La creazione di una comunità, il sentirsi parte del mondo e la costruzione della cultura della pace sono alcuni pilastri del pensiero di Maria Montessori e del metodo scout. Dialoghi sull’autoeducazione (Franco Angeli) di Sonia Coluccelli è un libro che colma un vuoto: approfondire le risonanze tra le esperienze montessoriane e i percorsi educativi del mondo scautistico, laico e non. Un testo – di cui pubblichiamo un capitolo – di straordinaria attualità per insegnanti di scuola primaria e secondaria, educatori scout, genitori


Questo mondo che viene offerto come spazio di apprendimento, di osservazione, di esplorazione non è solo descritto dall’ambiente naturale o antropico che i bambini e i ragazzi hanno a loro disposizione, ma anche dalle relazioni che intorno a loro vengono costruite. Questo è compito educativo della scuola per come ce lo ricorda quel testo che fa da bussola per chi la scuola la abita, la progetta e la realizza: «In quanto comunità educante, la scuola genera una diffusa convivialità relazionale, intessuta di linguaggi affettivi ed emotivi, e è anche in grado di promuovere la condivisione di quei valori che fanno sentire i membri della società come parte di una comunità vera e propria. La scuola affianca al compito “dell’insegnare ad apprendere” quello “dell’insegnare a essere”» (Indicazioni Nazionali, p. 6).
Molti anni prima Maria Montessori scriveva parole molto simili:
Quest’unione nata tra i bambini, che è il prodotto di un bisogno spontaneo, diretta da un potere inconscio e resa vitale da uno spirito sociale, è un fenomeno che necessita di un nome, ed io la chiamo: coesione dell’unità sociale.
Questo dovrebbe essere il principio generatore del senso della collettività che la comunità scolastica doverebbe incarnare nelle vite di ciascun bambino e anche di tutta la comunità adulta che assume una responsabilità educativa condivisa. Invece non è proprio così:
Oggi l’educazione, come è concepita, prescinde insieme dalla vita biologica e da quella sociale. Tutti coloro che entrano nel mondo dell’educazione vengono ad essere isolati dalla società. […] Il mondo dell’educazione è una specie di isola dove gli individui, avulsi dal mondo, si preparano alla vita rimanendone estranei (Montessori, 1992, p. 9).

Rendiamoci conto che il bambino è un operaio e che il fine del suo lavoro è di produrre l’uomo. […] il problema sociale nei riguardi dell’infanzia va considerato di ben maggiore importanza, perché il lavoro dei bambini non produce un oggetto materiale, ma crea l’umanità stessa: non una razza, una casta, un gruppo sociale, ma l’intera umanità (Montessori, 1992, p. 15).
Montessori ritiene poi importante che la realtà educativa divenga una comunità lavoratrice.
Ma che cos’è la vita sociale se non risolvere problemi, comportarsi bene e progettare piani che da tanti siano accettabili? (Montessori, 1992, p. 233).
In La mente del bambino insiste ed argomenta molto intorno al tema dell’integrazione come condizione per realizzare un’effettiva coesione sociale:
Buone leggi e un buon governo non possono tenere insieme le masse e farle agire, se gli individui stessi non sono orientati verso qualcosa che li tiene compatti e fa di essi un gruppo (Montessori, 1992, p. 236).
La palestra per esercitare sin dalla prima infanzia questa competenza è proprio la scuola, secondo la dottoressa.
La responsabilità e il senso di appartenenza alla famiglia umana è, insieme all’idea del servizio, uno dei pilastri della visione educativa di B.-P., non si dà scautismo senza un imperativo morale forte che impegna a sentirsi responsabile di tutti e tutto, secondo le occasioni di intervento che la vita pone davanti:
L’uomo che salva la vita di un suo fratello come può capitare in improvvisi incidenti, è un eroe non meno del soldato… è una cosa certa che a molti di voi, un giorno o l’altro, si offrirà l’occasione di salvare una vita. Ma per questo siate preparati (B.-P., 1962, p. 39).
Estote parati, siate preparati, pronti: il motto scautistico che ritorna nei momenti difficili, in cui richiamare il senso profondo di quella promessa:
… non diventate scout soltanto perché è un simpatico divertimento, ma perché diventandolo vi preparate ad essere buoni cittadini, non soltanto della vostra patria ma del mondo intero. Avrete allora in voi il più vero spirito di patriottismo, che ogni ragazzo deve avere in sé, se vale qualche cosa (B.-P., 1962, p. 42).

Nel vostro passaggio in questo mondo, che ve ne accorgiate o no, chiunque voi siate e dovunque andiate, state lasciando dietro di voi una traccia. Altri la noteranno e potranno seguirla. Può essere una traccia che li conduce al bene, ovvero può portarli fuori strada. Ciò dipende da voi. Può darsi che la vostra traccia sia marcata sugli alberi, per renderla visibile a chi vi segue, o invece può darsi che lasciate inavvertitamente delle orme peraltro riconoscibili sulla sabbia. In un caso come nell’altro, è bene ricordarsi che si lascia sempre qualche tipo di traccia; e quindi, volgendo i propri passi nella giusta direzione, potete indirizzare bene anche coloro che vi seguono. La vostra traccia è segnata da azioni, dalle frasi che dite e dalle paro- le che scrivete. Le azioni sono pietre miliari stabilite in modo permanente; le frasi sono soltanto orme che il tempo può alterare o cancellare; le parole scritte sono tacche coscientemente lasciate sugli alberi (B.-P.).
Come risuona qui la speranza montessoriana che affida ai più piccoli un compito straordinario e a noi educatori quello di trasmetterlo loro!
Se v’è per l’umanità una speranza di salvezza e di aiuto, questo aiuto non potrà venire che dal bambino, perché in lui si costruisce l’uomo (Montessori, 2000, p. 12).
Anche e soprattutto con l’esempio, direbbe B.-P.:
Non serve a niente avere uno o due ragazzini brillanti e tutti gli altri buoni a nulla. Dovrete provare a renderli tutti abbastanza buoni. Il mezzo più efficace per riuscirci è il vostro esempio personale, perché quello che fate voi, i vostri scouts lo faranno anche loro (B.-P., 1962 p. 60).
Con l’esempio e con la capacità di trasmettere ai bambini e ai ragazzi un orizzonte ampio di alfabeti da comprendere, di percorsi da seguire o inventare, di intrecci tra persone, natura, saperi. In questo passaggio che guarda ad un futuro quasi utopico le parole di Maria Montessori diventano davvero potenti e le immagino risuonare anche intorno al fuoco di un accampamento di giovani scouts.
È importante qui anche ricordare che sia B.-P. sia M.M. avevano a cuore il superamento delle diseguaglianze economiche e sociali: il discorso inaugurale in occasione dell’apertura della Casa dei Bambini in via dei Marsi nel 1907 e la scelta stessa di avviare proprio nel quartiere di san Lorenzo, dove regnava una povertà estrema, quel progetto educativo così innovativo dice moltissimo del pensiero di Maria Montessori su questo tema, così come la scelta di B.-P. di dare uniformi (uniformi e non divise, per segnalare uguaglianza e non separazione) ai suoi ragazzi in modo da rendere invisibili le differenze sociali durante le attività scautistiche.
Ma attenzione: sebbene lui fosse un militare e prevedesse per i suoi ragazzi l’uso dell’uniforme, B.-P. non pensava agli scouts come a soldati. Come Maria Montessori, egli ha lavorato con grande passione per la diffusione di una cultura di pace e sin da dopo la prima guerra mondiale ha organizzato Jamborees, incontri di grandi dimensioni dove scouts provenienti da tutto il mondo hanno vissuto e vivono tuttora una grande esperienza di scambio e conoscenza in un’atmosfera di fratellanza universale. B.-P. era infatti convinto che i bambini che avevano vissuto insieme in questo modo non avrebbero avviato conflitti fisici l’uno contro l’altro tanto facilmente.
La dimensione delle relazioni allargate e, diremmo oggi, sconfinate, apre al tema forte dell’educazione cosmica montessoriana.
Lo scopo di Maria Montessori nel definire questa dimensione educativa, che è prima di tutto una visione e insieme un’indicazione metodologica, è quello di crescere il bambino come un essere cosmico in sintonia con la totalità della vita, capace di passare dall’esperienza personale a quella universale, sentendosi parte del mondo in cui è chiamato a crescere e agire, a partire dalle conoscenze, dallo studio del dettaglio da collocare nel sistema più ampio.
Occorre che i bambini possano comprendere queste relazioni attraverso l’esperienza, lo studio, la ricerca, l’osservazione, in un ambiente predisposto come l’aula, in cui i materiali devono poter raccontare di questa visione sistemica della vicenda umana sia in senso orizzontale (fenomeni diversi contemporanei tra loro rispetto ai quali ricercare una visione ecologica, di armonia tra gli elementi) sia verticale (lo sviluppo e l’evoluzione nel tempo di fenomeni antropologici, scientifici, geografici). Allo stesso modo è importante che questa comprensione possa essere interiorizzata con esperienze fuori dall’aula scolastica, in quel mondo vasto che dopo gli otto anni diventa sempre più ambiente privilegiato di apprendimento (leggi Una scuola oltre le mura, ndr). In questo modo i bambini possono sviluppare una visione ecologica e responsabile del mondo, coglierne la complessità e la bellezza e sentirsene parte responsabile come soggetti attivi.
Poiché, come s’è dimostrato, è necessario dare tanto generosamente al bambino, diamogli una visione dell’intero universo. L’universo è una realtà imponente ed una risposta a tutti gli interrogativi […] tutte le cose fanno parte dell’universo e sono connesse tra di loro per formare un tutto unico […] Come può l’intelligenza di un individuo in fase di crescita continuare ad essere interessata, se tutto il nostro insegnamento concerne un argomento particolare o ha un obiettivo limitato, se ci accontentiamo di trasmettergli quelle briciole di conoscenza che egli è in grado di imparare a memoria? (Montessori, 2007 pp. 18-20).
Se durante questo periodo di interessi sociali e di acutezza intellettuale vengono offerte al bambino tutte le possibilità della cultura, in modo da allargare la sua concezione e la sua idea del mondo, questa dote organizzativa si formerà e si svilupperà; […] tutti gli altri fattori perdono però di significato di fronte all’importanza di nutrire l’intelligenza affamata e di aprire vasti campi di conoscenze e un’esplorazione appassionata (Montessori, 2007, p. 17).
È lo scouting, potremmo dire, quello di cui qui ci parla la dottoressa: un andare per il mondo in modo non casuale, osservando tracce e lasciandone altre, esplorando le possibilità e le risorse dei luoghi che attraversiamo e delle persone che incontriamo lungo la strada, in un apprendimento continuo e circolare che ci permette una comprensione più ampia del mondo, così ampia da assumere il compito di provare a lasciarlo migliore di come l’abbiamo trovato. Compito che la scuola tutta dovrebbe assumere con estrema urgenza.
Sonia Coluccelli, docente di scuola primaria, responsabile formazione della Fondazione Montessori Italia, è autrice di una decina di saggi pedagogici. Nell’archivio di Comune, altri suoi articoli sono leggibili qui. Ha aderito alla campagna Dieci anni e più:
“Le cose buone accadono in cerchio. Guardandosi negli occhi, prendendo e lasciando la parola quando occorre; senza gerarchie, prime e seconde file, cattedre. Credo sia questo che cerca di fare questo luogo che riesce incredibilmente a trasformare il virtuale in reale, fedele al suo nome. Dal cerchio al mettere in Comune non c’è neppure un passo di distanza. Buon lavoro per i prossimi dieci (cento) anni a voi, a noi. E grazie, sempre”.