La tecnologia, con la sua maschera di neutralità, ha invaso anche il sistema educativo. Quale il suo impatto ecologico? Come evitare che il logos del capitale che la guida consideri bambini e bambine, ragazzi e ragazze, soltanto pedine per i propri interessi? Come difenderci dall’estrattivismo cognitivo, per dirla con Zibechi, e dal dominio dell’accelerazione nei processi di apprendimento e nella vita di ogni giorno? Renata Puleo parte da queste domande e individua nella pur difficile transdisciplinarità una strada fondamentale per un’autentica trasformazione del pensiero critico sul rapporto fra le creature e la Terra

La tecnologia, come ideologia, logos, nonché come insieme degli apparati strumentali, ha subìto negli cinquant’anni una fortissima accelerazione verso forme invasive di digitalizzazione, senza alcuna remora relativa all’impatto ecologico. Si è resa evidente l’impronta proprietaria sulla ricerca e sulla diffusione dei dispositivi come inevitabili protesi necessarie al mondo del lavoro, nella vita privata, nelle relazioni interpersonali. Qual è l’impatto sul sistema educativo, formativo, di istruzione? Come evitare che il logos del capitale faccia delle creature piccole cittadini proni alle logiche del prometeismo? Come evitare che la scuola pubblica diventi un luogo privatizzato funzionale all’educazione del “cittadino digitale globale”?
Antecedenti
L’Associazione romana ALaS, di cui faccio parte, ha intessuto un approfondito discorso sui processi di digitalizzazione, su quanto si veniva delineando con la Missione 4.0 del PNRR, fin dai suoi esordi, come misura specifica e come quadro complessivo di provvedimenti di resistenza e resilienza, nel dopo Covid.
La vicenda unica – purtroppo – del Liceo Pilo Albertelli di Roma, sul finire dell’anno scolastico 2022-23, si è caratterizzata come il rifiuto, da parte degli organi collegiali, alla ricezione dei fondi dedicati all’installazione di ambienti digitali. Veniva con chiarezza evidenziato il rischio, assai concreto, di trasformare la didattica in attività funzionali alla formazione del cittadino digitale globale, in un inaudito attacco alla libertà di insegnamento delle discipline nei diversi ordini e gradi, in una sorta di torsione autoritaria sullo stile-docente. Nelle discussioni che si sono susseguite durante la preparazione di due convegni nazionali (15/06 e 11/11, 2023) e negli scambi durante le assemblee, si è evidenziato il problema che preme al mio ragionare: l’impatto ecologico delle scriteriate scelte del Governo Italiano con la spinta alla digitalizzazione dell’intera filiera scolastica e, dunque, dei processi di educazione e formazione delle creature piccole e giovani. Provare a indicare una chiave per introdurre nel sistema scolastico elementi portanti della riflessione ecologista, del pensiero ambientalista, della critica all’attuale sistema di produzione e di assetto sociale, è quanto ha animato il nostro lavoro, in sinergia fra diverse associazioni, per la preparazione dell’incontro del 2 dicembre 2023.
Passaggi critici
Il crinale corre fra ingenui entusiasmi sulle novità tecniche e la necessità di un principio di precauzione atto a salvaguardare i luoghi della scuola da scriteriate fughe in avanti. Mi pare che questo discrimine passi attraverso tre questioni:
- Accelerazione
- Progresso
- Discipline
1. Accelerazione. Dalle ultime decadi del secolo scorso, con forte incremento negli ultimi anni dell’attuale, si sono manifestati fenomeni di velocizzazione, di spinta accelerante su almeno tre aspetti della nostra vita, la cui deriva porta ad una pericolosa miseria simbolica (Stiegler, 2004): a) la percezione personale e la simbologia sociale del Tempo, come aion, kairos, kronos, il tempo avvertito intimamente, il tempo opportuno dedicato alle attività dello spirito e del corpo, il tempo dei calendari sociali, vengono scardinati; b) la Lingua, inseguita, placcata dalla fretta, da sistema complesso, di cui son parte sia il linguaggiare e il pensicchiare (Varela, 1992; Matte Blanco, 1971) affettivi, personali, sia la parola elaborata per dis-correre e dis-cutere, si riduce alla combinazione di segni convenzionali, di simboli e di icone consegnati alle tastiere, si piega alle considerazioni veloci senza argomentazione delle comunicazioni via chat; c) il Corpo finisce in una doppia presa: l’attivismo, il fare, il salutismo del movimento obbligato negli spazi ad esso dedicati e le posture tipiche del rapporto con i dispositivi, occhi al video, dita veloci, straniamento percettivo sullo spazio circostante, una posizione della schiena (Grigenti,2023).
2. Progresso. La logica del progresso inarrestabile tipico delle trasformazioni industriali, delle scoperte e delle invenzioni, la linearità della freccia verso un futuro in cui le macchine satureranno lo spazio fra le creature, rendendo superflua la loro vicinanza emotiva e i loro conflitti, è il principio-guida dello stare al Mondo. Uno stare al Mondo in cui la tecnologia come elaborazione teorica e ricerca ideologica, e la tecnica come insieme dei suoi artefici e dei suoi strumenti, è nelle mani dei gruppi proprietari, in una logica del dominio completamente verticalizzata, come del resto temeva anche Marx, nelle sue ultime riflessioni sulle trasformazioni del capitalismo. La complicità delle aree progressiste, di molta sinistra operaia, la lettura piatta del Marx del macchinismo (frammento del 1857/’58),sono, purtroppo, un elemento di freno per una lettura ecologica del prometeismo, vecchio e nuovo.
3. Discipline. Gli elementi indicati più su impattano con violenza sui contesti di apprendimento, sull’insegnamento come lascito di segni fra differenti saperi, nella relazione con il Maestro mai davvero ignorante, sulle conoscenze, sugli utili elementi di doxa e i bias dell’Allievo (Rancière, 2008; Biesta, 2022); si trasformano gli assi delle discipline e con essi la deontologia professionale degli insegnanti, non certo in maniera virtuosa. Ne dirò oltre.
Contributi teorici
Se la spinta alla costituzione di un egosistema ci ha separati dalla Terra, Madre, Matrice, provo a ricordare, senza poter qui approfondire, la lezione di Francisco Varela (1985), di Raùl Zibechi (2015), di Michele Carducci (2017). Uno scienziato-epistemologo, un attivista per la Pacha Mama, un giurista.
L’accoppiamento strutturale di cui scrisse Varela (con Maturana) è il lemma che dice come il legame è una misura del nostro con-sistere, è ciò che nell’incontro anche fra noi e un sasso, ci cambia e cambia quel sasso, nella combinazione mai sommatoria di parti e caratteristiche, che chiamiamo qualità emergente (oggi, alcuni hanno ricordato la convergenza con il pensiero di Bateson, Gould, Lovelock, Capra). Zibechi fa ruotare la sua riflessione sul concetto di estrattivismo, ne fa un significante che guida tutta la catena simbolica del feroce sfruttamento dei suoli, delle terre rare, dell’oro nero, dell’aria, del mondo animale, della stessa cognizione e del pensiero umani. Carducci ha elaborato una forma del Diritto che, andando oltre il sistema di leggi e la giurisprudenza tipica delle società istituite, fonda quello autonomo della Natura. Servirebbe, su questo digesto, un approfondimento che qui non posso svolgere. Dico solo che la ricerca scientifica, le scelte dell’agenda politica degli Stati, il comportamento di ciascuno di noi dovrebbe essere orientato, in virtù di quel sistema di interessi specifici, soggettivi, propri della Natura – a cui ovviamente noi apparteniamo! – verso un movimento per la vita che Carducci chiama interferenza, una com-petizione in cui il petere è accettazione piena, richiedente, non solo tollerante, dell’altro da sé, nell’evidenza del suo specifico vivere e accoppiarsi in nuove forme, nel limite imposto da relazioni, senza appropriazione della vita altrui, qualsiasi sia il suo status. Il caso della Xylella fastidiosa, il parassita dell’ulivo al cui diffondersi la Puglia ha pagato un enorme prezzo, può essere un esempio di distorsione dei processi di interferenza. Sappiamo delle polemiche fra saperi tradizionali ed expertise scientifica e delle cause legali intentate fra contadini e Istituzioni in ordine alla necessità di eradicare le piante ammalate. In un recente convegno (Società Geografica Italiana, 30/10/2023), il professor Salvatore Camposeo (dipartimento di arboricoltura, Università di Bari), criticando l’approccio tradizionale di molti contadini e di associazioni locali sulle cause della diffusione del parassita e sull’utilità dell’eradicamento di estesi uliveti, ha affermato che un ulivo millenario non ha bisogno della tutela che si riserva al restauro conservativo, alla cura manutentiva di un’opera d’arte. Eradicare è servito a promuovere nuove vacazionalità contadine verso impianti più redditizi. Insomma, il profitto, le mutazioni paesaggistiche, sono visti come effetti naturalizzati, come leggi immutabili negli attuali assetti socio-economici. Semplificando: meglio fare soldi con il pistacchio, assai più redditizio dell’ulivo sul mercato agro-alimentare (sic).
E la scuola?
La scuola sembra oggi il getta-carta della società. Non c’è problema, non c’è emergenza, non c’è aspetto del vivere civile che non veda nella scuola il suo punto di approdo, educativo, didattico, e il richiamo occhiuto alle sue responsabilità. La formazione delle creature piccole e dei giovani riflette le forme della società in cui sono chiamati a vivere durante la lunga fase neotenica ed evolutiva verso l’adultità e, a maggior ragione, la scuola deve costituire un contesto capace di sviluppare nella pienezza, sia la vita mentre cresce, matura, sia il futuro di soggettività politica che quella vita sarà chiamata ad esprimere. Proprio per questo, anche in virtù delle riflessioni fatte più su e del significato della chiave ecologica, occorre oggi interrogarsi sul concetto di cittadinanza, sfigurata dalla hybris, dallo sfacciato orgoglio degli approcci digitali e, non ultimo, dalla cultura del maschio guerriero. L’introduzione del curriculo di Educazione Civica basato, secondo le linee-guida ministeriali, sulla lettura ben poco organica della Carta Costituzionale, rende necessario riflettere su un Paese che scivola verso forme violente di ingiustizia, di odio per i migranti, per i diversi, per i poveri (Coco, Ferruti, 2020; Jabbar, Diquattro, Gabrielli, 2022; Ciccarelli, 2023). Pertanto, mi vede in completo disaccordo sia la proposta di inserimento nei percorsi di educazione civica della educazione alla sensibilità ecologica, sia quella che chiede l’emanazione di un curricolo dedicato. Si correrebbe il rischio di standardizzare premesse e concetti della relazione con la Terra, di incentivare la pubblicazione di manualetti che tutto spiegano e risolvono, di fornire consigli su orti e compost, su impianto di alberelli, su limitazioni locali dello spreco. Pratiche, per carità, importanti, da sostenere, ma ahimè, già ampiamente sussunte dalle operazioni di greenwashing, non a caso fatte proprie dalle aziende che più lordano terreni, mari, fiumi.
Quel che secondo me può servire ora e sul lungo periodo – il tempo concessoci non è lungo, ormai – è affrontare in un’ottica transdisciplinare le questioni qui sollevate su tempo, corpi, saperi. Non basta che le discipline dialoghino su temi, centri di interesse, argomenti, esse devono essere rivisitate dalla critica ai loro paradigmi epistemologici, o assi portanti, al loro mutare e al loro stabilizzarsi. Si tratta di riflettere sulle radici, sulle convinzioni, sulle teorie, sulle tautologie, sulle pratiche universitarie, su cui si sono organizzate la ricerca, la descrizione, la spiegazione, con le loro semplificazioni e le domande inevase. Complesso di aspetti spesso assai disorganico, al servizio di quel progresso e di quella vis prometeica che sta minando l’esistenza sulla terra. Vale per la Storia e le sue verità, sulla ricerca delle fonti, sulle interpretazioni-traduzioni culturali, sul rapporto fra storiografia ufficiale e storicità dei processi reali. Vale oggi più che mai per l’acronimo STEM, meta-disciplina scientifica, che andrebbe capovolta all’insegna delle incertezze della logica, della dimostrazione matematica, della fisica, soprattutto della meccanica quantistica (Rovelli, 2020,2023; Labatut, 2023, Vasil’ev, 2012). Ma vale anche per l’Arte, oltre il consumo rapido della visione istantanea; vale per la Letteratura, che andrebbe studiata, tradotta, in un nuovo canone. Immaginazione e creatività sono votate all’attenzione riflessiva, a cui ben serve il linguaggio poetico, con i suoi ritmi, i suoi silenzi, le sue attese ed esitazioni di senso, ben serve lo sguardo meravigliato di fronte alla bellezza, come eccedenza di significati. Raccogliersi fra docenti nei Dipartimenti, nelle università, nei licei, nei laboratori tecnico-professionali, e discutere su ciò che si sa sui fondamenti storici e culturali delle discipline insegnate, potrebbe mutare non solo la didattica ma l’approccio medesimo all’etica dell’insegnamento, l’attenzione alla propria professione e deontologia professionale. Considerare l’insegnamento una materia vibrante, una combinatoria di pensieri propri della cultura alta e di quella quotidiana, un insieme sistemico, inedito, continuamente ri-formato (Bennet, 2023).
Mi rendo conto della problematicità culturale, pratica, organizzativa, di una simile proposta di lavoro sulla critica ai paradigmi e per la fondazione di un comune presupposto anti-sviluppista e anti-progressista-prometeico nelle diverse discipline. Tornando a Marx, oltre la sua vulgata, servirebbe evidenziare nella sua ricerca storica il rapporto fra socievolezza, le forme associate, e il lavoro (Finelli, 2014). Infatti, nelle forme attuali assunte dal neoliberismo, è il presupposto della merce a governare la catena della cooperazione umana, l’organizzazione sociale è posta al servizio dell’appropriazione del corpo e della mente umani, dell’estrazione di valore da ogni espressione di vita, per il benessere e la riproduzione sociale di pochi. Insomma, la mossa operata dalla scuola nel senso della transdisciplinarità potrebbe essere l’unica possibilità per una autentica trasformazione del pensiero critico sul rapporto fra le creature e la Terra.
Testo dell’intervento al convegno Per una riforma in chiave ecologica della scuola promosso a Roma il 2 dicembre 2023 da un coordinamento tra Associazione per la decrescita, Teachers For Future, Fridays For Future, Movimento per la Decrescita Felice, Associazione Lavoratori della Scuola (e la collaborazione di docenti universitari), di cui Comune-info è stato media partner. Questa la registrazione del convegno (chi fosse interessato alle iniziative successive a quella del 2 dicembre può scrivere a ):