In Italia, i biodistretti sono già 34. La crescita è rilevante anche nel resto del mondo, infatti a febbraio l’alleanza mondiale era stata sancita da un protocollo d’intesa fra la Rete internazionale dei Bio-distretti e le più grandi organizzazioni mondiali del biologico. Sempre a febbraio si erano costituiti in Italia ben tre comitati promotori: Valdera, Maremma Etrusca e monti della Tolfa e Colline e Castelli Roma. Poi c’è stata l’esplosione del virus e non resta che aspettare che il peggio sia passato
I biodistretti, aree votate alla produzione ecologica attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori del territorio, stanno conquistando nuovi spazi in tutto il mondo. Si tratta prevalentemente di iniziative dal basso, costruite sulla partecipazione di cittadini, amministrazioni e aziende private che avanzano nuove proposte di sviluppo incentrate sulla valorizzazione delle caratteristiche locali dei territori. Un modello in controtendenza rispetto a quello disegnato per noi dalle multinazionali della globalizzazione e spacciatoci come l’unico possibile da una classe politica interessata a obiettivi di corto raggio piuttosto che a visioni di lungo periodo.
In Italia si contano già 34 biodistretti mentre anche a livello internazionale la crescita di queste iniziative è rilevante con la nascita, nello scorso mese di febbraio, dell’alleanza mondiale dei biodistretti sancita da un protocollo d’intesa firmato al MIPAAF fra la Rete internazionale dei Bio-distretti IN.N.E.R. e le più grandi organizzazioni mondiali del biologico. Nel solo mese di febbraio si sono costituiti in Italia ben tre comitati promotori: Valdera, Maremma Etrusca e monti della Tolfa e Colline e Castelli Romani.
E’ in particolare quest’ultimo, con il forte polo di cooperazione sovracomunale sull’asse Appia dei Castelli Romani, a destare attenzione per la sua posizione strategica alle porte della capitale e per l’esperienza di successo dei Mercati Contadini di Roma e dei Castelli Romani costituiti da oltre cento piccole aziende agricole che vendono direttamente i loro prodotti al pubblico in sedici spazi autogestiti che “sconfinano” oramai fino a dentro il grande raccordo anulare.
La vocazione produttiva biologica dell’area dei Castelli potrà inoltre trovare punti di contatto con il percorso di Food Policy al vaglio dell’amministrazione capitolina.
L’evento di presentazione del comitato promotore, avvenuto presso l’Orto botanico dell’Università di Tor Vergata, su iniziativa, assieme ad alcune amministrazioni comunali, del coordinamento produttori costituito dai Mercati Contadini Roma e Castelli Romani e dall’Associazionekm0, è stato patrocinato da IN.N.E.R. e ha contato sulla presenza di tutte le maggiori organizzazioni del settore fra cui Ifoam, Federbio, Aiab, WWF, Isde, Legambiente, Biodinamici e Navdanya International.
E che il modello dei biodistretti, basato su un patto per la sostenibilità tra produttori, consumatori e amministrazioni, possa funzionare è dimostrato proprio da questa esperienza di valorizzazione della produzione locale e distribuzione a km 0: sono centinaia le posizioni di lavoro direttamente o indirettamente generate dalle aziende agricole che partecipano al circuito dei Mercati Contadini di Roma e dei Castelli Romani visitati settimanalmente da migliaia di cittadini.
Un modello produttivo e di distribuzione alternativo, non sempre adeguatamente sostenuto dalle amministrazioni comunali, basato sulla produzione di qualità e sulla filiera corta, che intende porsi come alternativa plausibile a quello della globalizzazione, basato sulla produzione intensiva e sulle filiere lunghe.
Il modello della vendita diretta dei mercati contadini, che mettono in opera pratiche di scambio economico in cui si rifonda su basi nuove il rapporto tra produttori e cittadini, può rappresentare una base solida per lo sviluppo del biodistretto anche secondo Famiano Crucianelli, Presidente del Biodistretto della Via Amerina e delle Forre ed ispiratore della recente legge sui Biodistretti della Regione Lazio.
Un’alleanza necessaria anche per affrontare le grandi questioni dei pesticidi e del cambiamento climatico che deve mettere al centro della scena l’agricoltura e il cibo nel quadro di un processo plurale e aperto, avviato all’indomani della pubblicazione della legge regionale che promuove e disciplina i biodistretti.
Quella dei biodistretti è dunque da considerarsi un’alternativa che nasce a livello locale ma che può essere riprodotta a livello internazionale come dimostra la scelta della FAO che ha concesso, nel 2018, il suo massimo riconoscimento al Biodistretto indiano del Sikkim.
La Relatrice Speciale per il diritto all’alimentazione delle Nazioni Unite e membro della Commissione Internazionale per il Futuro dell’Alimentazione e dell’Agricoltura di Navdanya, Hilal Elver, ha inoltre raccomandato al Governo italiano di superare “la frammentazione del sistema alimentare italiano” caratterizzato da una presenza di mercati contadini e negozi bio ancora “incongruente” privilegiando “prodotti locali per assicurare che i consumatori possano aver accesso a cibo di migliore qualità” e sostenendo così i piccoli produttori che devono confrontarsi quotidianamente con l’incremento dell’agricoltura intensiva e con le grandi catene di distribuzione che detengono il controllo del mercato del cibo.
Il percorso dei biodistretti sembra dunque recepire appieno le raccomandazioni provenienti dalle Nazioni Unite. Non a caso una delle prime iniziative del comitato promotore sarà dedicata alla sensibilizzazione di produttori e consumatori attraverso la diffusione del Manifesto “Food for Health”, edito da Terra Nuova media partner dell’iniziativa, documento in cui i massimi studiosi internazionali affrontano le questioni produttive in relazione alla qualità dell’ambiente e alla salute umana.
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