Che i cittadini si oppongano ad una metropolitana, soprattutto in una città come Roma dove le carenze del trasporto pubblico sono evidenti a tutti, oltre che insopportabili, appare veramente strano. Se aggiungiamo poi tutti i discorsi che sempre si fanno sulla «cura del ferro», appare addirittura contraddittorio. Eppure tutti i comitati del Municipio IV interessati dal progetto di prolungamento della metro B1 da Jonio a Bufalotta si sono costituiti, ormai da alcuni mesi, in un coordinamento per opporsi e discutere questo progetto della giunta Alemanno. In realtà, i comitati (Comitato di Quartiere Porta di Roma, Comitato di Quartiere Serpentara, Comitato di Quartiere Salviamo Talenti, Comitato di Quartiere Casale Nei, Comitato di Quartiere Carlo Dapporto, Associazione Diritti del Pedone, Rete Romana di Mutuo Soccorso, Comitato di Quartiere Parco Sannazzaro, Comitato di Quartiere Città Giardino-Cimone, Comitato di Quartiere Valmelaina, Comitato di Quartiere Amici di Parco delle Valli) contestano le modalità del progetto, i devastanti effetti urbanistici che si porta dietro e le fallimentari politiche della mobilità, sviluppando un grande studio sulla questione e contro-proponendo un progetto di mobilità a basso impatto e in grado di meglio servire i quartieri periferici.
Ormai un anno fa la giunta ha deciso di progettare e realizzare il prolungamento della metro B1 da Jonio (dove dovrebbe arrivare entro la fine del 2013) a Bufalotta, la «centralità» dove il nuovo piano regolatore ne ha previsto l’arrivo. Il progetto sviluppato da Roma Metropolitane prevede un nuovo e diverso tracciato, contestato dai comitati perché, piuttosto che servire le aree urbane più densamente popolate, tende ad attraversare aree libere (con un evidente scopo speculativo di valorizzazione immobiliare e di edificazione di queste aree). I comitati contestano anche la tecnologia pesante e antiquata ad alto impatto ambientale, contestano le scelte trasportistiche inadeguate per una periferia a bassa densità e che non tengono il traffico automobilistico al di fuori del raccordo anulare, contestano infine le politiche urbane di fondo che piuttosto che tutelare l’«interesse pubblico» sembrano mirate a favorire quelli privati. Se si analizzano infatti i costi ed i finanziamenti previsti (in realtà definiti in una cornice di totale incertezza) si può notare come i circa 600 milioni di euro necessari per la realizzazione del prolungamento della metro B1 (3 chilometri, pari a circa 200 milioni a chilometro!) saranno coperti con circa 1,8 milioni di eruo di finanziamenti pubblici e il restante (un’enormità) di fondi privati. Tali fondi saranno ricavati dalle valorizzazioni immobiliari (e quindi dalle nuove cubature) previsti e incentivati dal Comune sia all’interno del settore urbano che nel resto della città (come previsto negli ambiti di valorizzazione, soprattutto con riferimento al bando sull’housing sociale), a scapito degli stessi servizi e degli interventi di riqualificazione e miglioria previsti in quelle aree di nuova edificazione. Si tratta evidentemente, ancora una volta, di una politica devastante, che vende pezzi di città per far cassa, sostenendo uno sviluppo urbanistico disordinato e non qualificato.
I comitati hanno ottenuto di sviluppare un percorso partecipativo, così come peraltro previsto dal Regolamento sulla partecipazione, rimasto come trincea residuale in una guerra di posizione e un po’ di retroguardia per salvaguardare gli ultimi resti di aspettative – ormai ampiamente disilluse – sulla partecipazione alle decisioni urbanistiche. Hanno coinvolto esperti di vari settori (trasportisti, urbanisti, ecc.) e hanno elaborato un corposo rapporto di valutazioni e critiche al progetto. Inutile dire che il breve percorso partecipativo non ha portato gli esiti sperati. A questo progetto i comitati contro-propongono un progetto di mobilità sostenibile (incentrato intorno a tram di superficie), fattibile con la scarsità di risorse finanziarie disponibili e di maggiore utilità sociale (in grado cioè di servire meglio i quartieri più densamente popolati). L’aspetto rilevante è che i comitati portano avanti un conflitto radicale dal fondamentale contenuto politico e che interessa l’intera città.
Mentre in molti dei conflitti urbani a Roma i comitati e le associazioni portano avanti una battaglia tutta locale e raramente (nonostante i numerosi tentativi sostenuti, tra l’altro, dalla Rete di Mutuo Soccorso) creano un coordinamento sovralocale e si elevano e maturano a livello di una politica (o di una contro-politica) urbana portata e discussa con riferimento all’intero contesto urbano, in questo caso si è invece costituito un coordinamento di comitati di tutto il settore urbano sviluppando un «discorso politico» di livello urbano e sovralocale. È quello di cui avrebbe bisogno Roma. Come dice Enzo Scandurra, sarebbe molto interessante se queste realtà «mettessero in comune la loro vera carica antagonista per diventare protagonisti di una svolta di reale discontinuità».
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