C’è chi, come Serifou, ha dimenticato tutte le sillabe nelle vacanze di Natale. Moussa invece ora è lanciato nella lettura. Un altro ragazzo è completamente analfabeta e fa una fatica immensa a ricordare l’alfabeto ma a tris batte tutti, maestro incluso. Poi ci sono le donne dell’est che arrivano ogni giorno perché sentono che la conoscenza della lingua e la cultura restano strade da percorrere per non essere inchiodate al ruolo di badanti, operaie, parrucchiere… C’è un mondo ricco di vita di cui prendersi cura nelle scuole di italiano per stranieri
Racconti da un corso di italiano per stranieri
di Lino Di Gianni*
Serifou ha dimenticato tutte le sillabe, nelle vacanze di Natale. Succede sempre così, con le cose delicate. Basta interrompere le attenzioni e qualcosa si arresta. Il suo amico Moussa invece, molto più giovane, adesso è lanciato nella lettura delle frasi, e non si stanca di mettere a posto le schede, per riguardarle. Quando uno non sa leggere, tutte le parole nuove deve tenerle a mente.
Serifou ha due bambini da seguire, una di nove anni con grosso handicap di udito. Lui l’ha portata qui per farla operare, per avere una vita migliore per tutta la famiglia, per curarsi le ossa della gamba che hanno una grave malattia.
Nelle ore in cui c’è Serifou arrivano anche molti altri rifugiati, sono contenti di venire, dicono. Io cerco di capire chi legge sillabe, chi legge parole, chi ha la mente agile. Ad esempio un ragazzo molto giovane, completamente analfabeta, lo sguardo pesante e indolente, nel tentare di ricordare le lettere dell’alfabeto. Uso il gioco del Tris per vedere le capacità logiche, e incredibilmente batte tutti segnando i suoi tre simboli alla lavagna: ha elaborato una strategia per cui si procura, contemporaneamente due possibilità di vincita. E vince contro tutti, anche contro di me.
Mi piace vedere quando chiedo a qualcuno di far da maestro a un suo compagno: si parlano in Bambarà e si prendono molto sul serio.
Nelle due ore successive, gruppo totalmente diverso, livello più elevato di studi, qualcuna laureata, qualcuna scuole superiori: diverse donne della Romania che tentano di conciliare i lavori di cura della famiglia con i loro spazi di studio.
Mi sembrano chiuse, tra di loro, queste persone dei paesi dell’Est: forse hanno paura di essere invischiate in amicizie che non desiderano. Eppure si sente che per loro la cultura e la conoscenza della lingua sono ancora valori importanti, anche per non essere inchiodate al ruolo di operaie nel settore più nocivo della locale fabbrica di motoscafi di lusso, quello delle resine. O di parrucchiere oppure di badanti.
Queste donne corrono da tutte le parti, si sposano giovani e fanno figli, e con la volontà stanno dietro a tutto, vere impalcature e sistema nervoso delle migrazioni. Qualcuna dice per amore, qualcuna per cercare lavoro, ma quando hanno un figlio è per lui che faticano e sperano.
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