Si può amare il mestiere dell’editore? Nel tempo libero chi lavora in una casa editrice legge? Quanto tempo occorre per far nascere un buon libro? Ma le recensioni influenzano le case editrici? E soprattutto: come si scrive una buona recensione? I ragazzi e le ragazze delle prime medie dell’IC Fratelli Bandiera di Roma, durante il corso di giornalismo promosso da Comune (per il progetto Scappare che unisce tre scuole aperte romane), si sono cimentati con le recensioni e hanno poi realizzato un’intervista a Ilaria Troncacci della casa editrice Del Vecchio

Sono tanti i frutti dell’incontro dedicato – durante il corso di giornalismo promosso dalla redazione di Comune (progetto Scappare) – al genere dell’intervista: dopo aver scritto numerose recensioni (su libri, film, serie tv e videgiochi), i ragazzi e le ragazze delle prime medie dell’IC Fratelli Bandiera di Roma hanno intervistato Ilaria Troncacci della casa editrice Del Vecchio per conoscere meglio come e dove nasce un libro. A proposito di libri: in primavera nella scuola ha preso forma una nuova biblioteca e non sono mancati i consigli per gli acquisti da parte dei ragazzi.
Da quanto tempo sei nella casa editrice e in cosa consiste il tuo lavoro? Cosa ami di questo mestiere?
Sono ufficialmente parte della casa editrice dal giugno del 2019. In precedenza ho avuto occasione di collaborare in modo meno continuativo soprattutto per quanto riguarda il supporto durante eventi e manifestazioni. Al momento mi occupo delle relazioni con le librerie, con la distribuzione e con la rete di promozione, curo inoltre l’organizzazione di eventi e fiere e la gestione del magazzino. È un lavoro che mi appassiona molto. Apprezzo in modo particolare l’occasione che questo lavoro offre di poter incontrare molte persone colte e appassionate: lettori, autori, giornalisti, studiosi. Ogni incontro porta sempre con s’è un’immensa occasione di crescita.
Quali sono il tuo libro e il tuo autore preferiti?
Questa è sempre la domanda più difficile. Per quanto mi riguarda ho sempre la sensazione che il libro che sto leggendo, se è bello, è il più bello che abbia mai letto. Poi ovviamente ci sono letture che restano e che tornano. Un po’ di nomi tra “quelli che restano”: Elsa Morante, Antonia S. Byatt, Anna Banti, Boris Pasternak, Yasunari Kawabata…
Nel tempo libero leggi?
Sì, romanzi e racconti restano le mie letture preferite, anche quando a fumetti, ma ultimamente mi rendo conto di essermi riavvicinata alla saggistica che ha la capacità di tenermi ancorata a ciò che leggo.
Com’è nata la casa editrice Del Vecchio? Quali tipi di libri propone?
La casa editrice nasce nel 2007 dalla passione e dalla competenza di Paola Del Zoppo e Pietro Del Vecchio. Ci tengo sempre a sottolineare questo secondo aspetto, la competenza, perché c’è forse un’idea condivisa dell’editore come una figura romantica, e senza dubbio senza passione credo sia facile perdere la direzione, accontentarsi, scendere a compromessi e rischiare quindi di perdere la propria identità, ma per mettere in piedi un progetto così coerente e riconoscibile, per poter fare scelte oculate e lungimiranti è necessaria anche una grande competenza e la volontà di crescere sempre. L’idea fin dal principio è stata di proporre sul mercato italiano libri che potessero parlare di letteratura come un atto in grado di mettere in discussioni limiti e convenzioni. Che siano i “semplici” confini tra i generi letterari o le gerarchie apparentemente imposte tra questi, o che sia il confine dettato dall’orizzonte di attesa del lettore.
Quanto tempo occorre per fare un libro? Quali sono le fasi principali?
La prima risposta che mi viene in mente è: dipende. Partendo dal libro già scritto, e quindi tenendo fuori il lavoro dell’autore, la prima distinzione da fare riguarda la lingua in cui il libro è scritto. Il libro scritto in italiano, una volta selezionato, viene affidato all’editor che di concerto con l’autore lavora per trarre fuori dal manoscritto il meglio che in esso è contenuto. Il lavoro dell’editor è delicato e importantissimo è una forma di cura che l’editore deve avere innanzi tutto nei confronti dei propri autori. Se un autore si rivolge all’editore è proprio per far sì che la sua opera, in cui ha senza dubbio investito moltissimo, possa esprimere al meglio tutto il suo potenziale. Trovare e mettere in luce questo potenziale è il compito dell’editor.
Se si tratta invece di un’opera scritta in altra lingua il primo passaggio riguarda ovviamente il traduttore. Parlare dell’importanza dell’opera del traduttore è forse banale. La sua opera non è affatto meccanica o secondaria in quanto dà vita a un’opera che deriva senza dubbio dall’originale ma di cui è a tutti gli effetti co-autore. La traduzione viene poi rivista passa attraverso a un’operazione molto simile a quella dell’editing.
Il manoscritto editato viene poi corretto, impaginato e corretto di nuovo con l’intenzione di eliminare quanti più errori e refusi possibili, queste operazioni dovrebbero essere svolte da persone diverse in modo che il testo possa essere letto ogni volta con occhi nuovi. Parallelamente vengono creati la copertina e i paratesti e viene avviata la macchina promozionale e distributiva che permetterà al libro di arrivare in libreria.
Quando il file è pronto viene affidato alla tipografia che realizza materialmente il libro e lo affida poi al sistema distributivo.
Come si scrive una buona recensione? Ma le recensioni influenzano il vostro lavoro?
Le recensioni influenzano molto il nostro lavoro. Un libro di cui si è parlato o scritto è un libro che si vende di più, che viene più ricercato e che, nel migliore dei casi, invoglierà i lettori ad approfondire la conoscenza del catalogo. Attualmente è molto difficile incorrere in delle stroncature, i libri che escono ogni settimana sono talmente numerosi che, in effetti, scrivere una cattiva recensione risulterebbe alla fine uno spreco di tempo e di risorse, meglio concentrarsi su libri di cui vale davvero la pena parlare, che possono arricchire il dibattito culturale o che meritano di essere scoperti. Questo non si applica, o forse non dovrebbe applicarsi, ai grandi casi letterari ma questi rientrano in dinamiche più complesse.
Credo che una recensione ben scritta sia una recensione che non inganna il lettore, forse che ponga l’accento più sul libro che sull’esperienza di lettura. Non credo che abbia senso parlare di valutazione oggettiva, ma valutare la propria esperienza di lettura anziché il libro sia poco fruttuoso, perché estremamente contingente. Ad esempio, una recensione ben scritta non dovrebbe tralasciare gli aspetti più prettamente letterari del libro in questione: l’uso della lingua, la costruzione, lo stile, il rapporto tra l’autore e il contesto, tra l’opera e il corpus dell’autore etc. E per Del Vecchio Editore questi sono aspetti fondamentali per tradurre una recensione in maggiore visibilità. Questo perché una recensione che tiene conto di questi elementi parla al nostro pubblico, lo fa in modo trasparente e affidandosi alla consapevolezza del lettore. Se ogni libro ha un suo target di riferimento, per quanto ampio e variegato possa essere, attrarre un lettore creando false aspettative porta banalmente a due risultati spiacevoli: il libro non viene apprezzato, il lettore rimane deluso.
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