Le mascherine all’aria aperta, il cenone di Natale, le vittoria dell’Inter, il boom degli smartphone pieghevoli… Intanto il prezzo del gas arriva a un valore dieci volte più alto rispetto a quello di un anno fa. È come se il petrolio costasse 300 dollari al barile, mentre ora ne costa circa 70. Nel 2008, quando il petrolio arrivò a 150 dollari al barile, fu il crack finanziario globale. Buon anno a tutti e tutte dalle multinazionali e dai governi del fossile
Avete presente quei film dove si vedono i bagnanti tranquilli sulla spiaggia che non si accorgono della grande onda, lo tsunami, che gli sta per arrivare addosso? Bene, sta succedendo qualcosa del genere col gas naturale in Europa. C’è uno tsunami di prezzi altissimi che ci sta arrivando addosso e che rischia di travolgerci.
Curiosamente, di questa cosa non si parla quasi per niente sui giornali, almeno fino ad ora. Ma siamo arrivati a un prezzo che è circa dieci volte più alto di quello che era un anno fa. Siamo arrivati a oltre 180 euro/MWh. Fatti i dovuti conti, sarebbe come se il petrolio costasse 300 dollari al barile (ora ne costa circa 70). E se vi ricordate bene, nel 2008, quando il petrolio arrivò a 150 dollari al barile, fu il crack finanziario globale.
Cosa è successo con il gas? Siamo di fronte a una “tempesta perfetta” causata da diversi fattori che si sono accumulati. L’inverno che ha aumentato i consumi di gas per il riscaldamento, la chiusura di quattro centrali nucleari francesi per manutenzione di emergenza, la bassa insolazione invernale che riduce il rendimento degli impianti fotovoltaici e, soprattutto, la crisi politica con la Russia, dalla quale arriva la maggior parte del gas usato in Europa. E, in fin dei conti, c’è un problema fondamentale: il gas non è infinito. Per il momento, non c’è un problema di esaurimento, ma se la Russia decide di venderne di più alla Cina, può andare a finire che non ne rimanga abbastanza per noi.
Se i prezzi non calano, non abbiamo davanti semplicemente un problema, ma una situazione potenzialmente catastrofica per l’economia Italiana. Il gas non serve solo per il riscaldamento, ma è fondamentale per la produzione di energia elettrica. Con l’energia elettrica così cara, l’industria italiana non può produrre a costi che i consumatori si possono permettere di pagare: in queste condizioni si parla di aumenti di tutto a livelli del 50 per cento o più. Se il “sistema paese” non produce, di cosa campiamo? E tutto questo senza considerare la possibilità di una guerra in Ucraina, cosa alla quale e bene non pensare nemmeno.
Sperabilmente, la situazione dei prezzi potrebbe migliorare a breve. Con la primavera, avremo meno bisogno di gas e avremo più energia dal fotovoltaico. Poi, se entra in funzione il gasdotto “Nord Stream 2”, le forniture dalla Russia potrebbero ritornare ai livelli che consideravamo “normali”. Il gasdotto è pronto, ma bloccato per ragioni politiche. Questa crisi potrebbe finalmente sbloccarlo.
Ma, comunque vada, questa botta ci avrà fatto dei grossi danni. Potrebbe però essere un’occasione per pensarci sopra e evitare gli errori del passato che, tuttavia, si tende a ripetere. Si parla di far ripartire le vecchie centrali a carbone, mentre il ministro Cingolani ha parlato di ricominciare a produrre gas naturale dai giacimenti sottomarini dell’Adriatico. In emergenza, sono cerotti che possono essere utili, ma non sono soluzioni. Non dimentichiamoci che quello che sta succedendo succede perché non abbiamo voluto liberarci dai combustibili fossili per muoverci decisamente verso le rinnovabili. Non si risolvono i problemi continuando a fare le cose che li hanno creati. È il momento di andare avanti, non indietro.
Pubblicato su un blog del fattoquotidiano.it e qui con il consenso dell’autore
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