo alcuni esempi molto concreti. Ogni organismo che decide di realizzare una iniziativa formativa dovrebbe concepirla fin dall’inizio come “aperta”, ad esempio prevedendo un 20 o 30% dei posti riservati a giovani provenienti da altre associazioni del territorio, oppure garantendo una distribuzione allargata dei testi delle relazioni e dei materiali messi a disposizione. Ovviamente potrebbero essere previste forme di collaborazione con altro organismi per impostare e realizzare un corso di comune interesse, oppure lo scambio di esperti, di formatori, di animatori, di organizzatori, di tecnici per mezzi audiovisivi.
Un quinto campo di azione riguarda i contatti con l’estero, per conoscere le esperienze in corso in altri paesi o per prendere contatto con organismi di particolare interesse, sia operativo che culturale. Molte volte in Italia abbiamo svolto attività analoghe a quelle che in altri paesi, specie europei, avevano già esperienze di anni alle spalle.
Questi contatti possono essere effettuati da membri delle associazioni per scopi personali di ricerca e formazione, oppure essere decisi da ciascuna organizzazione per scambiare esperienze e stabilire forme di collaborazione protratte nel tempo. Infine possono assumere la forma di viaggi di studio e di scambio di esperienze di gruppo, e potrebbero anche essere ripetuti nel tempo onde confrontare le rispettive evoluzioni.
Un sesto livello di analisi riguarda i contatti sistematici tra le organizzazioni e le esperienze di comunità, che in Italia sono molto numerose, oltre 600 secondo una recente ricerca. Le comunità possono essere molto diverse tra loro, ma riguardano sempre un territorio ben determinato e tendono a svilupparsi su sé stesse, aumentando il numero delle persone e dei territori coinvolti, mentre sono rari i casi di proiezione all’esterno per far nascere nuove comunità in altri territori.
Le associazioni potrebbero trarre numerosi stimoli da rapporti sistematici con queste realtà, tutte diverse tra loro per dinamiche e obiettivi, ma che rappresentano una forma di radicamento territoriale ricca di potenzialità per delle associazioni più verticali o concentrate solo su specifiche tematiche.
In prospettiva però sarebbe opportuno ipotizzare che ogni organizzazione dovrebbe studiare in modo sistematico un certo numero di comunità, coprendo tutte le loro specializzazioni, dando la priorità a quelle esistenti nei loro territori di attività, ma non evitando contatti con comunità più lontane. In seguito sarebbe importante che i rapporti diventassero più sistematici e assumessero la forma di vere e proprie collaborazioni, nel rispetto degli obiettivi di ciascun organismo, ma utilizzando al massimo le esperienze e le conoscenze di ciascuno di essi.
In conclusione, indicazioni e suggestioni potrebbero contribuire a far emergere, in un breve volger di tempo, una rete di attivisti piuttosto efficace, in grado di affrontare, in gran parte dei territori, gli effetti più drammatici della crisi climatica ed economica che senza dubbio esploderà in un futuro non molto lontano.
Fin da subito ogni membro della rete dovrà essere messo in grado di “leggere” i fenomeni più drammatici e pericolosi, in particolane nei loro risvolti a livello di città e campagne, e soprattutto di saper attuare in modo corretto le reazioni e le compensazioni più urgenti e necessarie.
Sarebbe importante, fin da subito, che associazioni, comunità, gruppi spontanei fossero dotati degli strumenti e delle informazioni essenziali per ridurre al minimo perdite e vittime. Questo articolo vuole solo essere un segnale di allarme che non possa essere trascurato, ma anzi completato e approfondito, e soprattutto fatto conoscere.
Qui si parla di Azione Comune, di collaborazione intorno a convinzioni comuni che tendono a mete comuni. OTTIMO, NECESSARIO, tutt”altro che banale. Sperimentiamo nei nostri gruppi, nelle nostre associazioni, nelle nostre città che manca la volontà di unire i vari talenti, le varie professionalità, le diverse forze creative e idee e operosità volte al bene Comune. Predomina la sfiducia? o il desiderio di primeggiare? o la cecità rispetto all’urgenza dell’agire? Grazie Aberto castagnola per gli stimoli che suggerisci.Grazie