A dieci anni dalla rivoluzione tunisina, che ha dato il via a un ciclo di importanti sollevazioni verso il quale, da parte dell’Europa, c’è stato solo un sostegno di facciata, le condizioni strutturali che hanno generato quella protesta sono ancora tutte presenti. Anzi, la condizione sociale delle popolazioni arabe è oggi perfino peggiore. Eppure la politica europea continua a guardare a sud solo in termini di sicurezza, pensando al terrorismo e all’immigrazione, mentre seguita a produrre le condizioni economiche perché la gente venga spinta a cercare altrove un miglioramento della propria esistenza o finisca nella spirale del rancore verso l’Occidente e nell’illusione offerta da chi promette di cambiare gli equilibri attraverso la violenza e il terrorismo
Dieci anni fa iniziava in Tunisia la rivolta che avrebbe fatto cadere il dittatore Ben Ali dal trono su cui si era insediato con l’aiuto del governo italiano. Prendeva il via così un processo rivoluzionario ancora in corso in tutto il Medio Oriente e Nord Africa, capace di mettere in discussione l’assetto post-coloniale che le potenze europee avevano deciso per l’area dell’ex impero ottomano che avevano colonizzato.
Una rivoluzione che è destinata a continuare perché ha radici profonde e strutturali. In Tunisia, si dice, la rivoluzione ha vinto, ma i giovani e le giovani tunisine in questi giorni sono ancora costretti a stare in piazza perché la disoccupazione è ancora alle stelle e permane una grave crisi economica.
Tutta Europa dieci anni fa giurò che avrebbe aiutato la nuova democrazia tunisina, ma invece le ha voltato le spalle.
Le ha voltato le spalle quando non ha voluto modificare i trattati commerciali con i Paesi mediterranei, che – determinando uno squilibrio strutturale – drenano ogni anno risorse verso la sponda nord del Mediterraneo.
I trattati, non tenendo conto della asimmetria delle economie, hanno causato la crisi del sistema produttivo locale per l’arrivo senza freni delle merci europee, mentre frenano le esportazioni di prodotti alimentari sussidiando l’agricoltura europea. Anzi, l’Unione Europea preme ora per un nuovo accordo, il cosiddetto “Deep and Comprehensive Free Trade Agreement” DCFTA, che, denunciano le ONG arabe, peggiorerà ulteriormente la situazione.
Non basterà qualche milioncino di aiuti per compensare il danno economico che viene fatto giorno dopo giorno. Dal 2011 sono stati erogati alla Tunisia circa 2 miliardi di “Aiuti allo sviluppo”. Ma nello stesso periodo il deficit commerciale della Tunisia verso l’Unione Europea è stato di 12 miliardi, con un incremento di circa il 30% rispetto al periodo precedente. L’Europa non ha però voltato le spalle solo alla Tunisia.
Le ha voltate ai ragazzi e alle ragazze della sponda sud del Mediterraneo quando ha riconosciuto il colpo di stato in Egitto, facendo affari con un dittatore mentre incarcerava e assassinava migliaia di oppositori.
L’Europa ha voltato le spalle quando ha lasciato con indifferenza che venissero bombardati per mesi sulle strade di Damasco.
L’Europa ha voltato le spalle tacendo, per anni, sulle violazioni del diritto internazionale e sulla progressiva istaurazione di un regime di apartheid in Palestina.
L’Europa ha voltato le spalle quando ha deciso di farsi la guerra al suo interno per controllare il petrolio libico sulla pelle della popolazione locale.
Gettato alle ortiche il processo di Barcellona per privilegiare l’espansione a est, abbandonata l’idea del co-sviluppo, oggi l’Europa guarda a sud solo in termini di sicurezza, pensando al terrorismo e all’immigrazione, mentre continua a produrre le condizioni economiche perché i due fenomeni continuino.
EUGENIO CERELLI dice
Occorrerebbe usare parole desuete, ma necessarie, come vergogna e disonore.
Oppure, con De Andrè:” …per quanto voi vi crediate assolti
siete per sempre coinvolti.”
Ma ho paura che con chi vuole essere cieco e sordo non bastino le parole.