Nelle politiche sui flussi migratori come negli apparati giuridico-amministrativi che regolano la vita dei migranti, il razzismo – manifesto o latente – trova sempre più spazio per riprodursi come struttura di dominio intrinseca al sistema. Un ebook scaricabile gratuitamente
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Mentre un tempo il razzismo in Europa legittimava la politica coloniale e orientava i regimi totalitari, oggi esso trova espressione soprattutto in tutto ciò che risulta connesso con le migrazioni internazionali: dalle interazioni quotidiane nei contesti sociali multietnici, agli apparati giuridico-amministrativi che regolano la vita degli immigrati, dalla gestione dei flussi migratori al più ampio governo delle migrazioni, il razzismo, manifesto o latente, trova spazio per riprodursi.
L’indifferenza entro cui si collocano le molte tragedie che si verificano alle frontiere meridionali dell’Europa, in Italia e Spagna, in Ungheria e Bulgaria, in Slovenia e Croazia, a Malta, così come ciò che accade nei paesi confinanti come Libia e Bosnia (Quirico, 2015; Nicolosi, 2020; Saviano, 2019) – per non dire quanto accade in territorio europeo ai molti invisibili (Palmisano, 2017), nei campi del foggiano o a Rosarno (Soumahoro, 2019, Andrisani et al., 2020), negli hotspot o a seguito dei rimpatri (Picum, 2020a), nei campi profughi in Grecia e nei molti centri di detenzione ed espulsione sparsi per l’Europa (Queirolo Palmas, Rahola, 2020) – è espressione dell’attuale razzismo silenzioso, tecnocratico e amministrativo.
Aguilar Idáñez e Buraschi (2019) parlano di «razzismo democratico», quando osservano le motivazioni che stanno alla base di tale indifferenza da parte delle istituzioni e della società civile. Secondo i due studiosi, le persone migranti e immigrate vengono poste al di là di quella che viene definita la «frontiera morale». La frontiera morale è di natura simbolica e marca la linea divisoria tra un noi, per i quali vigono i diritti e i principi morali, e un loro per i quali gli stessi diritti e principi non valgono. La sostanziale indifferenza nei confronti di coloro che sono in difficoltà sulle nostre frontiere è una forma di razzismo secondo cui si ritiene fatalmente accettabile ciò che accade in quanto riguarda uomini e donne, che non fanno parte del noi, che non sono ammessi allo spazio dell’essere in cui valgono i principi e i diritti, ma che appartengono allo spazio del non-essere. Considerare il funzionamento del razzismo nella società attuale europea costringe a riaprire il dibattito sulla sua forza distruttiva, portandoci a vedere come esso consenta a uno Stato o a una oligarchia di comando di esercitare il potere di vita e di morte (e di morte in vita, come nel caso dei cosiddetti ‘invisibili’).
L’intento è mostrare come oggi il razzismo agisca attraverso le istituzioni europee e nazionali che – tramite leggi, norme e pratiche amministrative – escludono/includono la popolazione immigrata tramite sistemi differenziali di mobilità, segmentazione etnica nel mercato del lavoro, gerarchizzazione della cittadinanza. Infatti, seppur sia comunemente riconosciuto che la razza non esiste come concetto biologico, essa esiste come categoria operativa introiettata nelle società, dove è innegabile che essere definiti come bianchi o neri rivesta una grande differenza.
A poco serve eliminare la parola razza dalla Costituzione, come è avvenuto in Francia dove il termine razza è stato eliminato e sostituito con il termine “sesso”. Non basta eliminare la parola razza per eliminare il razzismo, anzi, si corre il rischio che proprio l’eliminazione del termine riduca l’attenzione necessaria nei confronti di una struttura di dominio intrinseca al sistema.
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Tratto da Razzismo situato, ebook CIRMiB – scaricabile gratuitamente – di Guia Gilardoni che indaga le ragioni storiche e socio-culturali del razzismo di oggi per imparare e contrastarlo.
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