di Valentina Guastini*
Venerdì 12 dicembre, giornata dello sciopero generale, salta agli occhi anche la posizione di alcuni dirigenti. All’incontro con il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone si presentano appena trenta presidi e dirigenti scolastici su quattrocentocinquanta. Questa scuola proprio non piace più.
E se da una parte c’è chi ha anche rinunciato a parlare dall’altra c’è chi la sua voce la fa sentire forte e chiara. È il caso del dirigente scolastico Maurizio Parodi, genovese e autore di ”Basta compiti! Non è così che si impara” (edito da Sonda, qui una recensione di Educazione democratica) e ”Gli adulti sono bambini andati a male’’ (Sonda).
Parodi ha creato la pagina Facebook “Basta compiti”, che in due mesi ha registrato 1.800 iscrizioni al gruppo, e ha lanciato la campagna che ha superato le mille adesioni.
Così, come nello sciopero alla rovescia di Danilo Dolci, una moltitudine di insegnanti e genitori si sono messi all’opera per far conoscere ai diversi Istituti Comprensivi gli intenti e le modalità di questa proposta. Diversi insegnanti, nel giro di pochi giorni, si sono iscritti all’albo dei docenti a compiti zero, e le mail delle scuole sono intasate di materiale informativo.
Del resto, come ha scritto Carl Honorè nel suo libro “Genitori slow” (Rizzoli) e come ha ribadito in occasione del IV convegno dell’associazione C’è speranza se accade @.. , “un cambiamento è imminente per un’infanzia degna del suo nome”.
E con un po’ di vergogna si leggono i risultati dell’Ocse, dove si riscontra che gli studenti italiani sono tra i più carichi di compiti a casa (gli studenti italiani passano 9 ore a settimana a volgere i compiti a casa contro una media di 4,9).
Parodi invita studenti e genitori ad uno ”sciopero” dei compiti delle vacanze ricordando la necessità ‘di ricorrere a misure di protezione del minore, e autodifesa della famiglia, a partire dalla consegna ai docenti di una Dichiarazione del diritto alla vacanza.
”I compiti per le vacanze – spiega Parodi all’Adnkronos – sono una contraddizione in termini, un assurdo logico, ancor prima che pedagogico, giacché le vacanze sono tali, o dovrebbero esserlo, proprio perché liberano dagli affanni feriali. Nessun’altra categoria di lavoratori – e quello scolastico è un lavoro molto impegnativo, talvolta alienante e per giunta non retribuito – accetterebbe di prolungare nel tempo libero, e meno che mai di svolgere durante le ferie, compiti professionali imposti. Ma è del tutto normale che a una simile pretesa debbano assoggettarsi gli scolari: ‘perché si esercitino e non dimentichino tutto quello che hanno imparato’. Evidentemente si ritiene che gli apprendimenti avvenuti durante l’anno scolastico, soprattutto con lo studio domestico, siano davvero ben poco significativi. In effetti, è proprio così: pare accertato che la ‘permanenza’ delle informazioni apprese attraverso l’insegnamento e lo studio domestico non superi i tre mesi – e che il 70 per cento delle conoscenze sia oggi acquisito al di fuori della scuola – in altre parole: si impara sempre meno a scuola e si dimentica sempre più in fretta ciò che a scuola si impara. Non è detto che i ragazzi amministrino razionalmente i compiti delle vacanze, e si affliggano con metodo, ripartendo con rigore matematico il lavoro complessivo nei tanti giorni a disposizione in un edificante esercizio di quotidiana mortificazione, anzi, gli studenti più astuti, volitivi, capaci esauriscono nei primi giorni tutti i compiti assegnati, dedicandosi poi con sollievo al godimento della meritata libertà. I meno saggi, i più pigri, i più svogliati rinviano quotidianamente l’impegno, che in questo modo li assilla per tutta la durata delle agognate vacanze, ‘riducendosi agli ultimi giorni’, durante i quali si impegnano in un tour de force che difficilmente esonera i familiari”.
Parodi quindi lancia una proposta: “Il ricorso a misure di protezione del minore, e autodifesa della famiglia, a partire dalla consegna ai docenti di una Dichiarazione del diritto alla vacanza. Eccola:
“Con la presente informo che mio figlio non svolgerà i compiti assegnati per le vacanze, perché come tutti i lavoratori (e quello scolastico è un lavoro oneroso e spesso alienante) ha ”diritto al riposo e allo svago” – diritto inalienabile sancito dall’Articolo 24 della dichiarazione dei diritti dell’uomo perché le vacanze sono degli studenti e non (solo) dei docenti, ai quali nessuno si permetterebbe di infliggere un simile castigo; perché così potrà finalmente dedicarsi, senza l’assillo di magistrali incombenze, a occupazioni creative e ricreative, dalla scuola trascurate o ignorate; – perché insieme potremo fare piccole e grandi cose, divertenti, appassionanti, quelle che l’impegno scolastico (protraendosi a dismisura oltre l’orario di lezione) non permette. Perché starà con gli amici al mare, in montagna, nella natura, all’aria aperta dopo essere stato recluso per ore, giorni, mesi (interminabili) in aule anguste, disadorne, quando non addirittura squallide, asfittiche (vere e proprie aree di compressione psichica); perché leggerà per piacere e non per dovere e perché giocherà moltissimo. La responsabilità di tale decisione è solo mia e l’assumo in quanto legittimo esercente della potestà famigliare, perciò non potrà essere motivo di qualsivoglia azione o provvedimento, meno che mai disciplinare”.
Nella speranza di un cambiamento imminente che forse, però, già ci era stato suggerito nel 1969 con la Circolare Ministeriale 14 maggio 1969, n. 177 – Prot. n. 4600 che, riassumendo, cita:
“Oggetto: Riposo festivo degli alunni. Compiti scolastici da svolgere a casa […]necessità di non sottoporre gli alunni ad un carico eccessivo di lavoro per compiti scolastici da svolgere a casa.
[….]ad integrazione della tradizionale preparazione culturale dei giovani ai fini meramente scolastici, alla crescita e al completamento della personalità in vista dei successivi traguardi che la vita porrà dinanzi a ciascuno di essi. […]In questa prospettiva acquista particolare rilievo l’interessamento e la partecipazione dei giovani alla pratica degli sport (nuoto, sci, tennis, calcio, ecc.), specie se promananti dalla scuola medesima o da istituzioni aventi fini educativi, alle manifestazioni artistiche (concerti, teatro, mostre dibattiti, ecc.), alla visita dei monumenti, dei musei, delle gallerie, attività tutte che quasi sempre si svolgono nelle giornate domenicali e in altri giorni festivi.
[…]Nell’impegno di garantire agli alunni ogni possibilità e ogni componente di sviluppo della loro personalità, la scuola non può non preoccuparsi di rendere praticamente possibile questa più ampia e varia forma extrascolastica di arricchimento culturale e formativo.
Inoltre, va considerato che nelle giornate festive e, in genere, anche nel pomeriggio del sabato, moltissime famiglie italiane, in cui entrambi i genitori svolgono un’attività lavorativa, trovano l’unica occasione di un incontro dei propri membri – innanzi tutto genitori e figli – più disteso nel tempo e, quando possibile, in ambiente diverso da quello dell’abituale dimora cittadina, più sereno nel riposo dal lavoro, di un incontro nel quale trovano alimento il rafforzarsi dei rapporti affettivi, lo scambio delle esperienze, il confronto dei comportamenti tra giovani e adulti; in una parola, si ricompone l’unità della famiglia, e questa attua la pienezza della sua essenza di primo e fondamentale nucleo sociale e della sua primaria funzione educativa. In considerazione del duplice ordine di esigenze finora prospettate, questo Ministero è venuto nella determinazione di disporre che agli alunni delle scuole elementari e secondarie di ogni grado e tipo non vengano assegnati compiti scolastici da svolgere o preparare a casa per il giorno successivo a quello festivo, di guisa che nel predetto giorno non abbiano luogo, in linea di massima, interrogazioni degli alunni, almeno che non si tratti, ovviamente, di materia, il cui orario cada soltanto in detto giorno. […]
Si pregano le SS.VV. di comunicare la presente ai Capi d’istituto, agli Ispettori scolastici, ai Direttori didattici, agli insegnanti delle scuole elementari e secondarie. Si confida che il personale docente coglierà appieno il senso delle disposizioni impartite, le quali, lungi da tendere ad una attenuazione dell’attività scolastica, si propongono di dare possibilità di maggiore impegno agli alunni nei giorni feriali e di rendere più completa e integrata l’azione educativa della scuola con gli apporti dell’azione formativa della comunità familiare e dei contatti che questa può favorire in sede extrascolastica con il mondo della natura, dell’arte, dello sport e con le libere attività di gruppi giovanili organizzati”.
* maestra in una scuola della provincia di Genova. La sua adesione alla campagna 2014 di Comune “Ribellarsi facendo” è leggibile qui: Docente a compiti zero
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