Il Forum sociale ha la magia e la pesantezza dei matrimoni di famiglia: incontri tutti i parenti che ti stanno di traverso, ma riesci anche a vedere chi non incontri da tanto tempo. Tra un seminario e l’altro, alla rincorsa di un orario mutevole e «di quella stanza col numero astruso che sta sempre dall’altra parte rispetto a dove ti trovi tu», scambi sorrisi, abbracci, e dialoghi che a volte in patria non hai né l’agio ne la serenità mentale per fare. Nella magia del Forum di Tunisi, dopo tanto tempo, sono riuscita a sedermi comoda per un po’ con Alex Zanotelli a scambiare opinioni e sensazioni. Uno spazio umano, tra vecchi amici, col cuore pieno dell’energia e della forza di questo Forum, davvero particolare per intensità ed esigenza. Domande, risposte, ma soprattutto umanità.
Alex, ti vedo illuminato da questo Forum.
Ho partecipato a tutti i Forum sociali che si sono tenuti in Africa, in totale ad almeno quattro Forum sociali mondiali. Questa, ti dirò, è l’edizione che mi sembra partita meglio, soprattutto per la scelta di aprire con l’assemblea delle donne, animata da tante giovani pieni di voglia di cambiare. Sono stato nell’aula magna a lungo, si sentiva tutta la loro forza, autentica, diretta. Trovo anche azzeccata la scelta di venire a Tunisi in questo momento, quando la società civile non riesce ad arrivare in fondo alla Primavera araba, anche qui presa in mano dalle forze conservatrici. Si avverte una voglia matta di riprendersi il timone della propria vita, l’esigenza che il Forum rappresenti questa forza di cambiamento che sale dalla società civile che è molto presente qui, mentre molto meno lo era a Dakar e Nairobi, precedenti ospiti del Forum Sociale. Se questo evento desse a queste forze della Primavera araba lo spazio necessario per liberarsi dei fondamentalismi e riappropriarsi della propria primavera araba potremmo dire che questo sarebbe stato un Forum di grande successo.
Tra i temi sensibili tra i partecipanti al Forum troviamo quello dei conflitti. L’Africa mediterranea e sub sahariana vivono una situazione complessa, eppure è come se ci fosse un timore crescente a nominare la parola guerra.
Ho scorso tutto il programma del Forum, ed è stata anche questa un’impresa visto l’immenso numero di eventi previsti in programma. Con mia sorpresa ho scoperto che dell’Africa dei conflitti si parli solo in generale, oppure che si parli dei conflitti storici come Iraq, Palestina, Afghanistan. Ci sono poi due workshop sul Mali, nessuno sul Darfur, nulla sui Nuba, popolo massacrato dal Governo del Nord Sudan, nulla sul Congo, dove il Kivu che sta esplodendo di nuovo. E’ un peccato che un Forum del genere non abbia messo non molta più energia nel presentare queste guerre che sono essenzialmente economiche. Ma forse è proprio questo il motivo per cui non se ne parla. Capisco la concentrazione sul Maghreb/Macherek, ma dobbiamo essere consapevoli del fatto che la prossima area che sta per esplodere è certamente il Sahel. E’ triste che una parola così bella, Sahel, che vuol dire spiaggia ed identifica questa lingua di terra preziosa tra l’Africa nera e il Nord Africa sia terra di enormi conflitti. Sento il bisogno di una maggiore discussione e condivisione su questa area, e sui conflitti in generale, ma sembra vada tutta costruita anche qui.
Al di là della presenza qui e là di banchetti artigianali molto precari o abbastanza in serie, non si vede granché la presenza delle pratiche, delle alternative concrete. Nel programma i sono molti seminari di reti e di associazioni sulle economie solidali, ma non c’è “vetrina” o laboratorio tra gli spazi del Forum. Eppure queste società hanno tradizioni e competenze che sarebbe bello condividere in queste giornate in forma di atelier come pure è avvenuto spontaneo, invece, in Amazzonia.
Ho questa impressione anch’io. Penso che non ci sia molto di questo alla base. La tendenza è ad imitare l’Europa, per i giovani a fuggire, ma non c’è una tendenza di vera maggioranza alla base nel cercare alternative, in questo settore delle economie alternative, nonostante il Paese mi sembra possa offrire una concreta opportunità di costruire pratiche consistenti con una coscientizzazione di base adeguata. Anche in Africa nera si è lavorato poco su questo: anche il poco commercio equo che c’è è nelle piantagioni, di artigianato c’è poco. Se non c’è questo, però, non si andrà troppo lontano nel cambiamento.
Il Forum sociale mondiale per la prima volta, nell’edizione 2013, si è dato uno spazio intero e coordinato dedicato al clima, chiamato Climate space, dove le principali associazioni attive per la sua salvaguardia – ngo, organizzazioni indigene, la via campesina, gli ambientalisti classici, i movimenti urbani e molti altri ancora – si sono confrontate faccia a faccia per arrivare a una visione condivisa, superando i particolarismi in nome di una strategia comune. Che cosa ne pensi e che cosa ti aspetti dal processo avviato a Tunisi?
Credo che in questa fase sia di capitale importanza superare tutte le frammentazioni, in nome di un obiettivo comune: la salvaguardia del pianeta. Non possiamo dividerci sui singoli interessi, opinioni, visioni, perché i nostri nemici sono più forti di noi, molto più forti, e sono sempre uniti nel nome dei buoni affari. Dobbiamo unirci anche noi, non possiamo esitare. Mi auguro, ad esempio, che si riesca ad arrivare al più presto a tessere, almeno a livello europeo, una rete sull’acqua pubblica che è davvero fondamentale: dobbiamo cominciare a capire che se siamo in una comunità europea dobbiamo connetterci anche alla base almeno all’interno dell’Unione. Il sogno sarebbe di collegare lo spazio Mediterraneo.
C’è stato un tentativo non riuscito a Firenze, ma mi auguro che l’energia di Tunisi consacri questo obiettivo. Non sarà facile, anche perché cosa importante, questa rete dovrebbe portarci finalmente a raccogliere quel milione di firme che ci permetterebbe di presentare l’Ice, cioè quell’iniziativa dei cittadini europei per forzare il Parlamento europeo ad approvare una legge sull’acqua che dia applicazione alla volontà popolare già espressa in Italia con il referendum. In Italia, però, siamo un po’ indietro con la raccolta delle firme: sembra che gli italiani dopo lo sforzo del referendum ora siano un po’ sfiduciati, e devo dire non senza ragioni visto il seguito zero dato dalla politica di casa nostra a quel grande referendum.
Il fatto che tu, come migliaia di altre persone, partecipiate ancora ad eventi come il Forum sociale dimostra, però, che continuate a credere nella capacità di cambiamento dal basso che abbiamo nelle nostre mani?
Come missionario ho partecipato per la prima volta col mio ordine in veste ufficiale al Forum proprio perché la nostra azione sia sempre più volta a informare, a sensibilizzare le persone e le associazioni con cui collaboriamo in Africa su queste prospettive e su come intervenire, ammesso che siamo ancora in tempo. Anche noi, infatti, siamo i primi che spesso non ci rendiamo conto della scala delle priorità che dovremmo dare ai temi di cui ci occupiamo. In questa edizione del Forum partecipiamo in una trentina di comboniani sia suore che padri e siamo qui sia per condividere una decina di seminari che abbiamo organizzato con le altre realtà, sia per poi riportare all’interno dell’ordine quello che stiamo contattando e capendo qui. Bisogna partire dalla coscientizzazione di base, se non c’è questo impegno non si riuscirà a cambiare niente
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