Accompagnare bambini e ragazzi a scoprire l’autonomia di pensiero e di azione significa capovolgere l’educazione, contribuire a costruire un mondo nuovo. Appunti di un insegnante di sostegno
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di Daniele Ferro*
Il mio dito, senza riflettere, punta il segno perso sul brano che si sta leggendo in classe. Francesco, senza occhiata né parola, con la sua mano scaccia d’un lampo il mio dito dalla pagina: un gesto, ed è tutto un dire.
Educare i bambini è meraviglioso perché è essenza di vita: qualcuno, che ha più vissuto, cerca di trasmettere insegnamenti a un altro che ha più da vivere. Ed essendo vita, l’educazione contiene in sé l’errore, lo sbaglio che – poi “pensato” – può divenire fonte di apprendimento.
Il gesto di Francesco mi mortifica d’ingenuità, del dispiacere di essere stato invadente; allo stesso tempo provo stima per questo bambino e sono felice della sua orgogliosa affermazione di sé: «Sarai pure il mio maestro di sostegno – è come se mi avesse avvertito – ma guarda che sono capace di ritrovare il segno da solo. Fa’ attenzione, aiutami solo quando è necessario».
Mi rimane il dubbio di avere un poco ferito la sua dignità, un pensiero che svanisce presto; Francesco alza la testa e con i suoi occhi splendenti di vivacità mi chiede spiegazioni sull’immagine che accompagna il brano. «Non mi sono giocato la simpatia», sospiro dentro di sollievo: non ci conosciamo molto bene, io e Francesco, ed agli inizi di un rapporto educativo è ancora più importante tentare di mantenere alta la sintonia della nostra relazione, fondamenta del processo di apprendimento.
Quella sua mano che scaccia il mio dito è la manifestazione dell’istinto all’autonomia dei bambini. Il fine dell’educazione è lo spiccare da soli il volo dal nido, è insegnare ed imparare a vivere in autonomia (dal greco autòs, stesso, e nòmos, legge: darsi le regole da sé). Se noi adulti indichiamo sempre ai bambini ciò che si deve fare, se agiamo sempre noi al posto loro – allacciare le stringhe o il giubbotto, ad esempio – come potranno imparare a cavarsela, un giorno, da soli?
Ha scritto Maria Montessori:
«La sostituzione dell’adulto al bambino non è soltanto quella di agire invece di lui, ma può anche essere quella di infiltrare la propria volontà nel bambino, sostituendola […] Allora non è più il bambino che agisce ma è l’adulto che agisce nel bambino […] Non è volontariamente soltanto, che l’adulto suggestiona, ma anche senza volerlo né saperlo: senza che egli si ponga il problema» (Il segreto dell’infanzia, p. 121-22, Garzanti, 1999).
I bambini ci insegnano a riflettere, a non considerare mai scontato nulla, a perdonare con occhi d’allegria una persona che ha appena commesso un errore.
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