Nessuno nasce bullo, delinquente, violento. Lo si diventa quando nessuno si prende cura di te. Ma siamo tutti responsabili dei comportamenti dei bambini/e e dei ragazzi/e e della crescita della povertà educativa, non solo chi governa e chi ha governato. Di certo, “reprimere senza un progetto sociale più ampio e lungimirante – scrive Emilia De Rienzo -, senza investire nelle periferie, collegarle al resto della città, senza farle vivere con attività solidali, civiche e culturali che danno senso alla vita in comune nei quartieri, non serve a nulla. Se non a criminalizzare ulteriormente i poveri…”

Da troppo tempo taccio. Sono senza parole. Quando provo ad articolare un pensiero, la mente si blocca. Come incontrasse un muro. Come se fosse inutile, superfluo aggiungere altro rumore a quello assordante che già c’è. Mi dico: agisci… Certamente fare qualcosa, aiutare qualcuno, è utile, utilissimo. Ma nello stesso tempo sento che non basta più. Com’è possibile che certi discorsi siano tornati ad occupare il campo, a imporsi, a prevalere, a renderci così remissivi? Forse ci indignano, ma non è sufficiente. Come è possibile che poco si muova, che nessuno alzi la testa e dica basta? Come è possibile che non si prosegua sulla strada della nostra umanità?
Eppure in questi ultimi giorni si sono prese decisioni gravissime contro i nostri bambini, contro i nostri ragazzi. È vero, alcuni di loro sono diventati violenti, e così giovani riescono a fare paura. Sono un problema e per qualcuno i problemi non si affrontano, si cerca di eliminarli. Aumentano le pene, per loro si pensa al carcere come soluzione, a considerarli delinquenti come gli adulti. Contro la dispersione scolastica l’unica soluzione proposta è mettere in galera per due anni i genitori che non mandano i loro figli a scuola: se non fosse tragica questa idea, sarebbe una barzelletta.


Quello che comprendo è che questa gente non sa nulla, non ha mai voluto sapere nulla, non ha mai guardato, né voluto conoscere chi vive in situazioni di degrado, chi convive da sempre con la delinquenza organizzata, chi vive con genitori disoccupati e a loro volta violenti, che certo non hanno la capacità né a volte la possibilità di seguire i propri figli, né tanto meno di seguire il loro andamento scolastico.
Le parole “uguaglianza”, “pari opportunità” sono state cancellate dalla costituzione, i diritti sono diventati privilegi…
La scuola lasciata da troppo tempo alla buona volontà di alcuni insegnanti, non è per lo più attrezzata ad accogliere la fragilità in questi ragazzi ancora si esprime troppo spesso con la violenza e l’aggressività, sono l’unico linguaggio che hanno per dimostrare la loro rabbia e sofferenza, per non sentirsi invisibili, per sentirsi ancora vivi. Siamo onesti, chi si sarebbe occupato di loro se non fossero venuti alla ribalta in questo modo drammatico? Del resto, la scuola, secondo questo governo, deve adeguarsi ai meritevoli gli unici per loro davvero sacrificati nella loro educazione e istruzione. I tassi di abbandono scolastico sono altissimi e la strada è diventata l’unica cattiva maestra. In una situazione così è facile che questi giovani si arruolino in bande antisociali in cui è considerato di più chi è spietato, capace di mostrare con la violenza la propria superiorità.
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In realtà non si nasce violenti né bulli né delinquenti. Lo si diventa perché nessuno si è preso cura di te, quando si perde la speranza nel proprio futuro, quando tutte le strade sono chiuse. L’inasprimento delle pene per contrastare la devianza dei minori è il fallimento della società, non solo del governo, ma di tutti noi che abbiamo guardato solo il nostro orticello, che abbiamo accettato questa logica, che abbiamo creduto in quello che ci hanno voluto far credere o abbiamo smesso di lottare, di unirci, di proporre delle alternative, di farle diventare non solo scelte personali, ma proposte politiche. Le leggi buone non ci sono mai state regalate, sono sempre state conquistate.
Reprimere senza un progetto sociale più ampio e lungimirante, senza investire nelle periferie, collegarle al resto della città, senza farle vivere con attività solidali, civiche e culturali che danno senso alla vita in comune nei quartieri, non serve a nulla. Se non a criminalizzare ulteriormente i poveri.
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