Cosa contengono uno smartphone e un computer? Dove vengono estratti il cobalto e gli altri minerali? Quanta C02 si produce con quelle estrazioni? Quanti rifiuti elettronici buttiamo ogni anno? Cosa accade nella più grande discarica di rifiuti elettronici del mondo in Ghana? Prima di preparare un’intervista con cui conoscere la straordinaria esperienza della cooperativa romana Reware, uno dei frutti degli hacklab di fine anni ‘90 e che oggi lavora sul riuso dei pc, sessanta ragazzi e ragazze di terza media della Fratelli Bandiera di Roma hanno studiato e si sono confrontati su dati e analisi raccolte tra inchieste, reportage e campagne internazionali. Un approfondimento interdisciplinare nato in un laboratorio di giornalismo della redazione di Comune (all’interno di un progetto di tre istituti romani e diverse associazioni che vivono l’esperienza della scuola aperta)
Tre classi di terza media della Fratelli Bandiera di Roma hanno approfondito il tema dei rifiuti elettronici. Sono partiti da un dato facilmente ricostruito: tutti hanno uno smartphone, più o meno la metà di loro lo ha già sostituito. A quel punto la lettura e la discussione dell’inchiesta dal titolo Smartphone e ambiente: ne buttiamo 1,5 miliardi l’anno, ma non li ricicliamo. Perché?, realizzata nel 2021 da Domenico Affinito e Milena Gabanelli, è stata utile per sapere cosa contiene uno smartphone, quanta roccia occorre scavare per estrarre i materiali con cui realizzarne uno, quanta CO2 viene prodotta da quelle estrazioni (la notizia sull’alluvione della Marche, commentata nelle settimane precedenti, è stata richiamata con una consapevolezza diversa), ogni quanto in media un telefonino viene sostituito e quante tonnellate di smartphone ogni anno finiscono nelle discariche. Un video di Amnesty international del 2019 ha permesso invece di scoprire cosa accade nelle miniere di cobalto, componente fondamentale delle batterie utilizzate per i cellulari, del Congo, dove migliaia di bambini scavano a mani nude. Dagli smartphone il discorso si è allargato ai computer e, più in generale, ai rifiuti elettronici e dunque ai telefonini e ai pc “ricondizionati”: prima con l’ottimo reportage di Presa diretta – La discarica di Agbogbloshie – che mostra cosa accade in Ghana nella più grande discarica di rifiuti elettronici del mondo (nella quale lavorano in condizioni impossibili oltre 70.000 persone di cui la metà bambini e ragazzi), poi sbirciando nel sito della cooperativa romana Reware che da anni si ingegna per il riuso dei pc. Non è stato difficile per i ragazzi e le ragazze preparare un’intervista di quindici domande circostanziate con cui conoscere meglio la straordinaria esperienza della cooperativa.
Il percorso raccontato è parte di un laboratorio di giornalismo promosso dalla redazione di Comune, all’interno di un progetto (Scappare) di tre istituti romani e diverse associazioni che vivono l’esperienza della scuola aperta e partecipata.
Questa l’intervista collettiva della III-A, III-B e III-C.
Da quali aziende prendete i computer da riutilizzare?
La maggior parte dei computer che vendiamo li prendiamo dal mercato internazionale, circa 70%-80% nel 2022, ossia da imprese come la nostra che, in altri paesi, riescono a recuperare più computer dalle aziende. Abbiamo difficoltà a prendere computer direttamente alle aziende in Italia perché qua manca una legge che promuova il riutilizzo di beni o che permetta la “preparazione per il riutilizzo” di rifiuti. Nonostante ciò, ogni anno la quota di computer rigenerati direttamente da noi aumenta. Nel 2022 abbiamo rigenerato circa 600-700 pc. Le principali aziende dalle quali abbiamo ricevuto pc nel 2022 sono Terna Spa, Conte Assicurazioni, Artelia Spa, Banca Territorio Lombardo, Acque Bresciane Spa.
Quante persone comuni portano un computer da voi? E quanti computer invece arrivano dalle aziende?
Reware rigenera solo computer aziendali: è più facile che tra di essi ce ne siano di non funzionanti che servono a fornire pezzi di ricambio per gli altri. Per le persone comuni Reware fornisce il normale servizio di potenziamento, o rigenerazione, dei loro stessi computer, che poi si riportano a casa.
Quante persone vengono ogni anno ad acquistare i vostri prodotti?
I computer venduti per il 2022 saranno alla fine circa 2.500, ma le assistenze e i servizi di rigenerazione del singolo pc per un privato o una piccola azienda sono quasi altrettanti. Considerando che alcune persone o aziende comprano più pc, o usufruiscono di più assistenze, possiamo dire che nel 2022 circa 4.000 persone o aziende o associazioni si sono rivolte a Reware per acquisto o servizi, metà in sede e metà online.
Quali sono i problemi principali dei computer destinati al riutilizzo?
I computer destinati al riutilizzo non hanno problemi insormontabili, altrimenti non faremmo questo lavoro… Solitamente ci arrivano privi di disco o con vecchi dischi meccanici, che sostituiamo con i più veloci dischi “SSD”, o arrivano con poca Ram, che aumentiamo. Di certo tutti vanno reinstallati. Spesso i computer desktop hanno bisogno di essere puliti perché pieni di polvere e allora utilizziamo compressore e aspirapolvere. Alcuni portatili hanno le batterie esaurite che sostituiamo. Infine dobbiamo levare adesivi e o tracce di sporcizia persistenti. Ci sono poi tanti altri tipi di riparazioni che bisogna fare ogni tanto.
Qual è stato il prodotto più ricercato?
Ogni prodotto ha una sua tipologia di clienti. C’è chi cerca solo un pc economico, chi vuole una macchina performante, chi un modello particolare. Reware negli anni si è specializzata nella vendita esclusiva di computer di tipo aziendali. Quindi, no, non ci potete chiedere computer da gaming, cioè da videogiochi. Abbiamo anche scelto di non trattare i prodotti Apple. In Compenso Reware si è anche abbastanza specializzata sulle Workstation, cioè computer potenti per architetti, ingegneri, grafici, video maker e scienziati che fanno calcolo pesante. Si tratta di un prodotto più complesso da rigenerare, valutare e prezzare, grazie al quale Reware ha guadagnato un certo vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti.
Quanti computer riuscite ad aggiustare e assemblare mediamente in una settimana?
Considerate le cifre richiamate precedentemente siamo sui 4.000 computer all’anno ossia circa 80 pc a settimana, tra quelli rigenerati e quelli gestiti in assistenza.
Vendete anche pezzi singoli?
Inizialmente lo facevamo, ma testare un pezzo singolo è un lavoro non giustificato dal prezzo massimo che si può richiedere. Inoltre quasi tutti i pezzi singoli, cioè ram, dischi, scocche, pannelli di portatili, cerniere, connettori elettrici, slitte… sono utili per le riparazioni e rigenerazioni che facciamo noi stessi. Solo ogni tanto mettiamo in vendita alcuni pezzi particolari che abbiamo in sovrabbondanza come, per esempio, alimentatori per portatili che ci sono arrivati con un lotto di portatili non riutilizzabili.
Cosa ne fate dei materiali che non riuscite a riutilizzare?
Lo mandiamo a smaltimento presso una società che si chiama Vallone. È uno dei principali operatori di rifiuti elettronici del Lazio: fornisce servizi, per esempio, ad Ama.
Perché avete scelto questo mestiere? È anche una vostra passione?
Si, certo, è una nostra passione. La maggior parte di noi si è fatta le ossa negli hacklab di fine anni ‘90 e inizio anni 2000, incontri aperti nei quali si facevano proprio queste cose, per divertimento, studio, passione e come attivisti contro il digital divide, cioè il fatto che nel mondo alcuni hanno facile accesso a internet e altri no, e l’inquinamento. Abbiamo scelto questa strada difficile, faticosa, ma alla fine gratificante, perché di lavorare sotto padrone, in una grande azienda, proprio non ci andava. Avremmo probabilmente fatto qualche soldo in più, ma la qualità della vita che abbiamo guadagnato è impagabile.
Da quanto tempo esiste l’esperienza di Reware?
Reware è nata a gennaio 2013 come iniziativa imprenditoriale della cooperativa Binario Etico, che si occupava di tecnologia e problemi sociali e ambientali già dal 2006. Binario Etico aveva aperto l’Officina Informatica nel 2007, con tre soci che hanno sviluppato le attività che poi hanno permesso di creare Reware.
Quanti siete a lavorare e quante ore lavorate ogni giorno?
Attualmente siamo sette persone che lavorano sei ore al giorno a tempo indeterminato e una a tre ore. Più o meno ogni due anni inseriamo un nuovo socio e puntiamo a remunerarci sei ore con l’equivalente di uno stipendio da otto. Da tre anni stiamo effettivamente riuscendo a darci un extra del 20%-30% ogni anno sullo stipendio base da sei ore, e questa cosa ci sta avvicinando al nostro obbiettivo. Non diventeremo ricchi, ma viviamo bene e facciamo un lavoro che ci piace.
In che modo la vostra attività produce un guadagno per la cooperativa?
La principale fonte di guadagno è la vendita dei computer che riusciamo a prendere direttamente dalle aziende in Italia, poi viene la vendita di pc acquistati sul mercato internazionale, infine le assistenze, che da solo non pagherebbero gli stipendi, ma che sono un servizio utile alle persone e portano gente da noi.
Qual è, mediamente, la percentuale di guadagno nel costo finale di un vostro computer ricondizionato?
Non abbiamo mai fatto statistiche precise perché la contabilità di un’organizzazione come la nostra è molto complessa. Si può andare da un guadagno del 50%, su computer rigenerati che sono arrivano in ottime condizioni, a guadagni del 5%… su computer che acquistiamo come semilavorati, da ri-testare, aggiustare, completare con pezzi nostri e reinstallare: non pagano il lavoro necessario ma sono utili per garantire una gamma completa di computer disponibili per i clienti.
Perché in Italia non viene favorito il riutilizzo e il riciclo dei prodotti elettronici?
L’Italia non ha recepito in modo completo la legge europea che chiede di dare la priorità al riuso. Attualmente non esiste una legge che promuova il riuso di beni. La legge che prevede la “Preparazione per il Riuso” dei rifiuti elettronici è incompleta e di difficile applicazione poiché da la facoltà a Regioni e Province di autorizzare aziende a fare la “Preparazione per il Riuso” con il rischio che, successivamente, lo Stato, il ministero dell’Ambiente in particolare, possa revocare queste autorizzazioni. In questo contesto nessun imprenditore se la sente di aprire un impianto che in futuro potrebbe essere messo fuori legge per un motivo non prevedibile. Il riciclo invece è cosa ben diversa dal riutilizzo, sia dal punto di vista tecnico che normativo, ma anche questo settore è penalizzato da una normativa che si aggiorna troppo lentamente e quindi grandi quantità di rifiuto elettronico o di sue frazioni vengono poi trasferiti all’estero per la trasformazione finale. In generale l’Italia è svantaggiata in questi settori perché per un verso sconta una mostruosa lentezza nell’aggiornamento della normativa, e per un altro è penalizzata da una cultura imprenditoriale tradizionale ancora legata a modelli di economia che solo in rari casi riesce a comprendere a pieno quanto il paradigma dell’economia circolare, cioè i processi economici in grado di rigenerarsi da soli, sia un cambiamento culturale radicale.
Avete qualche dato su quanti sono i computer in Italia venduti ogni anno ricondizionati e non?
Non disponiamo di questi dati, che sono molto difficili da reperire e leggere, e ci interessano fino a un certo punto. È facile trovare online dati sull’andamento della vendita di pc in generale, magari suddivisi per portatili, desktop, tablet etc, ma non su quello che interessa direttamente Reware, ossia dati sugli acquisti in ambito aziendale e sul settore del ricondizionato. Ci affidiamo quindi ancora a informazioni che abbiamo di prima mano, ossia quanti computer riusciamo a ottenere e a che prezzo, quanti concorrenti ci sono sul mercato del rigenerato in Italia, che sono aumentati tantissimo negli ultimi dieci anni, e cosa vendono a che prezzo. Per ora queste informazioni per noi sono più che sufficienti. Certo ci piacerebbe, nei prossimi anni, avere dati più solidi sui quali lavorare.