Alcune reti nazionali hanno scelto di camminare insieme per favorire la nascita di comunità educanti, attraverso patti territoriali, e per metterle in relazione, anche a livello internazionale. I patti, dicono quelle reti, non sono un punto di partenza ma di arrivo: serve prima di tutto ricomporre le relazioni sociali
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Favorire nei territori la nascita di comunità educanti, attraverso patti territoriali, e metterle in relazione. Sono i principali obiettivi di un gruppo di reti nazionali – Forum SAD (Sostegno a distanza), CoNNGI, Coordinamento CARE, MoVI/Movimento di Volontariato Italiano, CGD/Coordinamento Genitori Democratici Nazionale, AIB/Associazione Italiana Biblioteche, Opes Italia -, che in un incontro web, giovedì 22 aprile, hanno presentato il loro accordo (in questa pagina fb la registrazione dell’evento).
Il tema della comunità educante, dunque, sembra sempre più al centro di molte attenzioni, non solo istituzionali. Secondo il gruppo di reti, molto diverse tra loro, per contrastare la povertà educativa non basta rafforzare la scuola, non bastano neanche il volontariato o il terzo settore, e neanche istituzioni con più fondi: servono prima di tutto nuovi patti tra tanti attori territoriali diversi. Tuttavia i patti non possono essere il punto di partenza, ma il passo finale di un territorio che ha imparato a gestire molti dei suoi problemi, un territorio nel quale si dialoga e si collabora ogni giorno tra pari. Insomma, ricordano quelle reti, non esiste un territorio se non c’è la ricomposizione dei legami sociali.
A rendere importante e originale il percorso avviato dal gruppo di reti non è solo la dimensione (le persone delle associazioni che aderiscono alle reti sono migliaia e sono presenti in ogni regione), ma anche la ricerca di un respiro internazionale, cioè la possibilità che nascano relazioni con comunità educanti di differenti paesi. Non è un caso che tra i principali animatori del gruppo di reti ci sia il Forum SAD: del resto il sostegno a distanza è nato soprattutto per consentire a bambini e bambine del sud del mondo di poter andare a scuola, ma in realtà ognuna delle diverse reti coopera, in differenti modi, con esperienze internazionali.
Durante l’incontro web sono stati richiamati alcune esperienze nelle quali i territori hanno già dimostrato sorprendenti capacità di ricomposizione dei legami. A Lodi, sono stati molti nuclei familiari a rivendicare il diritto alla mensa, quando una delibera dell’amministrazione comunale (2018) ha impedito a decine di bambine e bambini stranieri di pranzare a scuola. A Napoli, a proposito di “povertà digitale”, c’è chi ha promosso spazi nei quali ragazzi e ragazze potevano in sicurezza accedere facilmente per seguire le lezioni a distanza. E ancora, nel quartiere dell’Esquilino, a Roma, è stata la comunità educante nata intorno all’Associazione genitori Di Donato, ben prima delle istituzioni, a dare un sostegno (spesa solidale) a decine di famiglie alle prese con problemi di povertà (leggi Il grande salto in lungo). In questi esempi, come in molti altri casi, emerge quella che Gianni Rodari (tra i fondatori, con Marisa Musu, del CGD nel ’76) chiama “genitorialità sociale”, la capacità di coltivare responsabilità diffusa non solo verso i propri figli ma verso tutti i giovani e verso la scuola di tutti e tutte.
Prossimo appuntamento del gruppo di reti in maggio, quando sarà presentato il programma delle iniziative.