Come dare un senso a un mondo nel quale siamo costantemente bombardati da tragedie? In realtà, suggerisce Noam Chomsky, nessuno di noi legge sulle prime pagine dei giornali che «c’è una coppia felice a cinquanta miglia di distanza che ha appeno avuto un bellissimo bambino e che è fuori di sé dalla gioia . Ma quella non è una notizia giornalistica. Ma ciò non significa che non accada. Dunque il mondo è pieno di ogni sorta di cose». Al tempo stesso, del resto, ci sono molte tragedie di cui non si parla. Tutto questo non impedisce che possiamo cercare di fare qualcosa per mitigare le tragedie. Ad esempio, dice Chomsky, non c’è alcun dubbio serio che sia in arrivo una crisi ambientale molto grave. «Si può discutere dei dettagli ma il quadro generale è chiaro. Ci sono persone che la negano. Ce ne sono alcune che reagiscono cercando di fare qualcosa. E ce ne sono altre che stanno cercando di correre incontro al disastro. E’ molto interessante vedere chi sono. Quelli che stanno tentando di salvare la specie dal disastro sono quelli che chiamiamo “primitivi”, “popoli tribali”, “aborigeni”….».
di Noam Chomsky, John Holder e Doug Morris
Intervista a Noam Chomsky condotta il 24 maggio 2013 al MIT, Cambridge, Massachusetts. da John Holder e Doug Morris
Abbiamo chiesto ad alcuni studenti delle medie di porre delle domande. Abbiamo impostato la cosa sull’idea che tu sei un filosofo. Loro possono basarsi sull’idea di quello che fa un filosofo … riflettere sulle grandi domande. Dunque queste sono domande di ragazzi …
Ero in California un paio di settimane fa e mia nuora ha voluto che parlassi con gruppo di lupetti dei boy scout, così ho fatto una conferenza a un gruppo di ragazzini sugli otto anni.
Quanto è durata?
Si è interrotta appena si sono tirati su e hanno cominciato a gironzolare.
In realtà la prima domanda che abbiamo viene da una di sette anni.
OK. Io parlo solo con quelli che hanno otto anni.
Oltre a quella di sette anni, le domande provengono da studenti delle media di dodici, tredici e quattordici anni, ma mi è capitato di parlare con la figlia settenne di un amico e ho citato il fatto che ti avremmo intervistato e ho cercato di fornirle un po’ di contesto e le ho chiesto: “Se incontrassi Noam per porgli una domanda, cosa chiederesti?” Lei ha detto: “Hmmm … è facile … chiederei ‘Perché esistiamo?’”
Ci sono due punti di vista riguardo a ciò, che risalgono alla Grecia classica, forse a prima. Uno è che esistiamo per la stessa ragione per cui esistono le pietre e gli alberi e l’erba. E’ semplicemente il modo in cui hanno funzionato le leggi della natura ed è capitato che ci abbiano guidato così come hanno guidato altre cose. L’altra risposta, che in realtà risale ad Aristotele, è che tutto nella natura ha uno scopo e una funzione. E lo scopo della pioggia è far crescere i raccolti. L’essenza è quella, e si continua così per tutto il resto.
E lo scopo degli esseri umani è di essere razionali e riflessivi e divere una “vita meditata”, pensando a come fare le cose giuste. E poi Aristotele ha ricavato alcune conclusioni parecchio sgradevoli da ciò. Ha detto che questo vale solo per i greci istruiti. Gli altri non sono completamente umani. E per alcuni, ha detto, lo scopo è di essere schiavi. Il loro scopo è di servire gli “umani veri” e perciò non dovremmo privarli della loro funzione. Perciò liberare gli schiavi sarebbe delittuoso … anche non rende schiava la gente, in modo che possa adempiere la propria funzione di servire gli umani veri, sarebbe immorale. Ma siamo qui perché il creatore ci ha assegnato una funzione. Poi ci sono variazioni su questo.
L’idea moderna tra le persone istruite che prestano attenzione a ciò che è stato scoperto a proposito del mondo è la prima. Esistiamo per la stessa ragione per cui esistono le altre cose dell’universo. E’ il modo in cui funziona la natura.
E quella sarebbe l’idea di Chomsky?
Sì, è la mia idea.
Continuando sullo stesso filo, dovremmo presumere che gli umani siano più importanti degli altri animali del pianeta?
Il dato di fatto è che lo presumiamo. C’è una specie di idea intuitiva che ha la maggior parte di noi, anche quelli che non ci credono nel lato razionale della loro mente. E’ l’idea che è tradizionalmente chiamata La grande catena dell’esistenza. C’è una Grande catena dell’esistenza e in cima c’è Dio, il creatore, e appena sotto ci sono gli angeli. Ancora sotto ci sono gli umani e poi si continua a scendere fino a quando non si arriva ai vermi, e alle piante e al fondo della Grande catena dell’esistenza.
Lo si vede anche nelle scienze. Ad esempio, c’è un mucchio di lavoro nel cercare di insegnare alle scimmie i rudimenti del linguaggio. Nessuna cerca di insegnare agli umani i rudimenti delle comunicazioni delle api. Sembrerebbe ridicolo; che ragione ci sarebbe? E’ semplicemente altrettanto ridicolo che cercare di insegnare alle scimmie frammenti del linguaggio umano. Lo facciamo perché intuitivamente tendiamo a considerare il mondo in termini della Grande catena dell’esistenza. Dunque le scimmie sono meno evolute degli umani, il che è totalmente falso. Proprio come le api non sono scimmie meno evolute. Ci siamo tutti evoluti nello stesso arco di tempo; semplicemente siamo evoluti in modi diversi. Ma [c’è] questa concezione intuitiva che in qualche modo noi siamo la specie dominante … e poi, naturalmente, la cosa si complica ulteriormente.
Dunque, alcuni di noi sono umani veri, altri sono umani non veri, o semi-umani, e da questo deriva una quantità di cose brutte. E tutto piuttosto profondamente radicato. Qualcosa di simile vale per ogni cultura che sia stata scoperta. Forse non tutta questa differenziazione … ma qualcosa di simile. E’ completamente irrazionale. E’ un po’ come il nostro vedere il sole che gira intorno alla terra. Non si può fare a meno di vederlo, anche se si sa che non è vero. Sappiamo tutti che è un errore, ma semplicemente lo si vede; o come vedere l’illusione ottica della luna; dunque la luna appare più grande all’orizzonte, quando sorge. OK, razionalmente sappiamo che non è affatto più grande, ma non possiamo fare a meno di vederla più grande, e in qualche modo non possiamo evitarlo … poiché la cosa è cognitiva, piuttosto che percettiva, possiamo superarla, ma solo con grande sforzo possiamo superare la visione dell’universo in termini di qualcosa come la Grande catena dell’esistenza. E vien fuori in continuazione.
Dunque tu in realtà non credi alla comunicazione tra specie?
Non c’è assolutamente nulla da tirarci fuori. Noi non siamo più evoluti dei protozoi, sono lo siamo in una linea diversa. In molti modi loro se la cavano molto meglio di noi. In realtà, se dai un’occhiata al giornale di stamattina, c’è una scoperta recente che gli scarafaggi si sono evoluti in modo tale da averla vinta sui principali veleni usati per ucciderli. I veleni si basano sull’idea che certe cose sono amari e gli scarafaggi se ne tengono lontani. Una rapida selezione ha modificato i loro sensori in modo che le cose dovrebbero risultare dolci hanno un sapore amaro, perciò le evitano e perciò i veleni non funzionano. Dunque se la cavano meglio di noi. Noi non siamo in grado di evolvere in quel modo.
Assumendo per un secondo la posizione dell’avvocato del diavolo, immagina che ci siano altre specie senzienti su questo pianeta, oltre agli esseri umani, e senza dire che siamo i migliori o al vertice di questa catena, riesci a vedere un qualche valore nel cercare di comunicare con altre specie?
Certo, puoi comunicare con il tuo cane e il tuo cane può comunicare con te, e lo fa, e non c’è nulla di sbagliato in questo. Ma l’idea di cercare di costringere le scimmie a imitare in modo rudimentale quello che fanno gli esseri umani è scientificamente interessante tanto quanto addestrare gli umani a comunicare in modo rudimentale al modo in cui comunicano le api, cosa che nessuno si sognerebbe mai di fare perché ci consideriamo intuitivamente in qualche modo superiori alle api, anche se esse sono in grado di fare una quantità di cose che noi non possiamo fare, anche cognitivamente. Così come tu ed io non siamo in grado di spostarci bene come una formica.
Dunque, questa è di un quattordicenne che vive in un mondo in cui sono costantemente circondati da tragedie e dalla realtà della mortalità umana; è una domanda semplice ma complessa: come riusciamo a dare un senso alla morte?
Beh, è da sempre un grosso problema nella riflessione degli esseri umani, probabilmente di tutta l’umanità. Nella maggior parte delle culture e società è intesa semplicemente come una parte della vita. Chiunque ponga la domanda deve elaborarla per conto suo. Conosco il modo in cui l’ho fatto io. Quanti anni ha?
Quattordici.
Quando avevo quell’età ero terrorizzato dall’idea di morire. Quello che mi colpiva come terrificante non era che sarei morto, bensì che sarebbe morto questo punto di coscienza e dunque il mondo intero sarebbe scomparso. Perché, dopotutto, non c’è altro là fuori che quello che percepisco e se tale coscienza scompare, scompare tutto. Cosa succede a quel punto? Nel tempo arrivi a riconoscere che fa semplicemente parte della vita. Invecchiando, almeno per me, sembra meno un problema.
In realtà, solo a mo’ di esempio, melodrammaticamente, la notte scorsa sono arrivato molto vicino a morire, molto più vicino di quanto mi rendessi conto. C’era monossido di carbonio. Mi ero dimenticato di spegnere l’auto e avevo chiuso il garage. Il garage è sotto la casa e il monossido di carbonio stava filtrando dentro la casa; non lo avverti, è inodore. In effetti sarei morto se non fosse stato per il fatto che Bev Stohl aveva messo una batteria in un allarme che io nemmeno sapevo ci fosse, e l’allarme è scattato. E io sono riuscito ad andare a spegnere l’auto. Ma ci sono arrivato vicino così. Dunque, se fosse successo, sarebbe successo.
Ma … è tragico … se fosse successo.
Beh, sai, non la vedo più così?
Come la vedi, allora?
E’ solo una delle cose che succedono nella vita. La vita continua per tutti gli altri.
Ma i contributi che sei in grado di offrire perché esisti? Ad esempio, non saremmo seduti qui oggi a parlare. E sarebbe una tragedia.
Lo stesso vale per chiunque altro. Tutti hanno contributi da offrire; ogni animale ha contributi da offrire. OK, il modo in cui funziona l’universo è che si ha un tempo fisso sulla terra e poi finisce. E semplicemente non mi sembra più tragico come una volta. In realtà mio fratello, che è medico e lavora molto con pazienti anziani, mi dice che proprio alla fine, costantemente, lottano davvero per vivere, per quanto potessero aver deciso che non pensavano fosse importante.
Pensi abbia qualcosa a che fare con la coscienza umana?
Hai mai visto una mosca nella tela di un ragno? Sta davvero lottando per liberarsi. Non credo che le mosche ci pensino molto.
Parliamone un po’ di più, perché questa domanda emerge da un contesto di ragazzi che guardano a un mondo che è costantemente immerso in tragedie umane. Perciò penso che sullo sfondo di questa domanda, per i ragazzi, ci sia quella: “Come facciamo a dare un senso a un mondo in cui siamo costantemente bombardati da tragedie?” Ad esempio, per la maggior parte della storia umana, sembra, se un evento tragico aveva luogo a cinquanta miglia di distanza non se ne sarebbe sentito parlare. Oggi si accende la radio al mattino ed è una tragedia dietro l’altra … un bombardamento costante.
Beh, si tratta di una selezione. Voglio dire: non si legge sulle prime pagine dei giornali che c’è una coppia felice a cinquanta miglia di distanza che ha appeno avuto un bellissimo bambino e che è fuori di sé dalla gioia perché questa splendida creatura è entrata nella loro vita e li ha cambiati totalmente. Ma quella non è una notizia giornalistica. Ma ciò non significa che non accada. Dunque il mondo è pieno di ogni sorta di cose. Quello che dovrebbe fare, penso, è indurti a tentare di fare quello che puoi per mitigare le tragedie e a prestare attenzione a ciò che possiamo dover fare riguardo alle tragedie, che spesso è molto, e a vedere se si può fare qualcosa al riguardo in modo che ci sia più felicità e gioia e promesse per il futuro e minor sofferenza e meno tragedie. Ci capita di essere in una posizione in cui possiamo fare molto. Proprio qui siamo cittadini del paese più potente della storia umana. Ha un potenziale enorme per il bene e per il male e possiamo spostare l’equilibrio se ci proviamo e possiamo fare un mucchio di differenza.
C’è una quantità di tragedie di cui non si legge. Così, per esempio, leggiamo del genocidio in Ruanda. Ottocento giorni, 10.000 persone uccise ogni giorno. Non leggiamo del fatto che nell’Africa meridionale, dimentica il resto del mondo, nella sola Africa meridionale circa lo stesso numero di bambini muore ogni giorno di malattie facilmente prevenibili o per malnutrizione. Potrebbe essere salvati al costo di centesimi ogni giorno dai paesi ricchi. Ma non leggiamo nulla al riguardo perché se ne leggessimo dovremmo fare qualcosa, e potremmo. E questo è solo uno dei casi. Cioè solo il Ruanda ogni giorno, e solo l’Africa meridionale, e solo i bambini. Potremmo fare qualcosa. Ed è solo uno dei casi.
In un certo modo ciò rimanda alla tragedia della notte scorsa, perché se Noam Chomsky fosse morto la notte scorsa ci sarebbe una voce di meno nel mondo disposta ad avere il coraggio di affrontare ciò che la maggior parte delle persone non è disponibile ad affrontare.
Allora dovrebbero farlo altri. Non ci vuole alcuna speciale competenza o talento, nemmeno uno speciale coraggio. Non ci vuole alcun coraggio per dire queste cose.
Con tutto il dovuto rispetto sei eccessivamente modesto.
Beh, ho abbondanza di cose su cui essere modesto (risata).
Modificheremo leggermente la domanda di uno studente. Se noi siamo le sole creature senzienti su questo pianeta, perché stiamo distruggendo l’ambiente?
Probabilmente proprio per tale motivo. Il fatto è che noi siamo una specie molto insolita. Non c’è nulla di simile in tutta la storia evolutiva e nel mondo oggi. Gli animali e le piante ovviamente, in generale, vivono tipicamente il mondo che si presenta loro. Il mondo che si presenta loro è fisso. Hanno modi interni di reagire ad esso e ciò è praticamente tutto. In qualche misura minore modificano il mondo, ma non molto, e non volontariamente. Noi siamo diversi. Viviamo in un mondo che costruiamo mentalmente.
Dunque sì, reagiamo al mondo ma anche creiamo immagini mentali e pensieri e piani e intenzioni che ci consentono di avere a che fare con il mondo in un modo totalmente diverso. Il linguaggio è in realtà un fattore cruciale. E’ per questo che i paleo-antropologi, persone che studiano le origini umane, considerano tipicamente il linguaggio come la caratteristica definitoria che ha separato gli esseri umani dal resto del mondo organico e li ha spediti in una direzione molto diversa.
Ora, se guardiamo alla nostra storia, e per “nostra storia” intendo risalire a prima che fossimo umani, umani moderni, prima dell’homo-sapiens, se risaliamo alle nostre origini eravamo una specie molto predatrice e distruttrice. Dunque, indietro fino a dove riusciamo ad arrivare, dove i pre-umani o i proto-umani si diffusero, i grandi animali scomparvero, la mega-fauna, gli animali grossi, perché furono uccisi. Un paio di centinaia di migliaia di anni fa c’erano molti ominidi diversi, creature come i nostri antenati, i nostri antenati erano un gruppo tra molti altri … noi siamo i soli che sono sopravvissuti. L’unico gruppo, è il motivo può essere, in realtà non lo conosce nessuno … è che abbiamo ucciso il resto degli altri.
I geologhi suddividono il passato geologico in ere. Così, c’è stata l’era del Pleistocene da due milioni e mezzo di anni fa a circa diecimila anni fa. Poi c’è stata l’era dell’Olocene che va da diecimila anni fa a ora, salvo che adesso stanno introducendo un’era nuova chiamata Antropocene, che riguarda gli umani, l’era umana, che va da forse il 1750 a oggi, e quello è il periodo in cui abbiamo cominciato a modificare radicalmente l’ambiente, così tanto che è una nuova era geologica, e di fatto lo stiamo distruggendo.
Ma dà semplicemente un’occhiata e queste ere, e avrei potuto risalire più indietro. Nel percorrere le ere, ciascuna diventa più breve. E l’Olocene è molto breve e l’Antropocene è come un istante nel tempo geologico e può non durare a lungo perché possiamo finire parecchio presto. Dunque, perché lo stiamo facendo? E’ questo il modo in cui stiamo usando la nostra intelligenza, proprio come l’intelligenza proto-umana fu utilizzata per uccidere i grandi mammiferi. Non è un bel quadro. E naturalmente possiamo controllarlo, perché abbiamo in effetti questa capacità di creare il mondo in cui operiamo, ma questa capacità deve essere compresa e utilizzata.
Ed è piuttosto impressionante notare quello che sta succedendo proprio oggi, davanti ai nostri occhi. Non c’è alcun dubbio serio che sia in arrivo una crisi ambientale molto grave. Si può discutere dei dettagli ma il quadro generale è chiaro. Ci sono persone che la negano, naturalmente, ma ciò nonostante è estremamente arduo negarla se si fa davvero sul serio. E ci sono persone che reagiscono in modi diversi. Ce ne sono alcune che reagiscono cercando di fare qualcosa al riguardo e di arrestare il disastro o forse di salvare le prospettive di una sopravvivenza decente. E ce ne sono altre che stanno cercando di correre incontro al disastro. E’ molto interessante vedere chi sono.
Quelli che stanno tentando di salvare la specie dal disastro sono quelli che chiamiamo “primitivi”, “popoli tribali”, “aborigeni”, popoli delle Prime Nazioni in Canada, popoli tribali Adivasi in India. Stanno cercando di salvare il pianeta e in realtà nei luoghi in cui hanno un certo grado di potere stanno davvero facendo qualcosa in proposito. La Bolivia capita che sia alla guida del tentativo di fare qualcosa. Là le popolazioni indigene sono in realtà la maggioranza e oggi ci sono persino norme costituzionali per quelli che chiamano i “diritti della natura”; la natura ha diritti che dobbiamo preservare, il che è un aspetto delle società tradizionali che emerge in un modo o nell’altro.
L’Ecuador, che ha una vasta popolazione indigena e una popolazione influente … l’Ecuador è un produttore di petrolio e proprio oggi sta cercando di ottenere assistenza per tenere il petrolio sottoterra, dove dovrebbe stare. Sta cercando di ottenere assistenza di paesi più ricchi per poter fare quello che probabilmente non riuscirebbe a fare. Beh, questo sta accadendo in tutto il mondo, l’opposizione alle attività minerarie, alla distruzione delle risorse, all’uso dei combustibili fossili, dappertutto.
Si vada all’altro estremo, ai paesi più ricchi e più potenti del mondo come, in particolare, gli Stati Uniti e il Canada. Stiamo guidando la corsa al disastro. Quando il presidente e l’opposizione politica sono euforici a proposito di quelli che definiscono cent’anni di indipendenza energetica, stanno parlando di cent’anni di corsa alla distruzione dell’ambiente, perché è questo che ciò significa. Dei circa cento paesi rilevanti, gli Stati Uniti e il Canada sono probabilmente gli unici a non avere un programma nazionale per limitare l’uso dei combustibili fossili, nessuna condizione nazionale sulle energie rinnovabili. Non possiamo dire che gli altri stiano andando alla grande, ma almeno stanno facendo qualcosa. Noi no.
Perciò abbiamo da un lato la corsa al disastro, qualcosa di simile alla proverbiale corsa dei lemming giù dalla scogliera, guidata dai settori più ricchi, più potenti, più avanzati e che si presumono più illuminati del mondo, e dall’altro abbiamo un tentativo di prevenire il disastro, di mitigarlo, di occuparsene, proveniente da quelli che definiamo primitivi e non istruiti. Se mai ci sarà uno storico futuro guarderà indietro a questo periodo con stupore.
Hai detto che è cominciata intorno al 1750, questa corsa al disastro; corrisponde anche all’ascesa del capitale?
L’industrializzazione, che è diventata rapidamente capitale. L’Olocene comincia intorno all’epoca dell’ascesa dell’agricoltura e il recesso delle età glaciali che vi coincisero.
E’ stato annunciato di recente che abbiamo superato una soglia climatica pericolosa.
Sì, 400 parti di CO2 per milione. Abbiamo raggiunto quella che è stata considerata una soglia dalla quale può non esserci ritorno. E’ una scoperta molto importante. E’ imminente. C’è stata una quantità di prove al riguardo. Se si seguono con attenzione queste cose, ogni numero di una rivista scientifica ha qualche grave ammonimento. Un paio di settimane fa c’è stato un articolo su Science, il principale settimanale scientifico degli Stati Uniti, che riferiva che c’erano stati i primi studi di 500 anni di analisi del permafrost, del permafrost siberiano. E si può misurare come il riscaldamento climatico abbia influenzato lo scioglimento del permafrost. E secondo le conclusioni di tale articolo, che sono parecchio sinistre, anche il livello di riscaldamento previsto, non quello proiettato, il livello previsto prudenzialmente, anche quello sarebbe sufficiente a sciogliere il permafrost, il che significa consentire la liberazione di enormi masse di metano, che è ancor più distruttivo dell’anidride carbonica, e che scatena un processo in intensificazione che potrebbe semplicemente decollare.
[Questa domanda è di] un tredicenne, ma in un certo senso hai già risposto a questo, ma loro la pongono in questo modo: hai menzionato che “è in gioco il destino della specie” e ciò potrebbe significare che è in gioco il nostro futuro di ragazzi, perciò cosa possiamo fare come ragazzi per garantirci di averlo almeno, un futuro?
Beh, non voglio essere troppo allarmista in proposito. Non è che la nostra specie scomparirà. Significa che le condizioni di quella che consideriamo un’esistenza minimamente decente possono deteriorarsi nettamente. Così, per esempio, l’intera Boston potrebbe finire sommersa. Naturalmente per paesi poveri come il Bangladesh si tratta di una catastrofe totale per centinaia di milioni di persone. Nell’Asia meridionale i ghiacciai si stanno fondendo sull’Himalaya. Se tale scioglimento raggiungesse un certo punto, l’Asia meridionale, con centinaia di milioni di persone, potrebbe diventare invivibile. Queste sono conseguenze davvero gravi. Gli esseri umani sopravvivranno, ma in un mondo molto diverso. Dunque cosa possiamo fare al riguardo? Possiamo fare quello che stanno facendo i cosiddetti popoli “primitivi”: arrestarlo. Non occorre tirar fuori ogni goccia di idrocarburi dalla terra. Può restare sottoterra, dov’è il suo posto. E potremmo dedicare le nostre energie a non sprecare quanti più combustibili fossili possibile e a sviluppare alternative che ci consentiranno una società che sopravviva. E’ tecnicamente fattibile, è una questione di scelte, e disponiamo delle scelte. E i ragazzi, chi pone la domanda ha perfettamente ragione … questa generazione può già cominciare a vedere le cose in modo serio … i loro figli, ancora di più.
Quando ti sei rivolto a una stanza piena di bambini di otto anni, quale è stato l’argomento generale della discussione?
Ho parlato di questo in un modo che ho sperato risultasse comprensibile a bambini di otto anni.
Cosa è stato importante per loro?
Quello che è importante per loro, a meno qualcuno non li induca a pensarci, è semplicemente ciò che è immediato, come “posso avere un iPad?”
O un gelato?
Forse un iPad è più probabile. (ride)
Supponi che fossero seduti qui. Come affronteresti questi problemi con bambini di otto anni?
Essenzialmente con quello che ho appena detto, che può essere detto a ogni livello. Si può parlarne a laureandi in scienze o se ne può parlare a bambini di otto anni, a un livello o a un altro. Sono gli stessi problemi. Non so se quello adatto a farlo bene, ma si può provare a farlo. Lo si può fare con i propri figli, cosa che in realtà abbiamo fatto.
Se qualcuno affermasse che gli Stati Uniti si stanno sempre più muovendo verso forme di fascismo, individueresti prove che è vero?
Oh, sì, prove molto impressionanti. In realtà non mi sono mai aspettato molto da Obama. Ho pensato che fosse prevalentemente aria fritta, ma una cosa mi ha sorpreso ed è l’intensità della sua aggressione alle libertà civili, che va oltre qualsiasi spiegazione razionale io riesca a immaginare … [incomprensibile]… e si mostra in una molteplicità di modi. Uno dei modi molto spettacolari e che non ha a che vedere con il ramo esecutivo, è il modo in cui la società e l’economia si stanno sviluppando.
Così, per esempio, un paio di settimane fa c’è stato un articolo nella ‘Sezione Economia’ del New York Times, forse lo hai visto, su qualcosa chiamato “Occhiali Google”. Google sta producendo occhiali, possono già essere sul mercato, che hanno un piccolo computer incorporato, un computer minuscolo, che ti consente di essere su Internet ventiquattr’ore al giorno. Già questo di per sé è un capo d’accusa di cui non voglio nemmeno parlare. Ma è ancora peggio, perché questo congegno fotografa anche tutto quello che succede e immagino che già ora o presto registrerà tutto quello che succede. Perciò tutto quello che succede attorno alla persona che indossa questa cosa finisce su Internet.
Il giornalista ha chiesto a Eric Schmidt, uno dei fondatori di Google, se pensasse che questa fosse un’invasione della privacy. E la sua risposta penso possa essere lo slogan dell’era che sta per arrivare. La sua risposta è stata: “Beh, se stai facendo qualcosa che non vuoi sia su Internet, allora non dovresti farla.” Non so se fascismo sia il termine esatto, qui si va oltre quello … questa concezione che tutto debba essere pubblico e in una certa misura penso si stia infiltrando nella coscienza dei giovani. Non frequento Facebook ma chi lo fa mi dice che l’esibizionismo dei giovani è semplicemente spaventoso … tutto deve essere su Internet, tutto quello che faccio. E l’idea che tutto debba essere pubblico va oltre qualsiasi cosa abbia mai immaginato il Grande Fratello.
Se si leggono le riviste di tecnologia, come la MIT Technology Review, lo si vede emergere sempre di più. Così c’era una notizia in un numero recente che diceva che le imprese cominciano a essere prudenti nell’usare computer con parti prodotte in Cina, perché adesso è apparentemente possibile tecnicamente incorporare nei componenti di un computer un qualche dispositivo che individua tutto ciò che il computer sta facendo, ogni tasto battuto, e lo ritrasmette al “Quartier Generale dell’Esercito Popolare di Liberazione” in Cina. Beh, l’articolo non è continuato affermando che se possono farlo in Cina lo possiamo fare molto meglio qui. Dunque questo vale per ogni computer fabbricato qui o fabbricato da un’impresa statunitense e se non sta succedendo ora, potrebbe succedere e potrebbe succedere presto, il che significa che tutto quello che fai su tuo computer finisce al Grande Fratello nell’enorme archivio di dati che Obama sta costruendo in Utah. E le cose stanno peggiorando.
C’è appena stata una notizia da uno dei principali laboratori di robotica. Hanno lavorato per una decina d’anni, credo, a cercare di sviluppare robot, cioè essenzialmente droni; robot controllati delle dimensioni di mosche. L’esercito si è interessato a questo perché potrebbe significherebbe che sarebbe sorvegliato tutto quello che succede nel tuo soggiorno o nella tua cucina e tu non te ne accorgeresti, perché è semplicemente una mosca che vola. Ciò rende pubblica ogni cosa. Beh, di nuovo, non lo si può chiamare fascismo, perché i fascisti non hanno mai sognato nulla di simile. Non se lo è mai sognato Orwell. E’ oltre l’immaginabile. Ed è a portata di mano e può già star accadendo. Ed è accettato. Viviamo in una società della sorveglianza di un genere che davvero non è mai esistito prima, ed è accettato. Alcune società sono più estreme della nostra, come la Gran Bretagna: telecamere dappertutto, registrazioni dappertutto. E’ probabile che tutto ciò che facciamo, almeno elettronicamente, possa essere intercettato, forse è raccolto dai sistemi di sorveglianza. E la tesi di Eric Schmidt, che lui non stava criticando, diceva che le cose vanno come dovrebbero, potrebbe ben diventare lo slogan dell’era in arrivo a meno che si faccia qualcosa per impedirlo. Può esserci dietro anche la forza. Io sto soltanto parlando dell’aspetto della sorveglianza. Una volta che siano raccolti dati che ti dicono tutto di una persona, forse compreso un mucchio di invenzioni, il che pure accade, allora c’è un mucchio di controllo che può accompagnarvisi.
Quelli che stai descrivendo suonano come gli aspetti peggiori di un romanzo di Philip K. Dick.
Di chi?
Philip K. Dick, lo scrittore di fantascienza.
Non lo conosco. Ma questo è peggio di qualsiasi fantascienza io conosca, ed è reale, direttamente dalle riviste di tecnologia. Non è fantascienza.
E riguardo all’effetto psichico del sapere di vivere in una società dove sai di essere sotto sorveglianza costante, anche in termini dell’impatto sulla comunità degli attivisti?
Quello che ritengo sia più preoccupante è quanto mi è stato detto almeno a proposito dei bambini e di Facebook, che lo accettano come legittimo, che si dovrebbe esporre tutto al pubblico.
Dunque, in altre parole, dal tuo punto di vista, basato sulla nostra età, vediamo che dovrebbero esserci dei limiti, che dovrebbe esserci della riservatezza, ma questi ragazzi non lo vedono?
Quella è l’impressione che ricevo. Come dico, non lo verifico io stesso, ma ho amici che fondamentalmente cercano di controllare i loro figli su Facebook e molti di loro sono semplicemente inorriditi da quel che vedono. Cose che né tu né io ci saremmo mai sognati di rendere pubbliche. Questa idea che in qualche modo devi essere in contatto con tutto quello che succede nel mondo emerge in ogni sorta di modi.
Puoi averlo visto nel corso dell’inverno. Ci sono stati articoli sulla stampa, forse sul Boston Globe. Una strana epidemia che si stava diffondendo tra le adolescenti di Boston e non riuscivano a capire di cosa si trattasse, ma c’era un mucchio di malate. Poi finalmente lo hanno scoperto. Era spossatezza. Era spossatezza per le ragazze andavano a letto con il cellulare in mano in modo che se per caso alle tre di notte qualcuna che conoscevano si era mangiata un tramezzino che dovevano conoscere, era qualcosa che non ci si poteva perdere, e perciò non dormivano.
Stai scherzando?
Non penso sia uno scherzo.
Questo si applica a un’altra domanda posta da uno studente. Da un lato la vita è una specie di iper-spettacolo, ma poi lo studente chiede: “Perché la scuola è così noiosa?”
E’ una domanda ottima. Non c’è ragione per cui la scuola debba essere noiosa. La scuola può essere l’esperienza più eccitante mai avuta, e a volte lo è. Se le scuole sono noiose è perché sono state prese decisioni di renderle noiose e alcune di tali decisioni sono a livello federale e alcune a livello statale, comunque si tratta di decisioni. Dunque l’idea di insegnare in funzione dei test è mirata a rendere l’istruzione quanto più noiosa, stupida e istupidente possibile.
In un posto come il MIT, un’istituzione orientata alla ricerca, l’idea sarebbe bizzarra. Si cerca di incoraggiare le persone a porre domande, contestare, creare, pensare per conto loro. Si possono utilizzare i test ma solo come controllo; sai, vediamo quanto bene vanno le cose, o vediamo quali cose mancano. Ma l’idea di porsi come obiettivo di insegnare in funzione di test è grottesca. In realtà, ciò risale all’Illuminismo.
Se riandiamo all’Illuminismo, centinaia di anni fa, ci sono stati dibattiti … era l’inizio della riflessione sull’istruzione su larga scala, non solo per l’aristocrazia. E c’erano tipo due modelli che erano proposti. Si tratta di centinaia di anni fa, il diciottesimo secolo. In un modello l’immagine usata era di pensare all’istruzione come al versare acqua in un contenitore. Quello è l’insegnamento in funzione dei test. Si versa acqua in un recipiente che poi ci è restituita. Chiunque abbia la nostra età o che sia stato a scuola ha avuto una quantità di esperienze riguardo al dover studiare per un esame di qualche materia per la quale non provava interesse, e abbiamo studiato, abbiamo imparato tutto quello che c’era da imparare, abbiamo superato l’esame e una settimana dopo abbiamo tutto di quella materia. Quello è versare acqua in un recipiente.
Per l’altro sistema l’immagine usata da uno dei fondatori del sistema moderno di istruzione superiore [Wilhelm von Humboldt], nel diciottesimo secolo, era che l’educazione doveva essere come tracciare un percorso lungo il quale lo studente procede a modo suo. C’è una certa struttura, si cerca di conseguire qualcosa, ma l’idea è di incoraggiare la ricerca individuale e la gioia della scoperta, e della sfida, e forse di modificare il percorso, perché avrebbe dovuto essere diretto da qualche altra parte.
Uno dei grandi fisici moderni che hanno insegnato qui, Victor Weisskopf, era famoso per un commento che era solito fare ai corsi delle matricole; insegnava fisica alle matricole; se gli studenti gli chiedevano “di cosa ci occupiamo in questo semestre?” soleva dire: “Non importa di cosa di occuperemo. Importa quello che voi scoprirerete”. Perché allora si impara come scoprire, e si impara quanto sia importante, e se lui non avesse trattato qualcosa, bene, te ne saresti occupato da solo dopo aver imparato come apprendere. C’è parecchio dibattito al riguardo, particolarmente nell’insegnamento della scienza dove proprio si devono avere sfide e domande costanti. Sai, forzare i confini altrimenti il campo morirà. Dunque lì l’idea di insegnare in funzione dei test è davvero un anatema, ma adesso costituisce il programma nazionale.
Perché imporre un progetto di istruzione così noioso all’intera popolazione dei ragazzi?
Si possono fare congetture sui motivi, ma direi che questo è stato discusso qui nel diciannovesimo secolo, proprio qui in realtà, nel Massachusetts, quando stavano avviandosi gli inizi dell’istruzione pubblica di massa, cosa che fu uno sviluppo positivo. E’ importante avere un’istruzione pubblica di massa e gli Stati Uniti furono una specie di pioniere in ciò. Ma all’epoca Ralph Waldo Emerson scrisse che vede i potenti favorire l’istruzione di massa e quando chiede loro perché, loro dicono: “Beh, è perché stanno arrivando milioni di elettori, persone che stanno ottenendo il diritto di voto, e dobbiamo assicurarci di istruirli per trattenerli da saltarci alla gola”. In altre parole istruirli alla passività e all’obbedienza e non a pensare e a contestare per conto loro, perché finiranno per saltarci alla gola. Diranno: ‘Non vogliamo essere subordinati al vostro potere.’”
Queste sono preoccupazioni che risalgono indietro nella storia. Dunque, nel diciassettesimo secolo in Inghilterra ci sono le prime rivoluzioni democratiche moderne. E fu durante la guerra civile inglese. La guerra civile inglese oppose il parlamento al re, ma ci furono anche predicatori itineranti, attivisti, libelli, una quantità di organizzazione popolare che fu parecchio democratica radicale. E la piccola nobiltà, i ricchi ne erano impauriti. E lamentavano che sentivano il popolo dire, e qui sto citando, “non vogliamo né re né parlamento; non vogliamo essere governati da signori, cavalieri e signori che non fanno che opprimerci. Vogliamo essere governati da compatrioti uguali a noi, che conoscono i dolori del popolo.” Beh, questo è pericoloso e ci si deve assicurare di avere un sistema di istruzione che tolga dalla testa del popolo ogni pensiero di quel genere. Al popolaccio non deve essere consentito di pensare con la sua testa.
Queste riflessioni arrivano dritte fino al presente. Entrano nell’industria della propaganda, nel pensiero intellettuale liberale a proposito di come dovrebbe funzionare la democrazia e nel sistema di istruzione. Se sia questo il motivo per cercare di banalizzare il sistema di istruzione o no, beh, se ne può discutere, ma certamente è una storia che risale molto indietro ed è comprensibile.
Non c’era un incentivo per la classe imprenditoriale ad addestrare il pubblico in modo tale che sarebbe diventato una massa di lavoratori utili nelle fabbriche e così via, ma ora le cose non stanno più così?
Oh, certo. In realtà se si risale alle origini del sistema d’istruzione di massa negli Stati Uniti, gran parte dell’obiettivo consisteva nel prendere i contadini indipendenti, che tendevano a essere parecchio radicali, e a trasformarli in mezzi di produzione nel contesto di una fabbrica disciplinata. E la gente vi si oppose enormemente, ma ciò costituì gran parte del sistema di istruzione. Ma ce n’è ancora bisogno. Può non esserci bisogno di persone che girino viti e così via, ma serve una popolazione di servizio. Occorrono persone che facciano funzionare il mondo; non possono esserci solo i predatori di Wall Street che si mangiano tutto e distruggono l’ordine sociale riempiendosi le tasche di soldi. Qualcuno deve fare il lavoro della società.
Considerato il mondo che sei andato descrivendo, quando ti è stato chiesto negli anni cosa può fare la gente per reagire, tipicamente tu cominci dicendo che la gente deve imparare come organizzarsi. Pensi che organizzarsi nel 2013 richieda tattiche e strategie diverse dall’organizzarsi negli anni ’30 o ‘60’?
Certo, ci sono problemi diversi. C’è una quantità di problemi che sono molto impressionanti oggi e che non lo erano, o che non sapevamo che lo erano, cinquant’anni fa; per esempio le cose di cui abbiamo parlato. Cinquant’anni fa io e altri non sapevamo quanto sinistra sia la crisi ambientale. Ora lo sappiamo, per cui dovremmo organizzarci a tale riguardo. Sapevamo, ma non abbiamo fatto abbastanza al riguardo, quanto terribile fosse la minaccia della guerra nucleare, e forse sta anche crescendo. E’ ancora molto grave.
I cambiamenti del sistema economico negli ultimi quarant’anni hanno fatto sorgere pericoli nuovi. Se si va indietro a quarant’anni fa, le banche erano fondamentalmente piccole istituzioni in cui si depositavano i soldi in più e loro li prestavano a qualcuno per comprarsi un’automobile o roba del genere. Ciò è enormemente cambiato. Oggi, quelle che chiamano banche sono società d’investimenti e rappresentano quasi la metà dell’economia e sono prevalentemente distruttive. Alcuni stime del Fondo Monetario Internazionale dicono che praticamente i loro interi profitti derivano dalla politica assicurativa del governo che è enorme. Non si tratta semplicemente dei salvataggi che sono visibili alla gente; quelli sono soltanto la schiuma superficiale. Ha un mucchio di conseguenze, la politica del “troppo grandi per fallire”; migliorano le valutazioni creditizie, si ottengono soldi facili in ogni sorta di modi, e ciò accumula enormi profitti. E’ prevalentemente distruttivo per l’economia.
Gli economisti non lo studiano granché, e la cosa è interessante perché è un fenomeno enorme. Ma i pochi che lo fanno suggeriscono che probabilmente è molto dannoso. In realtà probabilmente il corrispondente finanziario di spicco del mondo di lingua inglese, il più rispettato, è Martin Wolf del Financial Times. Egli descrive le istituzioni finanziarie moderne come una larva che mangia il suo ospite dall’interno e lo distrugge. La larva essendo il sistema del mercato. E’ un’immagine parecchio potente e ha parecchi dati per suggerirlo. Dunque questo è un tema nuovo. E porta a ogni genere di problemi specifici come, per dire, una tassa sulle transazioni finanziaria, scorporare le grandi banche, por fine alla politica assicurativa del governo … Voglio dire, ogni genere di cose… rivolgere al lavoro produttivo le enormi risorse disponibili.
Se si dà un’occhiata alla società di oggi, è davvero qualcosa di surreale. Ci sono più di venti milioni di persone negli Stati Uniti che cercano lavoro, molte di più che hanno semplicemente smesso di cercarlo e ancora molte di più che sono sotto-occupate, o a tempo parziale o molto al di sotto del loro livello di competenza. E’ un costo umano enorme. Basta dare un’occhiata in giro per il paese e si può vedere l’immenso numero delle cose che andrebbero fatte. E non è perché manchino le risorse. Le imprese hanno soldi che traboccano dalle loro tasche. Non sanno cosa farsene; i profitti sono più elevati che mai. Le istituzioni finanziarie sono più grandi e più ricche che mai per produrre altre distruzioni.
Dunque c’è questa situazione in cui c’è un numero enorme di braccia in ozio che vogliono lavorare, ansiose di lavorare, c’è un’enorme quantità di lavoro da fare, ci sono risorse enormi per farlo e il sistema è così corrotto che non si può mettere tutto questo insieme. Questo è semplicemente il mondo in cui sono strutturate le istituzioni. Possono essere cambiate. In realtà stiamo andando meglio dell’Europa. Non è che siamo gli ultimi della classe.
Abbiamo appena superato il decimo anniversario dell’attacco USA contro l’Iraq e la successiva occupazione. Sono morti a migliaia e secondo un conteggio forse più di un milione di persone sono state uccise senza necessità. A meno che mi sia sfuggito, non ho visto alcun arresto, alcun processo, alcuna incriminazione di persone in questo paese per quelle morti.
E’ ancor peggio di così. E già abbastanza brutto, sì, centinaia di migliaia di morti, forse di più; ci sono stati forse quattro milioni di profughi, milioni di loro sfollati fuori dal paese, forse il quaranta per cento della classe intellettuale, della classe istruita, andato, il sistema culturale distrutto; il paese era praticamente a standard del primo mondo, il più avanzato nel mondo arabo … devastato. La società a malapena sta emergendo dalla distruzione. Si legge sui giornali che ci sono attentati ogni giorno, scontri ogni giorno. Distruzione a parte, l’invasione ha scatenato un conflitto etnico, un conflitto tra sciiti e sunniti che non esisteva prima e che è diventato estremamente feroce e brutale in Iraq, ma, ancor di più, oggi si è esteso a tutta la regione. E’ al cuore della distruzione in Siria, ad esempio. Sta sviluppando conflitti regionali che potrebbero essere enormemente dannosi. Tutte queste sono conseguenze dell’invasione.
Ora, ci sono dei principi cui forse non amiamo pensare, ma ci sono e li abbiamo creati noi, li abbiamo consolidati. Sono i principi fondanti della legge internazionale moderna che derivano direttamente dal Tribunale di Norimberga, e non saranno mai ripetuti abbastanza spesso. Il Tribunale di Norimberga, che portò all’impiccagione dei criminali di guerra tedeschi dichiarò che “l’aggressione è il Crimine Internazionale Supremo poiché include tutti i mali che ne seguono”, tutti, come tutto ciò che ho appena descritto. E un altro commento formulato da Robert Jackson, il giudice Robert Jackson che era il pubblico ministero capo statunitense a Norimberg … lui si rivolse al tribunale e disse che “dovremmo comprendere che stiamo qui porgendo agli accusati un calice avvelenato, uccidendoli, e se ne beviamo anche noi dobbiamo subire lo stesso giudizio o altrimenti dobbiamo ammettere che questa è soltanto una farsa, la giustizia dei vincitori.”
Questo è stato il caso di aggressione più chiaro che si possa immaginare. Soddisfa ogni criterio dell’aggressione, dunque tutto il resto ne consegue. E quello che pure segue è quanto hai appena detto. Non occorre spendervi nemmeno una parola.
Il generale guatemalteco sostenuto dagli Stati Uniti Rios Montt è stato giudicato colpevole di crimini contro l’umanità e pochi giorni dopo è stato liberato. Pensi che ci siano state pressioni degli USA per liberarne e così non creare un precedente?
Sospetto che sia stata l’élite guatemalteca. Ma quando si parla dell’élite guatemalteca ci si deve porre la domanda del perché esista. Com’è che questo gruppo maligno di elementi europeizzati dell’élite governa la società? Ci sono dei motivi. Risalgono a cinquant’anni fa e a tutto quello che è seguito.
Cinquant’anni fa ci furono gli inizi di una rivoluzione democratica in Guatemala. Gli Stati Uniti non l’avrebbero tollerata. In realtà di tratta di sessant’anni, il 1954. E gli Stati Uniti, sotto Eisenhower, condussero un colpo di stato militare che eliminò e distrusse il nascente sistema democratico che avrebbe accresciuto il potere popolare e ridotto, forse eliminato, la vorace, distruttiva élite europeizzata. La rimettemmo al potere, istituimmo dittature militari che da allora sono andate lacerando il paese con il costante sostegno statunitense, compreso il periodo delle azioni genocide di Rios Montt sugli altipiani, fortemente appoggiate da Ronald Reagan. Il Congresso vi impose alcune limitate restrizioni, per cui il paese si rivolse altrove, principalmente a Israele per le forniture di armi e di addestramento e via di seguito che furono utilizzate per attuare un virtuale genocidio, ma in realtà si va oltre.
Ancor oggi i maya fuggono negli Stati Uniti, cercando di attraversare il confine in Messico per andar via dalla distruzione di cui noi siamo responsabili. Vedi parlarne da qualche parte? Ci sono articoli sugli immigrati e su quale grande problema costituiscano, e si vedono notizie sul processo a Rios Montt, e a volte c’è un articolo che dice che Clinton si è scusato. OK, bello. I nazisti che furono impiccati a Norimberga si scusarono? No. Ma mettere insieme il tutto? Prova a trovare qualcuno che lo faccia!
Doug Morris () lavora presso l’Università del Nuovo Messico Orientale; John Holder () lavora all’Università di Hartford.
L’intervista è stata pubblicata su znetitaly.org (con il titolo «Noam Chomsky: “Oltre il fascismo”»). Traduzione di Giuseppe Volpe.
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