Forse sta per succedere qualcosa di nuovo, qualcosa che abbiamo sognato da tempo. La diffusione, la determinazione, la creatività, il coraggio delle proteste contro le impunità della polizia, che si sono moltiplicate negli ultimi mesi negli Stati Uniti, non hanno molti precedenti. Questo è un movimento di tartarughe che si ostina ad andare avanti passo dopo passo attraverso quella che Chris Carlsson chiama radical patience. Non è la pazienza dell’attesa o dell’essere passivi, ma la pazienza di chi ha capito che si tratta di uno sforzo di lunga durata, che cambia la società in profondità, Qualcosa che nasce dalla rabbia, la rabbia contro il razzismo, l’impunità, la militarizzazione, l’iniqua distribuzione delle ricchezze, le devastazioni ambientali. Per dirla con la rabbia ciò che ci può far superare la soglia dell’impossibile, non il programma né la lucida analisi. È la rabbia la forza motrice delle lotte in ogni angolo del mondo. Risuonano la parole che giungono in questi giorni da uno stravagante festival nel sud del Messico, “sempre di più ci unisce il dolore ma anche la rabbia“. Diversamente dal movimento Occupy, che ha creato degli spazi fissi, questa nuova ondata di proteste comprende molte azioni mobili, tattiche di colpisci e fuggi, azioni dirette nonviolente, pianificate e disciplinate in modo impressionante. Migliaia di persone comuni, ad esempio, hanno imparato a bloccare le strade. , è “La rabbia sta montando e la pazienza, quella di tipo radicale, sarà ciò che manterrà alta la pressione… Il 2015 sarà proprio interessante”
di Chris Carlsson*
Rabbia e pazienza, disperazione e fiducia eccessiva, emozioni che hanno serpeggiato spesso qua e la negli ultimi tempi. Le manifestazioni, i blocchi, e proteste in forme varie sono diventate fonte di ispirazione e la loro capacità di resistenza, di resilienza e di compattezza è stata assolutamente sorprendente. Forse sta per succedere qualcosa di nuovo, qualcosa che abbiamo sognato e nella quale abbiamo sperato ormai da tanto tempo. Io ho visto cinguettii e messaggi su Facebook che affermano che è ormai in atto una insurrezione, ma ciò mi sembra fortemente esagerato, al massimo si tratta della presunzione dei giovani. D’altra parte, la forte pressione senza interruzioni in atto nelle strade di Ferguson, New York, Oakland, San Francisco, Milwaukee, Chicago, Los Angeles e in tanti altri luoghi, combinata con il riconoscimento che i protagonisti non sono le solite vecchie facce, (anche se alcune di esse – cioè noi – sono anche presenti!) è un fatto che merita una profonda attenzione e un sostegno critico. Ma ne parleremo ancora più avanti.
È la fine di un altro anno, e io mi rendo conto che ho scritto molto meno durante tutto questo anno. Non ho alcun progetto di libro in gestazione (anche se questa situazione sta per cambiare), e al massimo scrivo sul sito una volta al mese. Invece di spargere con forza le mie opinioni nel mondo (cosa che dopotutto ho fatto pienamente durante tutta la mia vita!), sembra quasi che mi sia concesso una sosta. In effetti non ho deciso di farlo, ma invece di rendere nota la mia opinione su qualunque cosa accadesse, o di sforzarmi di scrivere qualcosa che non mi ispirava realmente, ho passato molto del mio tempo a leggere gli scritti di altre persone, in gran parte dei libri, ma anche molte riviste e, in misura minore, testi apparsi su internet. Ho anche scaricato numerosi articoli e pure delle intere pubblicazioni, ma solo raramente li ho veramente letti, perché, ad essere onesti, io amo i libri e le riviste cartacei molto più dei testi in forma elettronica. In parte ho dovuto scorrere dei testi per essere capace di mostrarmi un buon insegnante nei corsi che ho tenuto all’Istituto Artistico di San Francisco, e in parte perché ho la tendenza ad accumulare dei libri che desidero leggere ma spesso non ho abbastanza tempo per farlo. Quindi sono stato in grado quest’anno di tuffarmi in dozzine di fantastici libri, e ognuno di essi ha contribuito a farmi approfondire le mie crescenti conoscenze su San Francisco e la California, nonché a colmare un grave buco che avevo nella mia conoscenza della storia del 19° secolo.
In ogni caso, ho anche avuto un piccolo ruolo di sostegno collaterale rispetto allo stupendo lavoro svolto da Adriana nel caso di Alex Nieto (Alejandro “Alex” Nieto, 28 anni, è stato ucciso dagli agenti di polizia di San Francisco, a Bernal Hill Park, senza giustificazione, il 21 marzo 2014, ndr). Dopo la sua uccisione per mano della polizia locale il 21 marzo 2014, lei si è dedicata completamente al lavoro con la sua famiglia e i suoi amici, e ciò ha fatto concentrare molto tempo e molta attenzione intorno alla nostra casa. È lei che ha determinato la forma della narrazione, che l’ha collocata nel ruolo della tartaruga rispetto alla lepre rappresentata dal Dipartimento di Polizia di San Francisco. Quando loro uccidono qualcuno, il loro “modo di operare” (e questo sembra essere il modello usato in tutti gli Stati Uniti, che con ogni probabilità è stato elaborato dall’FBI, l’Ufficio Federale di Investigazione, con degli importanti contributi di qualche agente politicizzato o ex agente che dirige i sindacati di polizia) consista nell’assassinare la personalità della vittima nelle prime ore successive all’assassinio. Una immediata criminalizzazione, che non tiene in alcun conto gli elementi della realtà, è una componente essenziale della loro strategia, i cui obiettivi sono sollevare una nube di dubbi sulle circostanze durante le quali la vittima è stata uccisa.
Successivamente, dopo aver “stabilito” diffondendo informazioni false o irrilevanti, che la persona uccisa dalla polizia ha in qualche modo causato tutto ciò da se stessa, sia a causa di precedenti connessioni con proibizioni stabilite per legge, sia molto più spesso a seguito di problemi di salute mentale documentati, la polizia può affermare che erano stati messi in pericolo ed erano stati costretti ad usare mezzi mortali. Essi hanno fatto tutto ciò ad Alex Nieto, e si può leggere come ci abbiano messo diciotto ore per informare la famiglia che erano stati loro ad uccidere Alex, come abbiano utilizzato questo tempo per entrare con delle scuse nella loro casa e cercarono di trovare delle “evidenze” da utilizzare prima di dire cosa era successo e così via. È stupefacente che questo caso non abbia già avuto quel profilo nazionale che oggi stanno avendo Michael Brown, Eric Garner e alcuni altri. Ma potrebbe arrivare a quel livello, poiché chiunque conosca bene come si sono svolti i fatti può rendersi conto che Greg Suhr, il capo della polizia di San Francisco, è con ogni probabilità coinvolto personalmente nell’ostacolare la giustizia e nel tentativo di coprire il tutto, e che l’intero dipartimento sta facendo tutto il possibile per ritardare, confondere ed evitare che una indagine adeguata abbia luogo.
Infatti le falsità della polizia nelle prime ventiquattro ore hanno cercato di descrivere Alex come persona mentalmente instabile e come membro armato e pericoloso di una banda di delinquenti. Quando nei giorni successivi la famiglia e gli amici portarono le prove che era un buddista praticante, un pacifista, uno studente di diritto penale al City College che aveva svolto attività di volontariato nel dipartimento che svolgeva indagini giudiziarie, e che era molto conosciuto come un giovane con molti amici, impegnato e tenuto in molta considerazione, la storia che la polizia aveva montato continuò a essere dominante nelle descrizioni dei giornali. Ma Adriana e gli altri che facevano parte del comitato “Giustizia per Alex Nieto” hanno svolto un grande lavoro per mantenere attiva la campagna, organizzando senza soste e in posti diversi delle dimostrazioni pacifiche che facessero luce sui fatti relativi al caso (che hanno ricevuto molta poca attenzione dalla stampa fino a poco tempo fa, presumibilmente perché non si erano verificate violenze o distruzioni di proprietà private).
Ma lentamente e con continuità il caso sta destando una attenzione sempre maggiore. Nella recente manifestazione dell’Area della Baia, il nome e il viso di Alex Nieto sono stati molto presenti durante la BlackLivesMatter e altre proteste contro le impunità della polizia. Adriana ha organizzato una splendida marcia e una “Posada” (con il fondamentale aiuto di molti altri membri del comitato) per Alex Nieto durante la notte più lunga dell’anno, il 21 dicembre, alle quali sono state invitate le famiglie di molte altre vittime di omicidi della polizia: O’Shaine Evans, Errol Chang, Andy Lopez, Yanira Serrano e l’elenco continua ad aumentare. Casi precedenti, come quelli di Idris Stelley, Kenneth Harding, Jr. e naturalmente quello più conosciuto di Oscar Grant, hanno tutti contribuito a creare un crescente senso di angoscia e la sensazione che la polizia uccide restando regolarmente impunita e a causa di provocazioni di scarsa importanza, spesso soltanto perché la vittima era un vagabondo senza fissa dimora secondo la polizia. Successivamente, si è scoperto che le persone, sia nel caso di Idris Stelley, che di Errol Chang o di Yanira Serrano, avevano realmente avuto degli episodi di paranoia bipolare, qualcosa che avrebbe dovuto garantire la cura di una malattia mentale, invece di un intervento violento della polizia.
Alla luce di quanto è successo, io sono molto orgoglioso del gran lavoro fatto da Adriana per riuscire a mettere il caso di Alex Nieto sotto gli occhi del pubblico mentre la strategia della polizia si basava sul cancellarlo. E mettendo insieme la conoscenza da vicino che avevo di questo caso con la diffusa eruzione della protesta e del dissenso a scala nazionale, ho veramente la speranza che sta nascendo qualcosa che non sarà facile eliminare completamente. Questo è un movimento delle tartarughe, che insistono a realizzare uno dopo l’altro i passi che servono per farlo continuare, mettendo in pratica ciò che io da sempre amo chiamare la pazienza radicale. Non è la pazienza dell’attesa o dell’essere passivi, ma la pazienza di chi capisce che si tratta di uno sforzo di lunga durata, che può non produrre risultati così velocemente come chiunque vorrebbe, ma che lo sforzo deve continuare senza tener conto dei risultati che tardano. Deve essere guidata dalla rabbia, la rabbia perfettamente ragionevole contro il razzismo, l’impunità e la militarizzazione che caratterizzano la maggior parte dei dipartimenti di polizia.
Io sono particolarmente colpito dalle diverse occupazioni di superstrade che sono state organizzate nelle ultimissime settimane in molte delle maggiori città. Sembra che la comprensione da tempo mancante della vulnerabilità delle arterie dove circola la vita delle città moderne sia finalmente emersa e che oggi migliaia di persone hanno imparato come si può bloccarle.
La vita moderna dipende dal flusso continuo di cittadini privati che guidano auto private, non diversamente dalla dipendenza del nostro corpo dal sangue che fluisce verso e dal cuore in ogni momento. Quando la circolazione di una strada senza pedaggio viene bloccata da una protesta sociale, diventa un punto potente sul quale fare leva. È garantito che i mezzi di comunicazione descriveranno i dimostranti come persone prive di ragione, in quanto sabotano la loro stessa causa ritardando e angosciando migliaia di persone imprigionate negli ingorghi di traffico che ne derivano. Ma tutto ciò non è molto diverso dagli abusi commessi agli scioperanti seduti nelle strade negli anni ’30, che per primi sperimentarono un nuovo modo di occupare i posti di lavoro, che portò alla rapida creazione dei sindacati delle industrie (è un problema diverso dal far emergere le contraddizioni e le debolezze delle strutture sindacali, aspetto che per il momento lascio da parte). È invece molto simile allo sdegno e all’angoscia distruttiva diretti contro le incursioni delle biciclette della Critical Mass in tutti questi anni, ma guardate quante più persone usano le biciclette ogni giorno adesso rispetto a quando è iniziata la Critical Mass nel 1992, non solo a San Francisco ma in tante città in tutto il paese e in altre parti del mondo.
Diversamente dal Movimento Occupy, che creò degli spazi fissi, che però alla fine si rivelarono non essere difendibili dagli attacchi di una polizia pesantemente armata, questa nuova ondata di proteste comprende molte azioni mobili, tattiche di colpisci e fuggi, nonché alcune azioni aggressive dirette nonviolente, pianificate e disciplinate in modo impressionante (in particolare il blocco Bart del Venerdì Nero e l’attacco dimostrativo al Dipartimento di Polizia di Oakland). Molta attenzione è stata fatta agli episodi di rotture di vetrine e dei rifiuti incendiati che si sono verificati durante alcune delle marce serali di avvicinamento per le strade, ma la grande e diffusa potenza della protesta, in genere senza distrazioni di questo tipo in molti luoghi, è ciò che ha maggiormente colpito.
Naturalmente si sono verificati anche una certa quantità di “spese proletarie”, specialmente quando le vacanze erano vicine, e la possibilità di saccheggiare un negozio di telefonini o di altri apparecchi elettronici era a portata di mano. È difficile che ci si possa sorprendere o che valga la pena di preoccuparsi di questi fatti: che cosa ci si può aspettare in una società dove i ricchi hanno concentrato nelle loro mani così tanta ricchezza negli ultimi due decenni, mentre le persone al livello più basso della struttura economica diventano sempre più poveri? Il prelievo più significativo che si è verificato in questa società cono i miliardi sottratti ogni giorno dalle elites cleptomani che riempiono le loro tasche in ogni tipo di modalità diretta o indiretta alle spese dei membri della società. Chiunque abbia analizzato di recente le statistiche della distribuzione della ricchezza può solo arrabbiarsi per l’impunità goduta dai banchieri, dalle imprese che forniscono mercenari agli eserciti e i politici uomini e donne che li rappresentano. Una redistribuzione in una diversa direzione della ricchezza sociale è una esigenza da tempo nota, e noi possiamo difficilmente protestare contro coloro che hanno deciso di sfruttare le loro opportunità così limitate, appropriandosi di ciò su cui possono mettere le mani.
E poi è da ricordare il saccheggio del pianeta costituito dai carburanti fossili. Il movimento per il clima esercita anche delle pressioni per accelerare l’aumento delle fonti di energia alternative. Esistono delle critiche molto buone al concetto che noi possiamo soltanto rimpiazzare il petrolio a basso costo che sostituisce i trasporti e la produzione di cibo con il solare e l’eolico; noi quasi certamente dobbiamo ridurre radicalmente l’ammontare di energia che consumeremo andando avanti nel tempo. Ma la situazione attuale è insopportabile e insostenibile. Così sembra a chiunque conosca queste cose, sia che combatta il razzismo strutturale storicamente radicato, che ancora genera orribili uccisioni abitualmente coperte dallo stato, che colpiscono al di la di ogni proporzione i neri e gli ispanici, sia coloro che si sono concentrati sulla necessità di bloccare il fracking (questo terribile metodo di estrazione del petrolio che almeno finora sembra avere un gran successo nello stato di New York), sugli oleodotti per il trasporto del petrolio estratto dalle sabbie bituminose, oppure facendo soltanto delle campagne per lasciare il petrolio sottoterra.
È facile disperarsi quando le cosiddette “notizie” propagandistiche rinforzano così tanto il nostro isolamento mentre rendono le modalità in cui si vedono le cose così inevitabili e senza scadenze. Ma la storia parla un linguaggio diverso. Oggi le cose stanno cambiando rapidamente ed esiste una effettiva possibilità di forgiare una maniera di vivere molto diversa, a partire dalle violente convulsioni finali delle regole barbare e sfruttatrici sotto le quali abbiamo vissuto per più di un secolo.
Che cosa significa “migliore” in questo contesto? La mia “risposta facile” comprende meno lavoro, più momenti di gioia, rapporti più corretti, restauro dei sistemi naturali e un impegno per un bilancio ecologico molto sensibile, che riguardi le risorse, le tecnologie e tutte le forme di vita. Quali tecnologie saranno utili per andare avanti? Come gli obblighi connessi al loro uso imporranno delle strutture sociali che potrebbero essere incompatibili con le nuove pratiche sociali egualitarie? Possono essere riprogettate per rafforzare diverse modalità di vita invece di rimanere intrappolati nei vecchi paradigmi? Queste sono solo alcune delle domande che mi tormentano, e io spero di scrivere qualche testo basato su una ricerca e una analisi storica serie, che possano gettare della luce su di esse nel prossimo anno e in quelli successivi!
Nel frattempo, la rabbia sta montando e la pazienza, quella di tipo radicale, sarà ciò che manterrà alta la pressione e il movimento in fase di crescita e di evoluzione: il prossimo anno sarà proprio interessante!
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